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Meno locali e più incassi: la selezione naturale dei ristoranti

Secondo l’Osservatorio di Ristoratore Top, innovazione e digitalizzazione sono i principali driver di sviluppo per contrastare la crisi e intercettare i nuovi trend

di Emiliano Sgambato

(dglimages - stock.adobe.com)

4' di lettura

Nel 2022 per la ristorazione è stato un anno a due facce: da un lato si è registrato una diminuzione record del numero dei locali, dall’altro il livello della spesa fuori casa è tornato sopra i livelli del 2019 (non era un risultato così scontato nemmeno considerando l’inflazione).
Due fenomeni che se incrociati portano a concludere che siamo entrati in un periodo di “selezione darwiniana” in cui è spesso l’innovazione (la qualità è un prerequisito) a fare la differenza tra chi ce la fa e chi no. Sono le conclusioni dell’Osservatorio sul settore di Ristoratore Top, secondo cui «i ristoratori, nel sopperire ai rincari dell’energia e alla carenza di personale, hanno consolidato l'ampio utilizzo di tecnologie e riorganizzato i modelli di business».

Gli effetti della crisi sui ristoranti

Secondo i numeri delle Camere di Commercio citati dall’Osservatorio, è stato registrato il saldo negativo più alto di sempre tra le attività iscritte quelle cessate, -17.168 unità con la storica diminuzione dell'1,4% delle imprese attive, che passano dalle 340.610 del 2021 a 335.817 «invertendo un trend di crescita pluridecennale». Nel 2022 sono cessate, ovvero fallite o divenute inattive, 26.856 attività, in linea col passato, mentre il saldo negativo è dovuto soprattutto al venir meno delle aperture: «sono in lenta ripresa le nuove iscrizioni alle Camere di Commercio, +9.688, contro una media degli ultimi 10 anni di 13.824». Mai così poche, inoltre, anche le attività che hanno cambiato codice Ateco aggiungendo la somministrazione di alimenti e bevande: solo 12.710 nel 2022.

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«In altre parole, i dati ci indicano che in Italia tra il 2021 e il 2022, un ristorante su 100 ha chiuso battenti – afferma Lorenzo Ferrari, presidente dell'Osservatorio Ristorazione – dando così corpo ad un diffuso clima di sfiducia e disincanto alimentato prima dalla pandemia, poi dalla Great Resignation del 2021, ovvero la fuga in massa del personale dal settore e, infine, i rincari energetici dell'anno scorso, ancora in atto e sempre più impattanti».

La crisi si è fatta sentire: nel 2022, «il 71% dei ristoratori ha dovuto compiere azioni impreviste per far fronte all'aumento delle spese di energia e materie prime, puntando, nell’82% dei casi, all’aumento dei prezzi finali al cliente» (l’87% ha rialzato i listini dall’1 al 15%). Secondo un’indagine Plateform, gli aumenti di luce e gas hanno pesato più di altro nel 36% dei casi mentre il 76% ha perso figure professionali in cucina o in sala e, ad inizio 2023, un ristoratore su due ha ancora problemi di personale.

D’altro canto però, «si stima una spesa alimentare fuori casa attorno agli 88 miliardi di euro, ovvero +3% sul 2019, anno del precedente record positivo con 86 miliardi di spesa».

Aumenta la digitalizzazione

In questo contesto «occorre quindi che i ristoratori facciano squadra e lavorino per reinventare il settore, rendendolo attraente». Si consolida così il ruolo cruciale della tecnologia dentro e fuori il ristorante che si era imposto con la digitalizzazione forzata del biennio pandemico. Secondo la banca dati Plateform, il 93% dei ristoratori usa software di cassa, il 25% controlla il food cost con appositi programmi, il 19% controlla il magazzino digitalmente, il 18% utilizza autorisponditori, il 14% utilizza sistemi informatici per delivery e take away. Quasi tutti allocano risorse su Facebook e Instagram, l’83% su Google My Business, il 62% su TripAdvisor, il 60% su Whatsapp, il 52% utilizza newsletter e il 14% su TikTok. Solo il 4% fa ricorso a Telegram, mentre il 25% rimane legato alla comunicazione cartacea.

Sempre più clienti scelgono online

Dal lato della domanda sempre secondo i dati della piattaforma Plateform, emerge che nel 2022 il 43% dei clienti prenota online e il 46,2% al telefono e solo il 10,5% entra nel locale perchè di passaggio. Solamente l'1,7% dei clienti frequenta un locale quotidianamente o più di una volta a settimana, il 52,3% lo fa per la prima volta, il 7,5% più di una volta al mese, il 38,7% più volte all'anno.

«In altre parole – spiega il report – 9 clienti su 100 frequentano abitudinariamente gli stessi ristoranti, mentre il restante 91% non si fidelizza e vuole fare nuove esperienze». E solo 4 clienti su 10 vivono in prossimità dei ristoranti provati.Il 41% degli italiani scopre e sceglie i ristoranti online, mentre il 46,5% rimane fedele al passaparola.

Una selezione darwiniana

«L’ampio utilizzo di tecnologia digitale e non tra sala, cucina e mondo esterno – aggiunge Ferrari – come automazioni, macchinari intelligenti, software per prenotazioni e self-ordering potrebbe spaventare se accostato all'irreperibilità del personale, dipingendo scenari futuri in cui l'essere umano è sempre meno necessario. Riteniamo piuttosto il contrario: le soft skills e le competenze professionali, anche strategiche, di personale qualificato avranno sempre più spazio. La ristorazione sarà delle persone, coadiuvate dalla tecnologia. La stessa tecnologia che ha permesso di sopravvivere e ripartire dopo le crisi degli ultimi anni».

«A fronte dei record negativi sulle chiusure – continua Ferrari – sono stati raccolti segnali più che incoraggianti per chi ha resistito negli ultimi anni. Il settore, che prima della pandemia era decisamente sovraffollato e caratterizzato da una concorrenza spesso poco sana, oggi vede meno concorrenti sul mercato, ma più preparati e predisposti al cambiamento. È stata proprio la capacità di adattarsi ai cambiamenti messi in campo da fattori su cui non si ha controllo a determinare la sopravvivenza e la prosperità delle realtà ristorative attive, in una sorta di “darwinismo ristorativo” che si è affacciato in Italia nello scorso anno e che promette di proseguire la sua strada nel corso del 2023».


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