Meno prodotti e più vita reale, la virata genuina degli influencer
Coerenti, autentici, impegnati. Non promuovono prodotti o servizi, ma uno stile di vita che passa oggi dalla marca. Identikit della nuova generazione dei “genuinfluencer”.
di Giampaolo Colletti e Fabio Grattagliano
5' di lettura
Nell'area metropolitana di New York c’è una giovane mamma, al lavoro come ingegnere per una multinazionale indiana, che negli ultimi mesi è contesa da decine di aziende, tutte intenzionate ad arruolarla come testimonial. L’intuizione geniale di Ann Andrews è stata quella di aver costruito da zero un colosso della formazione a distanza. Tutto è partito da una necessità concreta: aiutare la figlia in difficoltà con la matematica nelle lezioni online. Così Ann ha messo in piedi Techfunic, piattaforma che offre lezioni per piccoli gruppi di studenti dagli 8 ai 15 anni, accompagnati da giovani tutor.
«Ci sono bambini che hanno bisogno di più attenzione o semplicemente di imparare meglio in gruppo. Questa è l’istruzione vincente», ha raccontato su Forbes. Oggi l’impresa conta migliaia di studenti iscritti e lavora con 147 college indiani, che forniscono una rete di tutor. Ann Andrews è diventata suo malgrado una “genuinfluencer”, definizione che identifica una generazione di testimonial anagraficamente trasversali legati a valori e visioni del mondo di taglio positivo.
Meno prodotti, più realtà
Al bando la vendita di prodotti e servizi. Ciò che conta è l’autenticità, oltre le offerte commerciali. Così gli influencer genuini sono più interessati a utilizzare i social per condividere consigli. Il termine è stato coniato dall’agenzia americana WGSN ed è diventato una chiave per comprendere le evoluzioni dei nuovi creator.
«A guardare le campagne degli ultimi mesi, sono sempre di più le marche che hanno deciso di affidare la loro comunicazione ad ambasciatori molto diversi dai soliti volti noti, orchestrando iniziative e collaborazioni che molto spesso si sono allontanate di molto dai prodotti da pubblicizzare. I “genuinfluencer” sono più interessati a discutere delle proprie passioni e diffondere informazioni imparziali, piuttosto che promuovere un prodotto o una collezione. Vengono intercettati più per il loro contenuto di qualità che per il numero di follower», ha scritto Kati Chitrakorn su Vogue.
La genesi di questa definizione è da attribuirsi all’approdo di Valentino sull’app vocale Clubhouse: la maison ha snobbato la collaborazione con famosi influencer di moda, preferendo la designer di gioielli Betony Vernon, la cantante Chrystabell e la giornalista e attivista Diane Pernet. Di fatto stiamo assistendo al crollo dei classici influencer a favore di figure di riferimento che esplicitano valori e generano azioni positive oltre la pubblicizzazione della marca o del prodotto. La testata Glossy ha parlato addirittura di anti-influencer model e di Instagram-Fatigue, cioè l’assuefazione a modelli finti o stereotipati. Così il nuovo mantra è spendere per quello che mi convince, non per quello che mi seduce.
Brand a caccia di autenticità
«C’è una citazione che racchiude in modo emblematico questa tendenza: “la gente non compra quello che fai, ma perché lo fai”. Così ha detto lo scrittore inglese Simon Sinek. Le nuove generazioni si stanno distinguendo per un’attenzione sempre più forte nei confronti dell’attivismo e si stanno dimostrando più attente e consapevoli rispetto alle generazioni precedenti. Sicuramente questo scenario è favorito dalla presenza dei social, che hanno trasformato completamente il modo di comunicare. Le tradizionali audience si sono evolute in community, accomunate da interessi, valori e un comune codice linguistico.
I brand stanno prendendo sempre più coscienza dell’importanza di avere un’identità e un purpose solidi su cui impostare la propria comunicazione, per rendersi riconoscibili e riuscirsi a differenziare creando un senso di fiducia e appartenenza», afferma Laura Gusmeroli, Client Director di Show Reel Agency. Ma in questo terreno di gioco più complesso affinché una campagna di influencer marketing possa risultare efficace occorre puntare sulla coerenza. «Deve esserci nella scelta dei contenuti e del linguaggio utilizzati: le aziende che fanno davvero la differenza in termini di comunicazione sono quelle disposte a cedere il controllo e lasciarsi guidare nella definizione editoriale di un contenuto, che per risultare davvero efficace deve rispecchiare sia il linguaggio del testimonial che il tono di voce che condivide con la community», precisa Gusmeroli.
