Mediobanca, una rete di relazioni raccontata dalle carte d’archivio
di Antonella Olivieri
3' di lettura
«Al momento spendo il tempo libero provando a formarmi un’infrastruttura culturale sui problemi africani». È il 1960 e Enrico Cuccia così ringrazia David Lilienthal, esponente di spicco del New Deal americano, che gli aveva appena inviato alcuni volumi sull’Africa tropicale. È un’immagine inedita, quella che esce dagli archivi di Mediobanca, del banchiere che per oltre mezzo secolo è stato identificato con l’istituto che ha guidato fin dalla nascita, “stanza di compensazione” del capitalismo italiano, cabina di regia degli assetti proprietari di quelle che erano una volta le grandi imprese del Paese. Profilo concentrato sulla dimensione domestica, dunque, mentre quella internazionale - che oggi si è voluto indagare - è sempre rimasta nell’ombra.
L’archivio storico di Mediobanca intitolato a Vincenzo Maranghi, di cui Giorgio La Malfa è direttore scientifico, è stato costituito nel 2012 e due anni dopo, nel 2014, ha ottenuto il risconoscimento di archivio di interesse storico di particolare importanza. Mediobanca ha deciso di aprirlo al pubblico il 20 novembre 2019, permettendo, per ora, di consultare i documenti fino a tutto il 1966. Sotto la direzione comunicazione e relazioni istituzionali della banca, l’archivio sta ora promuovendo una serie di studi per ricostruire - attraverso le carte - la storia di Mediobanca in rapporto alle vicende italiane e internazionali del dopoguerra. Ne è nato il volume che verrà presentato oggi: Mediobanca e le relazioni economiche internazionali dell’Italia - Atlantismo, integrazione europea e sviluppo dell’Africa. L’autore - Giovanni Farese, professore associato di storia economica all’Università Europea di Roma - ha voluto inquadrare il tema, «rovesciando il punto di osservazione», e cioè indagando sul ruolo giocato da Mediobanca nel processo di reinserimento dell’economia italiana nel contesto occidentale dopo la parentesi autarchica.
Il periodo dell’indagine spazia dal 1944 al 1971, facendo coincidere i primi decenni di attività della banca con la durata degli accordi di Bretton Woods, sistema che prevedeva la convertibilità in oro del dollaro e che aveva favorito la cooperazione internazionale per la ricostruzione. Nel contesto deIla Guerra Fredda, l’Italia si trovava a essere terra di confine tra due frontiere: tra Est e Ovest, «in cui - osserva l’autore - si collocano i rapporti di Mediobanca con i Paesi dell’Europa orientale e in particolare quelli con l’Unione sovietica negli anni successivi alla destalinizzazione e alla distensione», e tra a Nord e Sud «nel contesto della decolonizzazione, in cui si situano i rapporti di Mediobanca con i Paesi africani e in particolare dell’Africa subsahariana, oltre che con quelli dell’Asia».
In questo contesto Cuccia tesse rapporti, guardando all’Europa e agli Stati Uniti, per sviluppare affari e accompagnare le imprese italiane all’estero. Ma non solo. Cuccia coltiva anche l’ambizione di inserirsi con iniziativecomuni europee tra le opportunità offerte dalla decolonizzazione del continente africano, intuizione di modernità troppo avanti per i tempi.
Il volume curato da Farese per l’Archivio storico di Mediobanca è strutturato in tre parti. Nella prima il focus è sul processo di internazionalizzazione del capitale dell’istituto con l’ingresso delle banche Usa Lazard New York e Lehman Bros, della Lazard britannica, della tedesca Berliner Handelsgesellschaft e della belga Sofina. Partner internazionali - che includono anche Lazard Parigi - con i quali viene stipulato un accordo di “first refusal” per la partecipazione alle operazioni finanziarie che riguardano i rispettivi Paesi. Un accordo - in un contesto di movimenti di capitale ancora vischiosi - che consentirà a Mediobanca di avere un punto di osservazione privilegiato sugli investimenti esteri in Italia e italiani all’estero. Nella seconda parte l’accento è sulla proiezione estera delle attività di Mediobanca, con particolare attenzione all’Africa. La terza parte, infine, è dedicata alle relazioni personali del banchiere scomparso nel 2000, un reticolo che aveva come perno l’amico André Meyer di Lazard, attraverso il quale Cuccia entrerà in contatto con David Lilienthal, che era stato presidente della creatura roosveltiana Tennessee Valley Authority e con Jean Monnet, uno dei padri del processo di integrazione europea.
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