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Meta accusata da 33 Stati Usa di aver contribuito allo sviluppo di dipendenze tra i giovani

L’accusa riguarda gli effetti dei social e di Internet sui più giovani. In particolare, gli stati sostengono che l’azienda abbia deliberatamente progettato le sue piattaforme per rendere i ragazzi dipendenti dai social media

di Marco Trabucchi

(gguy - stock.adobe.com)

2' di lettura

Guai seri per Meta, la società che controlla Facebook e Instagram. In tutto sono 33 i procuratori generali di altrettanti Stati USA (tra cui anche California e New York) che hanno depositato una causa alla Big Tech guidata da Mark Zuckerberg.

L’accusa riguarda gli effetti dei social e di Internet sui più giovani. In particolare, gli stati sostengono che l’azienda abbia deliberatamente progettato le sue piattaforme per rendere i ragazzi dipendenti dai social media, sfruttando le loro vulnerabilità psicologiche e sociali. Le sue piattaforme, infatti, causerebbero ansia, depressione e nei casi più estremi persino il suicidio. Non solo, avrebbe usato i dati personali degli utenti per aumentare i profitti.

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L’accusa, dicevamo, riguarda in particolare la piattaforma Instagram, giudicata la più dannosa per la salute mentale dei minori. Secondo gli stati, ci sarebbe l’aggravante che il colosso di Menlo Park avrebbe nascosto le prove dei suoi effetti negativi sui giovani.«Meta – si legge nel documento – ha sfruttato la sofferenza degli adolescenti creando deliberatamente le sue piattaforme con meccanismi che inducono i più piccolo a una dipendenza da Facebook e Instagram e minano la loro autostima» ha dichiarato Letitia James, procuratore generale di New York, uno degli Stati coinvolti nella denuncia federale. «Le aziende di social media, compresa quella di Mark Zuckerberg, hanno contribuito a una crisi nazionale della salute mentale dei giovani e devono essere ritenute responsabili».

Se il processo lo riconoscerà colpevole, il colosso tecnologico fondato da Mark Zuckerberg sarà costretta a sostanziosi risarcimenti oltre che a modifiche nelle piattaforme citate in tribunale. Considerando che i suoi utenti nel Paese sono centinaia di milioni e che la violazione comporta multe da migliaia di dollari, la cifra potrebbe essere davvero enorme. In più si fa largo l’ipotesi che altri stati si aggiungeranno alla maxi causa.

Meta si è difesa dalle accuse affermando di avere a cuore la sicurezza e il benessere degli adolescenti online e di aver introdotto oltre 30 funzioni per proteggere i giovani utenti e le loro famiglie, compresa la possibilità di accedere alla funzionalità di supervisione su Messenger e Instagram. Ha poi aggiunto: «Siamo delusi dal fatto che invece di lavorare in modo produttivo con aziende di tutto il settore per creare standard chiari e adeguati all’età per le numerose app utilizzate dagli adolescenti, i procuratori generali abbiano scelto questa strada», ha detto un portavoce.

La causa depositata martedì è solo l’ultima di un lungo elenco che vede l’azienda dei social media sul banco degli imputati per problemi insorti in bambini e adolescenti. A partire dalle dichiarazioni di Frances Haugen, whistleblower che nel 2021 ha rivelato al mondo i segreti della piattaforma. L’ex data scientist di Facebook accusò la società di mettere il profitto davanti alle questioni etiche. In particolare la Haugen aveva divulgato studi interni che mostravano che Instagram peggiorava i problemi di percezione del corpo di alcune ragazze adolescenti, dimostrando che l’azienda era al corrente delle storture del suo social più usato dalle giovani generazioni. Rivelazioni, menzionate nella causa, che sono un macigno scagliato contro un sistema tossico dove il profitto giustifica tutto.

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