MERCOLEDÌ LA VOTAZIONE

Mes, ultima mediazione nel M5s. I numeri e gli incastri al Senato

Alla fine, pare che i “duri e puri” a resistere sul loro no alla riforma, dovrebbero rimanere 6, o pochi di più

(ANSA)

3' di lettura

Mario Giarrusso, ex senatore M5s, passato da tempo al Misto, l'ha già ribattezzato «un mercoledì da leoni». In effetti, il 9 dicembre, quando il Senato esaminerà la riforma del Mes, sarà una giornata decisiva per le sorti della maggioranza. E per evitare la crisi di governo.

In vista delle comunicazioni del premier Giuseppe Conte alla vigilia del Consiglio europeo già è partita la conta dei voti. A Palazzo Madama la maggioranza giallorossa ha sempre avuto numeri risicati ma ora, dopo la lettera degli ortodossi M5s della settimana scorsa contrari alla riforma, l’esito non è scontato, tra minacce di espulsione e defezioni dell'ultima ora.

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Va detto però che a differenza del voto sullo scostamento di bilancio, che richiede una maggioranza assoluta (ossia 161 su 321) quello sul Mes, invece, richiede solo la maggioranza relativa. Ossia i Sì devono solo battere i No. Per inciso da questa legislatura sulle astensioni il Senato si è allineato alla Camera: gli astenuti nel voto non contano per determinare chi vince, mentre prima si sommavano ai No.

I numeri al Senato

A bocce ferme, la maggioranza al Senato è così composta: 35 Pd, 92 5S, 18 IV, 8 Autonomie. Poi ci sono 15 del Misto che di solito votano con la maggioranza. Il totale fa 168. A questi andrebbero aggiunti Mario Monti e Elena Cattaneo, e sulla carta, anche Liliana Segre e Giorgio Napolitano. Gli ultimi due, però, da tempo non vengono in Aula. Sul fronte opposto, quello dell'opposizione, ci sono 54 senatori di Forza Italia, 63 della Lega, 18 FdI, 14 del Misto. La somma fa 149, tuttavia in quest'ultimo gruppo ci sono i 3 senatori di Cambiamo che la settimana scorsa hanno votato lo scostamento e pare siano orientati a votare la riforma.

Rischio espulsione per i M5s che votano contro la riforma

Resta quindi da pesare l'entità numerica della protesta dei Cinque Stelle: in origine la lettera dei contrari alla riforma del Mes è stata sottoscritta da 16 senatori. Se tutti loro confermassero la loro opposizione alla risoluzione, la maggioranza scenderebbe a 152. A quel punto, la risoluzione magari potrebbe anche passare per una manciata di voti ma sarebbe ratificato un dato politico molto rilevante, cioè che il premier Conte a Palazzo Madama non avrebbe più una maggioranza parlamentare stabile. Tuttavia, da quando è stata pubblicata la lettera, s'è intensificato il lavoro di “moral suasion” da parte dei vertici del Movimento che dovrebbe aver prodotto i suoi frutti. In più è trapelata l'indiscrezione che chi vota contro la riforma stavolta rischia l'espulsione.

La mediazione nel MoVimento 5 stelle

Nel M5s si lavora a una risoluzione che possa essere un punto di mediazione all’interno del Movimento, per poi sottoporla agli alleati. In 60 parlamentari - tra capigruppo, presidenti di commissione e capigruppo in commissione - stanno lavorando al testo con un obiettivo: rendere più chiaro possibile il “no” all'uso del Mes e, allo stesso tempo, sottolineare come il sì alla riforma non significhi avallare la ratio del fondo-salva Stati. Nella risoluzione non potrà essere messo nero su bianco il “no” al Mes, Pd e Iv non lo permetteranno. Ma il M5S tornerà a ribadire il necessario via libera dell'Aula per qualsiasi mossa che riguardi il fondo. Alla fine, pare che i “duri e puri” a resistere sul loro no, dovrebbero rimanere sei (qualcuno potrebbe limitarsi all'assenza con conseguente abbassamento del quorum), un numero che, se rimanesse tale, non metterebbe a rischio la maggioranza. Intanto il premier Giuseppe Conte al momento tira dritto: in Consiglio dei ministri si prepara lunedì 7 dicembre a un'altra accesa discussione sui numeri e sulla struttura del Recovery fund che dovrà governare il piano di ripresa e spendere i soldi dell'Europa.


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