ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’intervista

Miceli:«Più formazione sul campo per l’inserimento dei giovani architetti»

di Margherita Ceci

Francesco Micheli

2' di lettura

Francesco Miceli, presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori (Cnappc): la professione è davvero in crisi?

Io credo che sia ancora attrattiva: abbiamo un lieve ma costante aumento degli iscritti all’Albo, anche se di molto ridotto rispetto a diversi anni fa. C’è tuttavia un problema di accesso alla professione dovuto in parte allo scarso legame tra il percorso universitario e la realtà professionale. Abbiamo una scuola di architettura che dà una preparazione di ottima qualità – questo lo dicono i nostri grandi architetti che insegnano all’estero e si accorgono della preparazione nettamente superiore dei nostri giovani –, ma manca la fase di traghettamento dalla conoscenza tecnico-culturale al mondo del lavoro.

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Un gap colmabile dalla laurea abilitante?

La riforma aiuterebbe sicuramente. Da tempo abbiamo attivato i rapporti con il Ministero e credo, spero, che in autunno escano i criteri attuativi della legge. È importante che i giovani apprendano conoscenze relative alle problematiche dell’esercizio della professione già nel periodo universitario. Ora molti fanno l’esame di Stato e poi invece di iscriversi all’Albo e aprire la partita Iva si fermano lì, in attesa di vedere cosa offre il mercato e cosa possono fare.

Perché?

Un giovane che si affaccia al mondo del lavoro si trova in una realtà che non conosce, ha difficoltà con la partita Iva, non sa che strade può percorrere. Per questo c’è anche un tema di formazione, l’Ordine dovrebbe attivare percorsi ad hoc dedicati ai giovani. Abbiamo già iniziato, ma vanno resi strutturali. Prenda le società tra professionisti: sono essenziali oggi ma poco note. Ecco perché serve un sistema formativo che spieghi l’esistenza di queste possibilità, dei vari meccanismi di inserimento nel mercato del lavoro.

In Italia come siamo messi a Stp?

Male, abbiamo 1,7 addetti per studio professionale: in pratica studi monocellulari. E questo non risponde alle esigenze del mercato. Il progetto ormai è una cosa complessa, ha bisogno di competenze interdisciplinari notevoli; con la costituzione di Stp si ha un aumento della produzione e dei risultati economici. Per questo dobbiamo incentivare le forme di aggregazione, spingere i giovani che si affacciano al mercato del lavoro a mettersi insieme. Allo scopo sono ora in discussione al Parlamento alcune delle nostre proposte, come agevolazioni fiscali e premialità.

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