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Mercuri: «Stage curricolari per formare talenti più pragmatici»

Oltre alle conoscenze servono competenze pratiche da acquisire già durante il percorso universitario

di Chiara Bussi

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3' di lettura

Sulle conoscenze non si discute. Ma largo anche alle competenze pratiche con stage curricolari già durante il percorso universitario. È questo il traguardo che gli atenei dovrebbero raggiungere al più presto per accorciare la distanza ancora esistente tra le aule e il mondo del lavoro. Ne è convinto Alessandro Mercuri, amministratore delegato di Deloitte Consulting, la società di consulenza del network di Deloitte, con responsabilità su Italia, Grecia e Malta.

Nel Suo intervento al forum Lei ha posto l’accento sulla necessità di una maggiore preparazione dal punto di vista pragmatico da parte dei giovani neoassunti. Quali competenze si potrebbero sviluppare già durante l'università?

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Mi riferisco a una situazione molto frequente che ci viene segnalata anche dalle nostre imprese clienti. Ci troviamo di fronte a giovani con una bagaglio teorico eccellente ma non immediatamente trasferibile nell'applicazione pratica del mondo del lavoro. Il tema è trasversale e riguarda un po’ tutte le aree, non solo le nuove professioni legate all’innovazione.

Come si potrebbe superare questo “deficit di pragmatismo”?

La soluzione sta nell’introduzione di stage curricolari, magari incentivati con il riconoscimento di crediti già durante gli anni dell’università, un po' come avviene per le professioni sanitarie. Per gli studenti avrebbero anche una funzione di orientamento in vista dell’approdo nel mondo del lavoro e al tempo stesso farebbero risparmiare tempo e risorse alle imprese. Su questi aspetti i Paesi anglosassoni offrono spunti interessanti per una riflessione che potrebbe riguardare il sistema accademico nel suo insieme.

Le università rappresentano per voi un bacino di talenti. Che tipo di profili cercate e in quali percorsi vengono inseriti?

Abbiamo in programma circa 1.200 assunzioni quest’anno, di cui 950-1.000 neolaureati. Facciamo riferimento a tutti gli atenei presenti sul territorio nazionale. Ascoltiamo le passioni e gli interessi dei giovanissimi e selezioniamo quelli con un' attitudine e motivazione a far crescere le proprie aspirazioni in un contesto consulenziale e internazionale come il nostro. I ragazzi hanno la possibilità di sperimentarsi e crescere su diversi temi che spaziano da quelli più strategici e finanziari a quelli più tecnologici. Le progettualità presso i nostri clienti consentono loro di conoscere organizzazioni innovative, di sviluppare competenze tecniche ricercate e di lavorare in team costituiti da diverse professionalità e nazionalità.

Quali sono le facoltà a cui guardate maggiormente?

Sono soprattutto ingegneria e economia. Il profilo per noi più adeguato è quello dell’ingegnere informatico o gestionale. Molto spesso, però, non ne troviamo abbastanza e assumiamo figure come ingegneri biomedici, matematici e fisici, tutti accomunati da una spiccata capacità analitica. Ben vengano ci mancherebbe, i nuovi percorsi di laurea legati all’intelligenza artificiale a cui noi stessi diamo il nostro contributo. Ma oltre agli nuovi sbocchi università e imprese dovrebbero mantenere un dialogo costante per captare insieme le necessità del mondo del lavoro. Questo è un tema che ci riguarda da vicino e le partnership vanno anche in questa direzione.

Ritiene che queste sinergie siano adeguate o da migliorare? Ci sono esperienze che potrebbero essere mutuate da altri paesi?

Le società di consulenza sono una catena di trasmissione tra l’innovazione e il mondo delle imprese. Le partnership con gli atenei sono uno degli aspetti che ci consentono di esercitare questo ruolo. Per trovare modelli non serve guardare al di fuori dell’Italia. Alcune università come il Politecnico di Milano o la Bocconi rappresentano casi di eccellenza per la ricerca applicata che va incoraggiata anche in altri atenei del Paese uscendo dalla logica di preservare la ricerca pura senza contaminazioni con le imprese.

Avete da poco annunciato l'iniziativa Impact for Italy dove la formazione gioca un ruolo di primo piano. Come si sposa con le sinergie con il mondo accademico?

Impact for Italy è un progetto e una nuova filosofia di Deloitte per l’Italia per contribuire alla crescita e alla competitività del Paese. Convolgerà tutta la nostra società, dai nostri partner ai neoassunti e punterà alla valorizzazione e alla crescita dei talenti. La formazione è la pietra miliare per riuscire a innescare creatività e innovazione, valorizzando al meglio le capacità professionali e personali di ogni talento. Il nostro piano di formazione prevede ogni anno un percorso definito per le sue persone attraverso l’erogazione di centinaia di migliaia di ore di formazione. Molte delle nostre iniziative, come la sinergia con il Politecnico di Milano, rientrano già in questa connotazione.

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