il rapporto

Migranti, gare d’appalto carenti per i centri di accoglienza straordinaria

di Andrea Gagliardi

(EPA)

6' di lettura

Sono soltanto 16 i bandi di gara indetti dalle Prefetture per l’apertura e la gestione dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) per i richiedenti asilo che raggiungono la sufficienza, mentre 64 risultano carenti e 21 molto carenti. Su un totale di 101 gare d’appalto sono 85 le gare d’appalo “bocciate”. Gare d’appalto che mediamente sono caratterizzate da forti ritardi burocratici, con una media nazionale di quasi due mesi. Ritardi che pesano sulle casse dello Stato e che rendono troppo spesso necessarie proroghe tecniche delle passate aggiudicazioni. Sono questi alcuni dei dati inediti presentati oggi a Roma dalla In Migrazione (Cooperativa sociale impegnata nell’accoglienza dei migranti) con il primo rapporto sui Centri di accoglienza straordinaria attivati dalle Prefetture sul territorio nazionale.

Una situazione rilevata sui bandi di gara per l’apertura dei 178.338 posti per ospitare richiedenti asilo nei Cas in tutta Italia, che rappresentano oltre il 90% della complessiva capacità della “prima accoglienza”. Non mancano esempi virtuosi e in controtendenza, che dimostrano come la “prima accoglienza” possa essere efficace e di qualità. Sul podio della ricerca i bandi delle Prefetture di Rieti, Siena e Ravenna. A Cosenza, Crotone e Firenze invece i bandi più carenti.

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Il ruolo dei bandi
Con il rapporto “Straordinaria Accoglienza” In Migrazione ha “passato al setaccio” tutti i bandi che le Prefetture hanno pubblicato per l’apertura e la gestione Cas. «La scelta inedita di analizzare il sistema di prima accoglienza partendo dai bandi pubblici – spiega Simone Andreotti, presidente di In Migrazione - nasce dalla convinzione che nei capitolati e nei disciplinari delle gare ci deve essere l'anima dei Cas. È nei bandi che si trovano le regole del gioco per i gestori privati, che - continua Andreotti - più sono definite e tanto più accrescono l’efficacia dei controlli e, in caso d’inadempienza, la possibilità di applicare penali o rescindere convenzioni».

BANDI E STANZIAMENTI
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LA VALUTAZIONE DEI BANDI ESAMINATI
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Come funzionano i Cas
I centri di accoglienza straordinaria (Cas), gestiti dalle prefetture, avrebbero dovuto rappresentare l’eccezione. Ma superano invece di gran lunga il numero dei centri Sprar (il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestito dagli enti locali detentore di un'assistenza più qualificata) che al contrario avrebbero dovuto rappresentare la regola. Con i bandi di gara sono valutate tutte le offerte di posti letto, anche quelle che provengono da cooperative, albergatori o soggetti privati. E dato che questa accoglienza deve costare non più di 35 euro al giornoper persona si tratta di strutture che in genere offrono servizi essenziali: pulizia, vitto, beni di prima necessità (lenzuola, vestiti ecc.); mediazione linguistica e culturale, una tessera di ricarica telefonica all'arrivo. Ai migranti spetta solo un pocket money di 2,50 euro al giorno.

Le dimensioni eccessive delle strutture
In base al rapporto di In Migrazione, in tutta Italia sono stati complessivamente messi a bando dalle Prefetture quasi 180 mila posti nei Centri di accoglienza straordinaria. Se in termini assoluti a ospitare più richiedenti asilo nei Cas sono la Lombardia (27.131 posti messi a bando), la Campania (17.500) e il Lazio (16.449), in rapporto ai residenti queste Regioni ospitano appena 3 richiedenti ogni 1.000 residenti. Ma i centri troppo spesso ospitano un numero eccessivo di persone, con conseguenze negative sulla qualità dell’accoglienza e sul rapporto con la comunità ospitante. Una delle principali criticità evidenziate nella ricerca sono proprio le dimensioni delle strutture. Soltanto in poco più di una gara di appalto su quattro viene stabilito un limite inferiore ai 60 ospiti per centro di accoglienza. Nel 68% dei casi, invece viene invece data la possibilità di aprire Centri con una capacità ricettiva tra gli 80 e i 300 utenti (in alcuni casi anche superiore).

Le carenze rilevate
Anche sulla quantità e la qualità dei servizi alla persona e per l’integrazione nei bandi di gara pubblicati dalle Prefetture si evidenzia un’altra forte carenza: oltre il 60% non raggiunge la sufficienza su questo aspetto. Sono in particolare l’orientamento e il supporto legale per la domanda di protezione internazionale (negativa valutazione in 89 bandi su 101), l’insegnamento dell'italiano (83/101) e la mediazione linguistica e culturale (76/101), i servizi su cui è stata rilevata una maggiore e preoccupante carenza. Carente, anche se sensibilmente migliore, la situazione per i servizi connessi al lavoro, al volontariato (solo il 49% positivo) e i servizi di assistenza psicologica e sociale (57% negativo). Nettamente migliore è la situazione per quanto concerne l'assistenza sanitaria, considerata positivamente in 85 bandi sui 101 analizzati.

