Miart torna ad aprile ed è un successo di vendite
Ottime vendite, due giovani italiani sugli scudi: Jem Perucchini e Monia Ben Hamouda. L'arte bene rifugio economico e simbolico. I nuovi collezionisti cercano più visibilità
di Nicola Zanella
I punti chiave
5' di lettura
Miart torna nelle tradizionali date di inizio aprile (1-3) dopo l'edizione di settembre 2021 che aveva inaugurato il ritorno delle fiere d'arte in presenza. Sono stati 150 gli espositori provenienti da 21 paesi, suddivisi in varie sezioni. Oltre alla sezione principale, (Established) riservata alle gallerie più consolidate tra arte contemporanea, moderna e design, la sezione Emergent curata da Attilia Fattori Franchini e dedicata alle gallerie più giovani e Decades curata da Alberto Salvadori, ossia la presentazione monografica di un artista per ogni decade del ‘900. La sezione Object non esiste più e le gallerie di design sono integrate in Enstablished, ed espositori come Nilufar e Luisa delle Piane campeggiano giustamente a fianco dei big dell'arte contemporanea visto il ruolo fondamentale che hanno nella formazione del collezionismo meneghino.
Miart , priva dell'aura curatoriale di Artissima o della tradizione nazional popolare di Arte Fiera, ha legato la sua immagine e le sua (buona e cattiva) sorte a Milano, la città che la ospita che quest'anno è in forma smagliante.
Quindi molto di quello che avviene in città si riflette nella fiera: la mostra di Elmegreen & Dragset, “Useless Bodies?” in Fondazione Prada trova un suo avamposto nello stand di Koenig con la scultura in bronzo Kev, offerta a 150.000 euro. La scultura non è ancora andata venduta ma è risultata di gran lunga l'opera più condivisa su Instagram in un parterre espositivo che nel complesso non ha strizzato l'occhio ai social, e chissà che un follower non si trasformi in un compratore. La mostra personale di Miriam Cahn, “Gezeichnet”, da ICA ha trainato gli scambi sulle opere della pittrice in fiera, con vendite fino a 90.000 euro da Meyer Riegger di Berlino. Le fotografie di denuncia sociale della mostra personale di Artur Zmijewski, “quando la paura mangia l'anima”, al PAC si potevano vedere e comprare anche allo stand di Peter Kilchmann (9.000 euro l'una).
E oltre alle mostre non mancano le gallerie estere che Milano l'hanno scelta come sede: Ciaccia Levi ad esempio, che si è detta molto soddisfatta della fiera e nel suo stand ha presentato opere di Amber Andrews, Piotr Makowski, Zoe Williams e Alina Chaiderov in vendita a prezzi dai 4mial agli 8mila euro, ha motivato la scelta dell'avamposto milanese con il fatto che metà del proprio fatturato viene generato dal collezionismo italiano. Presente in fiera anche la prossima galleria ad aprire in città: Michel Rein che già ha sedi a Parigi e Brussels. Il sodalizio tra la città e Miart si vede anche nello sforzo di Fiera Milano nel portare avanti un fondo acquisizione, che quest'anno ha investito 100.000 euro comprando 12 artisti (Mario Airò, Ketuta Alexi-Meskhishvili, Silvia Bächli, Ezio Gribaudo, David Hockney, Micael Höpfner, Elizabeth Jaeger, Birgit Jurgenssen, Iva Lulashi, Margherita Moscardini, Joanna Piotowska, Kazuyuki Takezaki), che vanno ad aggiungersi a quelli dei partner: Il Premio Herno, del valore di 10.000 euro, viene assegnato alla galleria con il miglior progetto espositivo e quest'anno è andato alla galleria Corvi-Mora di Londra, ha portato opere di Sam Bakewell, Dee Ferris e Jem Perucchini nella sezione Established. Il premio di 4.000 euro di LCA per Emergent l'ha vinto Sans Titre (2016) di Parigi che ha dedicato lo stand ad Alicia Adamerovich ed Ezio Gribaudo, e il nuovo premio Covivio che prevede la produzione di un'opera fino a 20.000 euro è stato assegnato a Pamela Diamante della galleria Gilda Lavia, anche lei con una mostra in città: “stato di flusso” alla Fondazione Arnaldo Pomodoro.
