Miani: «La via della specializzazione contro la crisi della professione»
di Maria Carla De Cesari
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«Sto pensando di organizzare un’assemblea degli Ordini per affrontare di nuovo il tema delle specializzazioni. Abbiamo fatto tanti incontri sul tema che non si sono conclusi con un voto. Contandoci, la situazione sarebbe più chiara». Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, è pronto a ritentare la strada dell’emendamento per inserire, nello “statuto” della professione la possibilità di specificare, per gli iscritti alla sezione A dell’Albo il titolo di «specialista in...». Passando attraverso un nuovo confronto con le rappresentanze istituzionali. «La previsione delle specializzazioni era uno dei punti principali del nostro programma elettorale e noi siamo stati eletti con i voti del 70% degli Ordini».
C’è chi dice che gran parte della categoria sia contraria, soprattutto rispetto alle modalità individuate per ottenere il titolo di specialista.
È stato diffuso un sondaggio senza specificare a chi è stato somministrato. Mi chiedo quale sia, poi, il grado di conoscenza del progetto da parte degli intervistati. D’altra parte, gli Ordini e il Consiglio nazionale, come avviene nei sistemi rappresentativi, devono prendersi la responsabilità di fare le scelte per le riforme.
Perché le specializzazioni?
Gli elenchi di specialisti si stanno moltiplicando: revisori dei conti, revisori degli enti locali, curatori, professionisti chiamati agli organismi di composizione della crisi. Negli elenchi confluiscono professionisti provenienti da più Ordini, in alcuni casi il presupposto è costituito dai requisiti per l’iscrizione all’Albo, in altri casi, per esempio per i revisori dei conti, no.
Gli Ordini rischiano di diventare inutili?
Se io voglio fare il curatore devo essere iscritto all’elenco, ma alla fine potrei evitare di iscrivermi all’Albo dei commercialisti. Il processo è pericoloso.
Gli oppositori dicono: non siamo contrari alle specializzazioni, ma il sistema deve basarsi su competenze che oggi i commercialisti non hanno.
Chi usa questo argomento è in malafede. Nella nostra proposta non c’è la declinazione degli elenchi. Tutto è rinviato a un decreto del ministero della Giustizia, previo parere del Consiglio nazionale.
Sta dicendo che ci sarà la possibilità di estendere le competenze dei dottori commercialisti?
Ottenere un allargamento delle competenze non è facile. Tuttavia, il decreto 139, il nostro ordinamento, contiene un ambito amplissimo di attività tipiche. Dovremo discutere se scegliere come specializzazioni attività core, come fisco, finanza e controlli, o attività più specifiche.
La previsione di un’anzianità di iscrizione all’Albo per poter ottenere il titolo di specialista non pregiudica i giovani nel posizionamento sul mercato?
Siamo passati dalla previsione di un’anzianità di cinque anni a un requisito di due anni, calcolato sui tempi per il corso di specializzazione. Nel frattempo, verrà acquisita anche un po’ di esperienza.
Specializzati solo gli iscritti della sezione A?
La scelta è per coloro che hanno una laurea specialistica. La differenziazione, in un Albo che non ha esclusive, nasce dal confronto con il ministero della Giustizia.
Specializzati anche coloro che possono provare l’esercizio prevalente dell’attività negli ultimi cinque anni?
Definiremo i criteri per provare la competenza. Pensiamo a commissioni in cui partecipino anche personalità esterne, in modo che ci sia un giudizio serio e imparziale.
La specializzazione si potrà acquisire anche con i corsi delle scuole di alta formazione. Queste si trasformeranno in centri per fare soldi?
Le scuole non svolgono un’attività commerciale, il loro compito non è fare utili, ma organizzare corsi di livello a prezzi contenuti.
Il tema delle specializzazioni ha fatto emergere divisioni profonde nella categoria. Al punto da rimettere in discussione la fusione di dottori commercialisti e ragionieri?
C’è chi vede la professione come adempimenti e chi scommette sulla consulenza. Ma non credo si possa generalizzare e legare gli adempimenti ai ragionieri e la consulenza ai dottori. Certo è che la fusione non ha portato, come ci si aspettava, maggiore forza rispetto alla politica ed è rimasto il tema delle due Casse di previdenza.
È preoccupato sullo stato della professione?
Sì.
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