LA FINE DI UN’ERA

Merkel, cosa succede dopo? Un addio che riguarda la Germania e l’Europa

di Alberto Magnani

Ue, anche Merkel chiede un «vero esercito europeo»

4' di lettura

Da qualche settimana c’è una domanda che circola sulla stampa tedesca. La più naturale: Wer kommt nach Merkel ? Cosa e, soprattutto, chi viene dopo la Merkel? Il dubbio non riguarda solo la tenuta della coalizione di governo o la successione interna alla Cdu, già entrata nel vivo con uno scontro a tre per il vertice del partito . Ma l’intero impianto delle istituzioni europee, indebolite dalla perdita dell’unico leader - di fatto - del progetto comunitario. Sempre che l’addio alla politica tedesca non sia l’inizio di una carriera più ampia, proprio nella Ue. Merkel ha parlato oggi di fronte al Parlamento Ue, per un impegno che sembra cadere a pennello: il discorso sul futuro dell’Europa, incentrato su richiami alle responsabilità finanziaria (leggi: il caso Italia) e all’ultimazione di progetti rimasti in sospeso, dall’esercito europeo all’unione bancaria.

Parole non casuali, in uno scenario tutto da definire. All’orizzonte ci sono il voto europeo di maggio e lo scontro frontale fra due blocchi, quello fra l’asse dei cosiddetti «sovranisti» e i partiti tradizionali. I primi non sembrano intenzionati a coalizzarsi, almeno ufficialmente, ma creano una massa critica capace di influire sugli equilibri dell’Eurocamera. Pollofpolls, un istituto di ricerca, li proietta verso la conquista di un settimo dei voti, ampliati però dalle intese che si possono creare con il centrodestra moderato. I secondi si trovano orfani dell’unica figura che riuscisse ancora a fare da collante in difesa del progetto Ue, sia pure sotto al fuoco incrociato dei partner internazionali e della sua stessa maggioranza interna.

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In cerca di un leader (che non c’è)
In effetti l’uscita di scena della Merkel, nella sua gradualità, lascia un vuoto che fatica ad essere colmato dai suoi parigrado internazionali. Il Regno Unito di Theresa May è alle prese con i negoziati per il suo divorzio dall’Unione europea. In Francia Emmanuel Macron è calato ai minimi storici della sua popolarità, con tasso di approvazione sotto al 30%, grazie alla combinazione di addii eccellenti nel suo governo, una riforma del lavoro indigesta e alcuni scandali personali (a partire dall’affaire della sua guardia del corpo). L’Italia del governo Lega-Cinque stelle si sta interessando al voto di maggio, ma da una angolatura opposta a quella della cancelliera: il refrain dell’esecutivo gialloverde è il ridimensionamento dei poteri della Ue, l’unico comune denominatore fra le varie forze sovraniste che mirano al voto di maggio per un primo successo corale.

Robert Zaretsky, storico dell’Europa in cattedra all’Honors College at the University of Houston, traccia un bilancio abbastanza brusco: «In Gran Bretagna non c’è un leader capace di guidare la Gran Bretagna, figuriamoci l’Europa. E il paese si è suicidato due anni fa - dice - Macron vorrebbe prendere il ruolo di Merkel ma non ha il rispetto dei francesi, né tantomeno dei cittadini Ue. Quanto all’Italia... Beh, penso sappiate meglio di me quanto sia ridicola l’ipotesi di un nuovo leader in arrivo da questo governo». Persino il Partito popolare europeo, il gruppo politico che rappresenta la Cdu a Bruxelles, è in balìa di frizioni interne sui rapporti che devono - o non devono - essere intrapresi con il blocco dei paesi dell’Est Europa: l’asse di Visegrad, capitanata dall’Ungheria di Viktor Orban. Il nuovo spitzenkandidat (candidato in pectore alla Commissione europea) dei Popolari europei è il capogruppo Manfred Weber: un esponente della Csu, il gemello bavarese della Cdu che è colato a picco nelle ultime elezioni. Dal Ppe fanno sapere che l’addio della Merkel è una «questione interna alla politica tedesca», anche se «si può cogliere qualche segnale» dalla fine di una leadership durata quasi 20 anni. A Berlino e, indirettamente, Bruxelles.

Il problema sarà dopo il 2021
L’ansia per il vuoto di alternative si ridimensiona con un dato di fatto: Merkel resterà alla guida della cancelleria fino al 2021 ed è improbabile, per ora, che il suo passo indietro dia adito a una crisi governativa. Il suo ruolo interno dovrebbe garantirle stabilità anche in Europa, a meno che gli attacchi non arrivino dall’esterno. «Il problema non è la forza della Merkel in sé, ma il fatto che alcuni potrebbe attaccarla cogliendo la palla al balzo - dice Stephanie Risse, docente dell'Università di Bolzano - La scusa della sua “debolezza” potrebbe servire per portare avanti battaglie contro i temi che ha coltivato lei». Risse si riferisce all’agenda sull’immigrazione, una delle scelte che hanno lasciato maggiormente il segno sulla politica interna della cancelliera. Oltre alla decisione di aprire le frontiere nel 2015, Merkel è fra i leader europei che si sono spesi di più sulla riforma del regolamento di Dublino, l’impianto legislativo che assegna ai paesi di primo approdo la responsabilità sulla gestione dei migranti. I paesi ostili a un’amministrazione solidale dei flussi potrebbero insistere sulla sua “fragilità”, teorica o effettiva, per scardinare definitivamente il sistema di accoglienza e premere sulla chiusura della frontiera. Difficile, spiega Risse, che il tutto avvenga prima della fine del suo mandato alla guida della Germania. È sul dopo che non ci sono garanzie.

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