ristorazione collettiva

Mense e coronavirus, il lockdown stronca il settore. Fipe: danni per 8 miliardi

Come sta rispondendo alla crisi un settore duramente colpito: a rischio metà dei profitti

di Maria Teresa Manuelli

La ristorazione collettiva dà lavoro a 97mila persone

4' di lettura

Industrie chiuse, scuole idem, uffici in smart working, trasporti quasi azzerati. Che ne sarà della ristorazione collettiva italiana nel post pandemia? E in quanti avranno la forza di ripartire? Il settore della ristorazione collettiva conta 97mila lavoratori nei segmenti scolastico, aziendale e sanitario e fornisce 860 milioni di pasti l’anno destinati a studenti, lavoratori, degenti e anziani.

Per le aziende ancora in attività, gli operatori della ristorazione aziendale (25mila in tutto, molti dei quali attualmente in cassa integrazione) stanno garantendo quotidianamente pasti sicuri in condizioni protette per i lavoratori, ma 41mila operatori della ristorazione scolastica attualmente non sono attivi. Secondo Fipe il danno è stimato intorno agli 8 miliardi di euro in meno nel 2020 (ristorazione fuori casa: commerciale più collettiva).

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«Per chi si occupa solo di ristorazione collettiva – commenta Renato Spotti, amministratore delegato di Dussmann Service – l’impatto è drammatico e servono iniziative di sostegno adeguate, quali la proroga degli ammortizzatori sociali fino alla totale ripresa delle attività, la sospensione temporanea della decorrenza dei contratti pubblici con la possibilità di dilazionare gli ammortamenti su un arco temporale più lungo, l’azzeramento delle tasse locali e sui rifiuti, il rinvio delle scadenze fiscali e contributive sino alla ripresa. In mancanza di tali misure e con il protrarsi della chiusura, molti operatori non saranno in condizione di riprendere l’attività. A oggi l’intero mercato stima una perdita di fatturato intorno al 30% e una riduzione dei margini pari al 50%».
Dussmann, specialista a livello globale di facility management, ha dovuto ripensare il proprio business. «I servizi che sono rimasti attivi hanno subìto una necessaria e tempestiva riorganizzazione delle risorse umane, delle procedure, delle attrezzature e dei dispositivi utilizzati». A fronte dei mancati ricavi ha comunque supportato economicamente i propri dipendenti con anticipi in busta paga e ha attivato per loro un’assicurazione specifica sul contagio da Covid-19 a copertura dei rischi derivanti.

«Anche noi ci stiamo riorganizzando – interviene Francesco Malaguti, presidente di Gruppo Camst – a partire da quelli che sono i pilastri del nostro approccio strategico: diversificazione e flessibilità dell’offerta, vicinanza territoriale. Altro aspetto fondamentale della nostra organizzazione è la logistica. Camst, grazie al suo Centro Distributivo, può usufruire della più importante piattaforma di approvvigionamento di prodotti alimentari del settore della ristorazione. Un servizio che è stato sviluppato, a seguito delle richieste di diversi Comuni, è quella della predisposizione di food box (pacchi alimentari) composte da generi alimentari di prima necessità, che a loro volta i Comuni potranno distribuire».
Il gruppo ha da poco lanciato anche “Camst è di casa” un sito internet dove le famiglie possono trovare menu settimanali elaborati da nutrizionisti, ricette per tutta la famiglia, consigli nutrizionali, giochi e attività con finalità educative da realizzare insieme a casa.
«In questo periodo, in cui le scuole sono chiuse e i bambini sono a casa – prosegue Malaguti – è fondamentale curare l'alimentazione dei bambini nel corso della giornata, rispettando i principi nutrizionali dei pasti senza dimenticare varietà e gusto. In questo momento così particolare, vogliamo essere vicini ai genitori offrendo suggerimenti e consigli per sostenerli nella quotidianità».

Ma, come fa notare Alfonso Pedevilla, amministratore delegato dell'omonima azienda specializzata nella ristorazione aziendale, la ripresa non è scontata.
«Il nostro settore, che vale 4 miliardi di euro circa, purtroppo, è tra i più colpiti, e la ripresa presumibilmente sarà, oltre che molto lenta, anche caratterizzata da limitazioni con conseguenze ulteriormente negative. Stimiamo un calo di operatività del settore di circa il 75% che per il solo mese di marzo si traduce in circa 400 milioni di euro e circa 60mila persone in cassa integrazione. Va tenuto presente che i mesi di febbraio, marzo e maggio (marzo rappresenta oltre il 10% del fatturato annuo) sono i mesi che in condizioni normali rappresentano quelli più redditizi, utili a far fronte ai mesi negativi che vanno da giugno a settembre a causa della riduzione del lavoro e della chiusura delle scuole».

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Gravissima poi la situazione della ristorazione in concessione. Aigrim-Associazione delle Imprese della Grande Ristorazione - ha lanciato un grido di allarme con riferimento particolare alle autostrade, dove le norme per l’emergenza stanno obbligando a mantenere aperti i locali, pur in presenza di un calo di oltre l’85% del traffico. L’associazione rappresenta oggi 11 grandi imprese della ristorazione a catena, che impiegano più di 30mila dipendenti e producono ricavi per oltre 3 miliardi di euro in 3mila punti di ristoro tra autostrade, aeroporti e stazioni ferroviarie. Per affrontare la situazione propone una serie di misure tra cui l’intervento - con il supporto degli enti concedenti - sui canoni e sugli oneri di gestione, sui tempi di pagamento e sull'estensione dei contratti in essere bloccando qualsiasi nuova gara.

«Anche la possibilità di accedere a futuri finanziamenti nell’ambito delle misure che il Governo si appresta a emanare sarà cruciale per la sopravvivenza del settore», afferma Cristian Biasoni, vicepresidente di Aigrim. Ma la preoccupazione resta alta, anche alla luce della posizione assunta da Aiscat, che raggruppa le principali società autostradali e che avrebbe comunicato al Mit una generica disponibilità a “sospendere” l'applicazione dei canoni fissi e variabili, rimettendo tuttavia a negoziazioni ad hoc tra aziende della ristorazione e concessionarie autostradali la definizione in concreto delle misure.
«Siamo ad un'affermazione di principio pericolosa – commenta Biasoni – perché ciascuna concessionaria autostradale potrà decidere discrezionalmente».

Anche il settore dei buoni pasto ha messo in atto soluzioni in linea con le esigenze dettate dall'emergenza. In ottemperanza all'ordinanza n. 658 del 29 marzo emanata dal Governo, per favorire la creazione di una rete virtuosa e sostenibile vicina a istituzioni, merchant e consumatori, Sodexo, per esempio, ha lanciato i buoni spesa alimentari: Pass Lunch, un servizio finalizzato all'acquisto di beni alimentari di prima necessità. «Modalità che sostiene ogni aspetto della filiera – ha spiegato Sergio Satriano, managing director di Sodexo Benefits & Rewards Services – sia per quanto riguarda i benefici diretti ai consumatori, ma anche nei confronti degli esercenti coinvolti nell’operazione, grazie all’applicazione di commissioni minime. Queste ultime, infatti, saranno applicate solo a copertura dei costi di gestione».

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