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Menarini scommette su Stati Uniti e un antitumorale da un miliardo di vendite

Nel 2022 il gruppo ha raggiunto 4 miliardi e 154 milioni di euro di fatturato, in crescita del 6% sul 2021. L’Ebitda è stato di 400 milioni. Nel 2023 aumentano gli investimenti in ricerca e sviluppo

di Cristina Casadei

Lucia Aleotti (azionista gruppo Menarini): «Perché sbarchiamo negli Usa»

3' di lettura

Gli anni della pandemia per la multinazionale della farmaceutica Menarini hanno coinciso con una forte crescita del fatturato. Nel 2022, il gruppo che fa capo alla famiglia Aleotti, ha raggiunto un giro d’affari di 4 miliardi e 154 milioni di euro, in crescita del 6% rispetto al 2021, quando era stato di 3.922 milioni di euro, a sua volta in crescita sui 3.750 del 2020. Nel 2022 la redditività ha sfiorato una percentuale a due cifre sulle vendite, con l’Ebitda che è arrivato a circa 400 milioni di euro. Questi numeri in crescita continua sono il nuovo punto di partenza, post pandemia, dello sviluppo sempre più globale di quella che è la maggiore farmaceutica a capitale italiano. Già oggi nella scomposizione del fatturato consolidato si vede una forte esposizione internazionale con il 22% del fatturato realizzato in Italia e il 78% a livello internazionale. Un quadro che rispecchia anche il posizionamento nei ranking dove il gruppo è 32esimo nel mondo e 17esimo in Europa. Le aspettative di crescita oggi riguardano in gran parte gli Stati Uniti, soprattutto dopo gli sviluppi sulle ultime operazioni di mercato e i risultati ottenuti attraverso la ricerca in ambito oncologico.

Il rafforzamento nel mercato americano

Lucia Aleotti, azionista e membro del board del gruppo, spiega che «la crescita del gruppo è indirizzata in maniera spedita verso le nostre aree di eccellenza che sono l’area della cardiologia, del cardio metabolico, ma anche dell’oncologia che ci accompagna grazie allo sviluppo di un farmaco antitumorale per il tumore metastatico al seno. Siamo estremamente fiduciosi nel 2023 e siamo soddisfatti della nostra filosofia di investimenti sia in ricerca e sviluppo sia nell’acquisizione di imprese a livello internazionale che ci consente ora di sbarcare negli Stati Uniti». Un salto importante perché «gli Stati Uniti sono il Paese più grande dal punto di vista dell’innovazione farmaceutica e anche quello dove l’innovazione è accettata nella maniera più spedita - ragiona Aleotti -, ma anche quello più importante per un’azienda farmaceutica, dal punto di vista della crescita. Anche grazie a quello che dicono gli analisti rispetto al nostro farmaco, considerato un blockbuster, ovvero un farmaco che può superare il miliardo di euro di vendite all’anno, siamo abbastanza ottimisti sulla crescita dei prossimi anni».

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Le aspettative sull’acquisizione di Stemline

La tappa più importante di questa ultima fase è avvenuta a metà del 2020, con l’acquisizione della Stemline negli Stati Uniti e lo sviluppo di alcuni farmaci antitumorali. Il primo è Elzonris per il trattamento di neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche, in commercio negli Stati Uniti. In Europa nel 2021 è stato approvato dall’Ema come monoterapia per il trattamento di prima linea dei pazienti affetti dalla patologia e il lancio è avvenuto in Germania. L’altro invece è l’Orserdu che è stato approvato all’inizio di quest’anno dalla Fda con procedura Fast track e priority review. Questo trattamento, su cui il gruppo si aspetta molti sviluppi, viene utilizzato per il trattamento orale come monoterapia del carcinoma mammario avanzato o metastatico, per donne in post-menopausa e uomini adulti.

Nel 2022 oltre un miliardo di blister prodotti

Nella pipeline dei progetti di ricerca al momento ce ne sono 13 in ambito oncologico, due in ambito cardio-metabolico e 5 tra gli anti-infettivi, sviluppati nei 9 centri di ricerca tra New York, Filadelfia, Barcellona, Berlino, Firenze, Pisa, Roma, Bologna, Singapore. È qui che lavorano 933 ricercatori su un totale di 17.800 dipendenti, di cui quasi 5mila arrivati nell’ultimo decennio. Complessivamente l’equilibrio di genere è praticamente perfetto, con le donne che rappresentano il 49,5%, mentre la specializzazione e la scolarizzazione sono in continua crescita, tant’è che oggi i laureati e i tecnici sono il 91% della forza lavoro. Sono loro l’anima dei 18 stabilimenti produttivi concentrati in Italia e in Europa, dove si trova il vero cuore produttivo del gruppo. A dirlo sono i numeri della produzione. Nel 2022 la casa farmaceutica ha prodotto 762 milioni di unità, di cui 553 internamente superando un miliardo di blister.

Le politiche per rilocalizzare le catene di fornitura

Va però detto che Menarini «è un’azienda che ha sempre cercato di avere un footprint produttivo molto forte - osserva Aleotti -. Ma dobbiamo essere sinceri: un’azienda non può fare tutto da sola se non ci sono politiche governative che spingono verso una localizzazione o rilocalizzazione della catena di fornitura. Lo ha fatto il presidente Biden con l’amministrazione degli Stati Uniti, lo sta facendo da anni la Cina. L’Europa ancora non ha capito che questo è un tema fondamentale per la sopravvivenza e l’indipendenza del continente. Quindi speriamo che magari grazie anche al Governo italiano che ci sembra averlo compreso si possano porre in atto politiche di localizzazione e rilocalizzazione delle strutture farmaceutiche nel nostro paese».

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