Questi sono solo alcuni esempi dei dialoghi e dei rimbalzi tra la fiera e la città, un'armonia creata anche grazie al nuovo assessore alla cultura Tommaso Sacchi e al nuovo team di Miart che ha visto innesti importanti.
Le tendenze
La fiera è un macrocosmo, che racchiude un'infinità di micro avvenimenti apparentemente poco rilevanti ma invece importanti per capire la situazione attuale, eccone qualche esempio:Jem Perucchini e Monia Ben Hamouda, sono due giovani artisti italiani, entrambi afrodiscendenti e con uno stile molto personale e stratificato in cui l'intreccio di culture diverse emerge naturalmente, entrambi hanno debuttato a Miart nello stand di due gallerie internazionali (unici tra i giovani italiani), riscuotendo grande successo. Il primo nello stand di Corvi-Mora, ha presentato un'installazione pittorica subito venduta a 18.000 euro e che ha fatto parlare a molti di capolavoro. La seconda era presente con varie opere e prezzi fino a 8.000 euro, nello stand di CherLudde, galleria nota per saper lanciare giovani talenti. I suoi lavori colorati ed evocativi sono andati sold out, una delle acquisizioni è stata fatta da Mauro Mattei.
Miart ha cercato di invitare il collezionismo ad essere fluido, ad uscire dai propri soliti schemi stimolandolo nella scoperta, ad esempio mettendo le gallerie di Emergent all'ingresso, costringendo così anche il più accanito sostenitore di Tornabuoni e Mazzoleni a dare almeno un occhio alle nuove proposte. Fluidità dicevamo, caratteristica distintiva dei giovani collezionisti, non solo per gli acquisti ma anche e soprattutto per l'interpretazione del proprio ruolo. Ecco che il giovane collezionista italianoo, è sempre più spesso anche qualcos'altro: dealer, mecenate, producer, influencer, divulgatore, cercando di avere un impatto sul sistema che vada oltre il proprio contributo economico. Giulio Raffaele, 35enne di base a Milano, ha comprato un dipinto di Thomas Berra (1.000-6.500 euro da UNA) se il suo impatto sul mercato è contenuto, più rilevante è l'attivismo come divulgatore social e finanziatore di progetti con il suo alter ego virtuale Silentartexplorer raccontando la tendenza di una generazione che spesso ha più followers che euro. I collezionisti non sono mancati, moltissime le vendite per le opere sotto i 10.000 euro con un attimo contributo anche da parte dei “compratori occasionali” che hanno affiancato i nomi più noti: Angela Missoni, Mauro de Iorio, Patrizia Sandretto, l'estetista cinica, Marcelo Burlon, Marval Collection, Luca Bombassei e Massimo Giorgetti giusto per citarne alcuni. Meno copiosa la presenza dei collezionisti stranieri in fiera, registrati nel programma Vip ma forse distratti dall'ampissima offerta artistica della città: attrarre grandi compratori dall'estero è uno degli obiettivi del direttore Nicola Ricciardi, che tra l'altro ha acquisito un'opera da una galleria estera nella sezione Established; su cosa puntare, ce lo dice Ricciardi stesso:“due sono i punti di forza e allo stesso tempo distintivi di Miart, l'unione tra Moderno e Contemporaneo che permette un'offerta più ampia ed articolata e la città stessa che quest'anno ha unito le forze offrendo una proposta di mostre di caratura mondiale”.
Conclusioni
Una guerra alle nostre porte, un'inflazione che erode i risparmi, quegli stessi risparmi accumulati in due anni di pandemia con i consumi a picco, il bisogno di un rifugio simbolico - oltre che economico - in un'agenda mediatica catastrofista, il ruolo sempre più centrale della propria casa nella sfera pubblica, hanno stimolato gli acquisti di arte anche di chi, un vero e proprio collezionista non è. A Miart non c'erano ne Pinault ne Arnault, ma centinaia di Mario Rossi non ne hanno fatto sentire la mancanza.
Ha collaborato Silvia Anna Barrilà
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