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Non più, o non solo, una banca rete. Ma sempre più una banca retail a tutto tondo, con un’anima – la principale – dedicata alla gestione del risparmio, e una seconda gamba che poggerà sempre più sul margine di interesse derivante dagli impieghi a famiglie e privati. E con la volontà di spingere sul fronte assicurativo, che ha «molti margini di miglioramento». Massimo Doris in questa intervista esclusiva al Sole 24Ore traccia la rotta di Banca Mediolanum, gruppo che guida oramai dal 2008. Una banca che sempre più punta a bilanciare i propri business per risentire il meno possibile delle onde dei mercati. Non che la strada sia in discesa, sia chiaro. I listini finanziari in calo hanno allontanato la clientela dal risparmio gestito, e ci sarà da lavorare per convincerla a tornare. Dall’altra parte, del resto, c’è da fare i conti con le super cedole dei BTp, che stanno erodendo i flussi. Eppure, in questo scenario, Mediolanum ha messo a segno risultati «eccellenti», spiega Doris.
L’utile netto nei primi nove mesi è salito del 52% rispetto a settembre 2022, a 572 milioni circa. Merito in particolare di un margine da interessi balzato del 110%, a 541,2 milioni, mentre le commissioni (cosa non scontata) salgono del 4%.
Siamo di fronte a una fiammata del margine di interesse o questa voce potrebbe rivelarsi duratura?
I tassi ci hanno messo 12 anni per scendere e due per salire al livello precedente. Ovvio che assistiamo a una fiammata. Ma la voce per noi è destinata a mantenere il suo peso, nonostante la nostra natura di banca dedicata alla gestione.
Perché?
Perché noi nel frattempo stiamo aumentando i volumi. E, anche ipotizzando una normalizzazione dei tassi, se è vero che in termini percentuali le commissioni torneranno a incidere di più, i guadagni da interesse rimarranno.
Oggi avete 17 miliardi di impieghi, in particolare mutui al retail, quota che vi rende quasi una banca medio-grande sotto questo profilo. Volete crescere ancora?
Ci abbiamo messo anni per arrivare fin qui e siamo contenti di averlo fatto. Oggi il contributo al margine di interesse deriva dal 75% dal business e solo dal 25% dalla tesoreria. E abbiamo una percentuale di credito sui depositi retail che è al 64%, possiamo spingere ancora un po’.
La gestione del risparmio soffre intanto la concorrenza del BTp. La raccolta è scesa del 30%.
Per noi il BTp è un alleato, non è un competitor. Se i clienti oggi lo vogliono, è giusto così. Col tempo la rete saprà far passare il giusto messaggio e recupereremo flussi.
Un fronte su cui c’è ampio spazio di miglioramento sembra essere quello assicurativo. I premi sono stabili. Si può fare meglio?
C’è molto margine. Sul totale ricavi oggi l’assicurativo pesa il 3-4% ma potrà arrivare al 10%. Noi vogliamo occuparci a 360 gradi di tutti i bisogni finanziari del cliente. Il che significa che, prima ancora di investimenti, noi al cliente vogliamo parlare di protezione. Perchè è vero che, come mi ha insegnato mio padre, non posso impedire la malattia o la morte del cliente, ma posso e devo proteggerlo da quel rischio.
La tassa sugli extraprofitti è andata a riserva, al pari di altre banche. Mossa scontata?
Il Governo ci ha dato la possibilità di accantonare 2,5 volte la tassa a patrimonio e ciò ci ha reso felici. Sottolineo che le banche quest’anno pagheranno almeno il 50% in più di imposte rispetto al 2022, anche se io mi aspetto il doppio, come nel nostro caso. Lo Stato andrà a incassare e molto.
Come valuta questo Governo?
Positivamente. Il compito, a partire dal debito, è difficile.
E l’aumento contrattuale da 435 euro, le piace?
Per noi va bene, è giusto adeguare gli stipendi. Mi aspetto che venga accettato in sede Abi.
Contenti di come si è conclusa la partita Mediobanca?
Avendo votato per la lista del cda, siamo soddisfatti di come sono andate le cose. Ho fiducia in Nagel.
Si parla sempre di risiko del risparmio: vi interessa?
Al momento non c’è nulla sul tavolo. E difficilmente ci aggregheremo con qualcuno, perché mettere insieme due reti di vendita non è una cosa banale. Non è impossibile, ma è difficile. E poi torneremo a crescere sotto il profilo della raccolta, non credo sia utile buttarsi in un’avventura come una fusione complicata visto che c’è da mettere insieme diverse culture, remunerazioni, portafogli.
Rimane il tema del socio Fininvest. Come sono i rapporti? Rinnoverete il patto con loro?
Con la scomparsa di Silvio Berlusconi, è venuto meno il nodo del fit and proper che impediva il diritto di voto sull’intero 30% del pacchetto azionario, limitandolo al 10%. Oggi Fininvest ha riavviato il processo in Bce per ottenere il riconoscimento del diritto di voto pieno, che do per scontato, e in quella sede diranno se vogliono essere un investitore attivo. Dopo di che vedremo se sarà utile o meno rifare un patto, ma non vedo problemi di alcun tipo.
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