Salvini contro la Ue sui migranti ma Macron ribadisce: «Approdo nel porto più vicino»
Oggi i ministri dell’Interno Ue si sono riunini in Francia per discutere di migranti, sbarchi e distribuzione. Il vicepremier italiano, assente, dice: «Non prendiamo ordini da Macron»
di Alberto Magnani
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Il vicepremier Matteo Salvini ha inaugurato la settimana con l’attacco a uno dei suoi bersagli privilegiati, le organizzazioni non governative: «Nave norvegese di Ong francese in avvicinamento - ha scritto il leader leghista su Twitter - se qualcuno pensa di aiutare scafisti o infrangere leggi, stia ben attento perché non staremo fermi». Ma da Parigi, dove si è svolta la riunione dei ministri dell’interno Ue a cui Salvini non ha partecipato, Emmanuel Macron ha detto la sua: «Quando una nave lascia le acque della Libia e si trova in acque internazionali con rifugiati a bordo deve trovare rifugio nel porto più vicino. È una necessità giuridica e pratica. Non si possono far correre rischi a donne e uomini in situazioni di vulnerabilità».
A Salvini e agli altri assenti Macron fa sapere che «non si guadagna ma nulla non partecipando», ma il ministro leghista è convinto che la riunione sia in realtà stata «un flop», e comunque precisa che «noi non prendiamo ordini da Macron».
Con una lettera inviata al suo omologo francese, il ministro dell’Interno Cristophe Castaner,il leader leghista aveva annunciato la sua assenza al tavolo parigino con i colleghi Ue. A fare le sue veci una «delegazione tecnica», incaricata di «muoversi esclusivamente nel perimetro delineato» dal leader del Carroccio.
Ufficialmente, viene spiegato nella stessa lettera, Salvini non parteciperà alla riunione del 22 luglio in segno di protesta contro il fatto che la linea sposata da Parigi e Berlino (in sintesi, far sbarcare i migranti nel porto vicino più sicuro) non tenga in considerazione la bozza di riforma presentata dal tandem Italia-Malta in occasione della riunione informale dei ministri degli Interni e della Giustizia dell'Ue del 18 luglio a Helsinki. Una proposta che si scontra con il piano, di tenore ben diverso, firmato da Roma e La Valletta nello stesso appuntamento: fra le proposte un meccanismo europeo di rimpatri, l’istituzione di centri di accoglienza in tutti i paesi, ridistribuzione dei migranti e, sopratutto, «revisione delle regole del search and rescue» e l’obbligo per le Ong di agire «nel pieno rispetto del quadro giuridico internazionale e delle legislazioni nazionali».
Nei fatti la defezione del primo ministro italiano sembra una questione più di routine che di strappi diplomatici. Salvini e la Lega hanno una lunga tradizione di assenze e rinvii quando si tratta di parlare di migranti nell’unica sede intitolata a modificare la legislazione di Bruxelles in materia. L’Europa, appunto.
Quelle 22 assenze alle riunioni per riformare Dublino
Nella scorsa legislatura del Parlamento Ue, dove Salvini ha ricoperto la carica di eurodeputato dal 1 luglio 2014 al 22 marzo 2018, la Lega avrebbe avuto diverse chance di intervenire sulla questione migratoria. Non è andata così. Il dato più eclatante, mai smentito dal Carroccio, è che nessun rappresentante della Lega ha mai preso parte alle 22 riunioni negoziali del Parlamento per una riforma del regolamento di Dublino. La revisione era stata proposta dalla Commissione, l’unico organismo intitolato alla iniziativa legislativa, per poi passare - come di prassi - al vaglio di una commissione di parlamentari Ue. Uno fra gli emendamenti proposti dal Parlamento era l'eliminazione del principio di prima accoglienza: la regola che obbliga a inoltrare la domanda di asilo nel paese di primo approdo, anche se l’obiettivo è di migrare altrove in un secondo momento.
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In teoria si sarebbe trattato dello stesso obiettivo indicato dal governo Lega-Cinque stelle, fin dal «contratto di governo» siglato in occasione dell’alleanza dell’esecutivo: «Il rispetto del principio di equa ripartizione delle responsabilità sancito dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - si leggeva nel testo - deve essere garantito attraverso il ricollocamento obbligatorio e automatico dei richiedenti asilo tra gli stati membri dell'Unione europea, in base a parametri oggettivi e quantificabili». Comunque sia, la questione è rimasta in sospeso ancora per poco: la riforma, approvata dal Parlamento con l’astensione della Lega e il no dei Cinque stelle, è naufragata in definitiva fra le ostilità dei leader europei. Fra i paesi a remare contro proprio l’Italia, allineata con il cosiddetto blocco Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria) nel contrasto al principio di «ridistribuzione». Cioè la stessa soluzione invocata dal governo quando richiama alla solidarietà gli altri paesi europei.
Sovranisti più forti, ma la strada è in salita
Va detto che le defezioni di Salvini e del suo partito si riferiscono, per lo più, alla legislatura appena terminata a Bruxelles. La potenza di fuoco della Lega e dei suoi alleati dovrebbe aumentare tra il 2019 e il 2024, grazie a numeri ben più significativi di quelli dello scorso quinquennio. Il Carroccio è passato da cinque a 28 deputati e traina, con la sua delegazione, la formazione sovranista di Identità e democrazia (73 seggi, un decimo dell’Eurocamera). Il problema, però, è distinguere gli annunci dall’incidenza effettiva nel processo di rifoma del regolamento di Dublino.
David Sassoli e Ursula von der Leyen, neoeletti rispettivamente alle cariche di presidente del Parlamento e della Commissione Ue , hanno indicato fra le proprie priorità il superamento del regolamento di Dublino, in un’ottica di maggiore cooperazione fra paesi membri. Sassoli appartiene al gruppo dei Socialisti&Democratici e von der Leyen a quello del Partito popolare europeo, due famiglie che trovato una posizione di convergenza su una revisione simile a quella proposta dal Parlamento (e affossata dagli Stati membri). Identità e democrazia si è schierata apertamente contro entrambi, bocciandone (anche) la linea sul superamento della legislazione europea in materia migratoria.
Bisogna solo capire se l’opposizione leghista abbia qualche margine per incidere davvero nel caso di una riforma che passi per il voto dell’Eurocamera. Popolari e Socialisti, con tutte le proprie debolezze, cumulano comunque 336 seggi. Una cifra che sale 464 se si conteggiano i liberali di Renew Europe, affini a socialisti e popolari sulla questione migratoria. Si parla di oltre sei volte i voti raggiungibili dai sovranisti in solitaria, sempre che gli obiettivi di riforma di Salvini siano davvero discutibili in sede europea (o discutibili del tutto). A quanto si apprende dalla missiva di Salvini, l’obiettivo della Lega sarebbe un superamento di Dublino che rimetta in discussione le regole del search and rescue, il meccanismo di ricerca e salvataggio disciplinato dalla Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo siglata ad Amburgo nel 1979.
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