Migranti, i colossi tech in appello contro Trump. Senza Tesla e Amazon
di Biagio Simonetta
2' di lettura
Dalle parole ai fatti. Contro il famigerato “muslim ban” firmato dal neo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si schiera compatto l'intero mondo tecnologico americano. E stavolta non lo fa con le dichiarazioni di rito (che pur ci sono state qualche giorno fa). I colossi tech californiani e un sostanzioso numero di altre aziende (97 in tutto) hanno firmato un documento presentato alla Corte d'Appello della California. Si tratta di un sostegno formale all'azione legale avviata dallo Stato di Washington. Cinquantatré pagine nelle quali vengono descritte, in modo analitico, le conseguenze che il decreto anti-immigrati di Trump può produrre. Un impatto devastante, secondo i sostenitori dell'appello, sul business degli Stati Uniti d'America.
Fra i firmatari del documento depositato domenica sera ci sono Google, Facebook, Microsoft, Apple, Netflix, Airbnb, Uber, Dropbox, eBay, Intel, Kickstarter, LinkedIn, Snap, Spotify e Twitter. Il fiore all'occhiello dell'economia statunitense, insomma. Anche se non può passare inosservata l'assenza di Tesla e Amazon.
L’ordine esecutivo, è scritto nel documento, «infligge un danno significativo agli affari americani, all'innovazione e alla crescita che ne consegue» e del resto, gli immigrati «sono tra i più autorevoli imprenditori, politici, artisti e filantropi». I 97 firmatari sostengono che «l'esperienza e l'energia delle persone che sono venute nel nostro Paese in cerca di una vita migliore per se stessi e per i propri figli sono intrecciate nel tessuto sociale, politico ed economico della nostra nazione. Gli immigrati e i loro figli hanno fondato oltre 200 delle aziende nella classifica Fortune 500, tra cui Apple, Kraft, Ford, General Electric, AT&T, Google, McDonald's, Boeing e Disney». I firmatari del documento hanno messo a disposizione i loro uffici legali.
Musk e Bezos non firmano
L'assenza di Tesla e Amazon nell'elenco dei 97 firmatari è abbastanza evidente. Jeff Bezos, boss del colosso dell'eCommerce, in una email inviata ai suoi dipendenti qualche giorno fa, ha condannato fortemente il muslim ban di Trump, mettendo a disposizione dei dipendenti colpiti dal decreto «tutte le risorse di Amazon».
«Siamo una nazione di immigrati– aveva scritto Bezos - i cui background diversi, idee e punti di vista ci hanno aiutato a costruire e inventare come nazione per oltre 240 anni. Nessuna nazione meglio della nostra sa valorizzare le energie e i talenti degli immigrati. È un vantaggio competitivo distintivo per il nostro Paese che non dobbiamo indebolire».
Nel ricorso alla Corte d'Appello dei 97, Amazon però non c'è. Come non c'è Musk. L'assenza di Tesla, in realtà, fa più rumore, perché proprio il CEO, Elon Musk, fa parte del comitato consultivo nominato da Trump. Lo stesso comitato da cui, nei giorni scorsi, si è dimesso Travis Kalanick, CEO di Uber, dopo l'ondata di polemiche e proteste che aveva investito la sua società a seguito del decreto anti immigrati.
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