Merkel, il sogno della cancelliera: guidare la Commissione Ue (sacrificando Weidmann alla Bce)
di Isabella Bufacchi
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Nei primi vent’anni della Banca centrale europea, compiuti lo scorso 1° giugno, la Germania ne ha ospitata la sede ma nessun tedesco si è seduto sulla poltrona di presidente o vicepresidente della Bce, un doppio onore che ha già avuto la Francia con Christian Noyer (vice)e Jean-Claude Trichet numero uno.
Non sta scritto da nessuna parte che i grandi Paesi abbiano la precedenza assoluta: ma che sia il turno della Germania a ricoprire l’incarico di Mario Draghi dal novembre 2019 è nell’aria a Francoforte. Da tempo.
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Eppure la strada verso la presidenza Bce di Jens Weidmann, 50enne banchiere centrale “ortodosso” presidente della Bundesbank, è in salita. A ostacolarne l’ascesa ai piani alti del Main Building potrebbero non essere le solo sue idee, che lo rendono un banchiere centrale come minimo scomodo perchè in forte palese discontinuità con l’era Draghi, ma la stessa Angela Merkel. La cancelliera considera la Bce una di sei poltrone europee che si libereranno nel 2019 - presidenza Commissione (novembre), Consiglio (novembre) e Parlamento (luglio), vicepresidenza Commissione per stabilità finanziaria, Commissario agli affari economici.
La pragmatica calcolatrice Merkel potrebbe decidere di sacrificare la presidenza Bce, in quanto sarebbe il quarto grande incarico finanziario , “il poker di assi” tedesco con la Germania alla guida di Bei con Werner Hoyer (scade a gennaio 2024), Single Resolution Board con Elke König (mandato rinnovato nel dicembre 2017 di cinque anni) e fondo salva-Stati Esm con Klaus Regling (scade nel 2022). Cedendo la Bce la Merkel mantiene la mano sul fondo salva-Stati, che andrà rafforzato nel pacchetto di riforme europee e dove ha un ottimo rapporto con Regling: e in cambio potrà chiedere poltrone politiche pesanti, per esempio quella di Jean-Claude Juncker che si libera a novembre 2019 in contemporanea a Draghi e sulla quale potrebbe sedersi la stessa cancelliera.
La Merkel non decide da sola, la spartizione dei posti-chiave riguarda tutti i 27 o 19. Certo è che l’Europa si trova di fronte a un bivio: come e con quali strumenti e personaggi affrontare la prossima Grande Crisi o recessione, con il populismo in ascesa che potrebbe emergere dalle elezioni europee del maggio 2019. Se sarà la politica a tenere banco, la Merkel vede bene il ruolo della Germania in ascesa alla presidenza della Commissione, al posto del francese Pierre Moscovici o del lettone Dombrovskis. E se non si tornerà a bussare alla porta della Bce, quale che ne sia il presidente, meglio per la Germania Regling all’Esm.
È dunque nella Merkel che Weidmann, senza tessera di partito ma ex-consigliere economico della cancelliera, dovrà trovare il suo sponsor per la Bce e questo per ora non è scontato. La candidatura del presidente della Bundesbank per la Bce viene da lontano, lanciata prematuramente da Wolfgang Schäuble quando la Francia iniziò a far circolare il governatore della Banque de France François Villeroy de Galhau. Weidmann avrebbe ammorbidito le sue dure posizioni ultimamente, stando alla stampa tedesca, per conquistare consensi utili ad arrivare al vertice della Bce. Tuttavia resta agli atti il modo rigoroso e spigoloso con cui Weidmann interpreta il ruolo della banca centrale, istituzione che vede dedicata alla lotta contro l’alta inflazione con strumenti prima di tutto convenzionali, e mai contro l’alto spread: a parere suo e della Buba lo spread non lede le cinghie di trasmissione della politica monetaria.
Il percorso di Weidmann, convinto europeista e pro-euro di ferro, al piano più alto della Bce è impervio perché da quando è entrato nel Board della Bce nel maggio 2011, questo bravo economista ex-Fmi con Phd a Bonn si è messo regolarmente in minoranza, votando contro tutte le decisioni di politica monetaria in Bce degli ultimi sette anni, anche quando si trattava di abbassare i tassi nel 2012 e 2013. Diventare presidente della Bce per Weidmann, banchiere centrale dal sorriso seducente e che parla un ottimo francese, è difficile anche solo fosse per il Qe, un rospo che ha mandato giù ma che ha mal digerito perchè non vedeva il rischio di deflazione. Il Qe resta per la Buba uno strumento non convenzionale al quale ricorrere solo in circostanze eccezionali. A Weidmann si deve il requisito della chiave capitale in un Qe senza risk sharing, con titoli comprati prevalentemente dalle banche centrali nazionali. Ma sono le OMTs, il “whatever it takes” di Draghi, il grande ostacolo sul quale la candidatura di Weidmann potrebbe infine cadere: in Bundesbank gli acquisti sul secondario dei titoli di Stato di un Paese che chiede aiuto all’Esm non sono tollerati e le OMTs non sono viste come game changer per l’euro.
La Merkel ha a cuore le poltrone europee ma anche il futuro dell’euro: anche lei si starà domandando se, al cospetto della prossima Grande Crisi, varrà la pena provare a pilotare politicamente una ristrutturazione dei debiti pubblici degli Stati in crisi, tramite Commissione e Esm, tenendo però nel cassetto e pronto all’uso il bazooka delle OMT dovesse qualcosa andare storto.
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