La coerenza del messaggio
«Non sono i numeri a esprimere la credibilità di un testimonial nel trasmettere un determinato messaggio, quanto la coerenza di questo messaggio con i valori abitualmente espressi dal creator stesso, che dovrebbe sentire un effettivo legame con il brand per via dell’identificazione e della condivisione degli stessi valori. Di contro il brand dovrebbe imparare ad affidarsi maggiormente alla creatività del talent: brief troppo rigidi imbrigliano i talent annullando le loro peculiarità, mentre dare spazio alla loro capacità di declinare il messaggio sul proprio tono di voce porta a risultati più genuini e credibili», sostiene Raffaella Caldarola, Digital Creator & Format Development Senior Manager di DOOM Entertainment.
«Alla base di tutto ci deve essere un rapporto di fiducia costruito nel tempo tra l’influencer e la propria community attraverso l’autenticità, la qualità e la varietà dei contenuti. Comunicando quindi efficacemente il messaggio del brand verso un’audience già fidelizzata, abituata a seguire i consigli dell’influencer, e che condivide le sue opinioni. L’elemento umano si aggiunge in questo caso alla semplice pubblicità», puntualizza Marilena Lopez, Head of Marketing and Sales di Studio71 Italia.
Le note dei testimonial
Riaccendere la musica dal vivo spenta dalla pandemia. E farlo scommettendo sui valori di inclusione. Tanti sono i volti che hanno animato Dream Hit, progetto sostenuto da Intesa Sanpaolo e realizzato da DOOM Entertainment. Un percorso multipiattaforma con la produzione di un web talent show inaugurato con un concerto che ha visto sul palco artisti come Fedez, Elodie, Mahmood, Achille Lauro, Carl Brave. L’evento – con annesso backstage – è stato intercettato da oltre 650.000 persone e ha veicolato anche la raccolta fondi per Scena Unita, iniziativa a favore dei lavoratori dello spettacolo. In tutto sono stati raccolti 635mila euro.
I consigli della nonna
Nonna Rosetta è la protagonista della serie di video “I consigli di nonna sul Coronavirus”. Il suo messaggio sorridente di responsabilità sociale è andato dall’Australia a Taiwan, dall’India alla Corea del Sud. Nonna Rosetta è stata intervistata da canali TV russi e albanesi, arrivando fino alle piattaforme cinesi, dove è conosciuta come “nonna Maria”. Il video su Facebook ha collezionato oltre 17 milioni di views e la serie completa è stata rilanciata in tutto il mondo: dalla CBS al Daily Mail, fino all’emittente brasiliana Globo con una specifica traduzione nel portoghese. Il video è stato persino sottotitolato in arabo per Al Jazeera.
Senza filtri per davvero
Da anni Dove promuove un concetto di bellezza autentica attraverso il “Progetto Autostima”, in contrasto con una società incentrata su canoni irraggiungibili e che impattano sul benessere psicofisico delle generazioni più giovani. Ascoltare le community e far leva su un linguaggio naturale e coinvolgente: così Show Reel Agency, partner di Dove, ha creato una strategia continuativa grazie a quattro brand ambassador credibili. Si tratta di Camihawke, Alice Venturi, Alice Mangione e Sofia Viscardi, che hanno raggiunto community variegate, dalle ragazze più giovani alle mamme che stanno crescendo una nuova generazione di figlie.
Danze educative e virali
È stata l’operazione di influencer marketing più significativa in America nella prima fase di lockdown. Così il colosso Procter & Gamble ha puntato su Charli D’Amelio, ballerina statunitense e prima influencer a raggiungere il traguardo dei cento milioni di follower su TikTok. Chiaro il brief: coreografare una danza su TikTok per favorire il distanziamento sociale, in particolare tra i più giovani. Che fosse un successo lo si era capito sin da subito: le views, accompagnate dall’hashtag DistanceDance, nelle prime ore sono state 31,5 milioni. Persino il governatore dell’Ohio Mike DeWine ha ripreso il video durante uno dei suoi briefing politici.
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