Soltanto nel 36% dei bandi la professionalità delle équipe chiamate a gestire i Cas porta alla maturazione di specifici punteggi incidendo sulla graduatoria finale e, quindi, sull'assegnazione del servizio di accoglienza. Tra i servizi minimi richiesti solo 20 Prefetture su 101 hanno definito nei rispettivi bandi la formazione specialistica e l’aggiornamento e la supervisione per gli operatori dell’accoglienza. «La qualità e la quantità dei servizi alla persona e per l'integrazione garantiti ai richiedenti asilo nei Cas – aggiunge Andreotti - sono lo spartiacque tra strutture gestite con una logica assistenzialista, dove le persone accolte restano in uno stato di inattività e passività, e strutture dove la proposta di gestione positiva progettuale del tempo sostiene gli ospiti nel percorso per la riconquista di un'autonomia nel nostro Paese all'insegna della legalità».

Gli esempi virtuosi di Rieti, Siena e Ravenna
La ricerca rileva un quadro complessivamente critico, caratterizzato da realtà estremamente diverse tra una Prefettura e l’altra, che evidenzia una carenza di indirizzo nella governance dell’accoglienza straordinaria da parte del Ministero dell'Interno. Non mancano però realtà innovative. Ai primi posti della classifica stilata con la ricerca le Prefetture di Rieti, Siena e Ravenna. Rieti, ad esempio, ha stimolato fortemente la modalità dell'accoglienza diffusa in appartamenti e ha imposto un limite massimo di 30 ospiti nelle strutture collettive. Oltre a valorizzare esplicitamente la necessità da parte dei concorrenti di mettere in campo personale specializzato nella relazione d'aiuto a richiedenti asilo. Situazione simile a Siena, che ha scelto di porre un limite massimo di 40 ospiti per ogni Cas. La Prefettura di Ravenna ha posto un limite massimo di 25 ospiti. Ottima la valutazione sulla specializzazione del personale richiesto ai concorrenti e molto dettagliati e stringenti i servizi alla persona e per l’integrazione minimi da garantire.

Ai richiedenti asilo solo 2,50 euro al giorno
Complessivamente per il 2018 sono stati impegnati nei bandi per l’apertura e la gestione dei Cas, fondi pubblici per oltre 2 miliardi di euro. «Il vero risparmio – spiega Andreotti - si fa migliorando l’accoglienza straordinaria e non abbassando il pro-die pro capite dei famosi 35 euro per finanziare i Centri. Un importo troppo basso non può che abbassare il livello qualitativo, per effetto del necessario taglio dei servizi per l’integrazione e porterebbe a stimolare ancora una volta strutture di grandi dimensioni, che in virtù delle economie di scala possono arrivare ad una sostenibilità economica». Contrariamente a ciò che ancora troppo spesso si crede, dei 35 € ci costo medio per persona al giorno per l'accoglienza straordinaria dei richiedenti asilo, soltanto 2,50 € vanno direttamente alle persone accolte. Il restante, ovvero oltre il 92% del finanziamento, viene usato dal privato che gestisce i Cas. Fondi pubblici che vengono spesi per l’accoglienza, divisi in: 15 euro per i costi del personale, 11,27 euro per la
fornitura dei pasti, 0,39 euro per i costi per la pulizia e l'igiene ambientale, 4,14 euro per costi fornitura di beni come vestiario, lenzuola, coperte.

Le ricadute occupazionali
Un dato evidente se si pensa che l’accoglienza straordinaria porta (o dovrebbe portare quando ben gestita) a quasi 1 miliardo di euro in tutta Italia per creare direttamente nuovi posti di lavoro, senza contare un indotto stimabile in un altro miliardo di euro ogni anno. Solo le spese per il personale direttamente connesso all'accoglienza straordinaria possono creare in Italia, escludendo l’indotto, oltre 36.000 posti di lavoro qualificati. «Ancora una volta – sottolinea Andreotti - il miglioramento delle condizioni della vita di chi è ospitato porta ad un miglioramento anche per la società ospitante». Tanto meglio viene gestito un Centro di Accoglienza Straordinaria, tanto maggiori sono i benefici per l'economia dei territori

Le modifiche da apportare
La ricerca si conclude con alcuni suggerimenti per passare a un approccio innovativo e «diametralmente opposto» a quello usato dal Ministero dell'Interno lo scorso anno con il decreto con cui è stato approvato lo schema di capitolato per la gestione dei centri di accoglienza, nonché i criteri per l'aggiudicazione dell'appalto. Tra questi l’abbandono del sistema fisso dei 35 € di “pro die pro capite” per la gestione dei centri, con diversificazioni a seconda delle dimensioni: «se ci si propone di aprire una struttura più grande, il finanziamento deve essere inferiore ai 35 euro - si legge nel rapporto - se ci si propone di aprire un progetto d'accoglienza diffusa in appartamenti, deve essere superiore».

Controlli da potenziare
Vanno inoltre potenziati gli strumenti delle Prefetture per gestire meglio l'accoglienza: dalle gare di appalto all'opera di monitoraggio e controllo sui centri, sino alla rendicontazione puntuale delle spese sostenute dai gestori. Va stimolata e incentivata l’apertura di centri di accoglienza di piccole dimensioni inseriti nel tessuto sociale del territorio. E vanno «ridefiniti i servizi minimi da garantire nei Cas, le dotazioni minime di personale e i criteri di valutazione delle offerte tecniche dei bandi da indire sul territorio a partire dalle realtà più virtuose, abbandonando il modello Grandi centri governativi.

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