regolamento di dublino

Migranti, tutti contro tutti in Europa. E l’Italia guarda a Orban

di Alberto Magnani

Migranti, Salvini: "La pacchia e' strafinita"

3' di lettura

Alla fine la battuta di Jean Asselborn, ministro degli esteri del Lussemburgo, si è rivelata profetica: «Per Pasqua avremo un compromesso sulla riforma di Dublino. Ma non so di quale anno». Oggi, al consiglio degli Affari interni in corso a Lussemburgo, si è assistito all’ennesima frattura sulla riforma di Dublino III: il sistema di asilo dell'Unione europea, in via di aggiornamento per distribuire «in maniera più equa» il carico migratorio fra i vari paesi Ue. Sette paesi (Italia, Spagna, Austria, Romania, Ungheria, Slovenia e Slovacchia) hanno bocciato la proposta. In tre (Estonia, Polonia, Regno Unito) si sono astenuti. I restanti 18 hanno lasciato aperti spiragli di negoziazione, con qualche sorpresa: nell'elenco compaiono anche Grecia, Malta e Cipro, con una scelta di campo che rischia di spaccare il “fronte mediterraneo” di opposizione alle politiche migratorie della Ue.

Come si è arrivati fin qui?
Ricapitolando: Dublino III (604/2013) è il regolamento europeo che disciplina l'accoglienza dei richiedenti asilo in Europa, figlio di un precedente testo (Dublino II, entrato in vigore nel 2003 e sua volta ispirato da una convenzione firmata nel 1990). Il regolamento stabilisce, fra le altre cose, che la richiesta di asilo debba essere gestita nel paese di primo arrivo: un principio diventato insostenibile negli anni di picchi dei flussi migratori, soprattutto per i paesi più esposti alle rotte del Mediterraneo come Italia e Grecia. Da qui il tentativo di riforma verso un regolamento aggiornato, «Dublino IV», presentato per la prima volta nel 2016.

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Da allora sono passati quasi due anni e cinque presidenze del Consiglio Ue, ma i negoziati non riescono a sbloccarsi. C'è il sì dell'Europarlamento, mentre il Consiglio Ue resta troppo frammentato. Il paese che ne detiene la presidenza di turno, la Bulgaria, ha tentato di offrire un compromesso. La proposta bulgara aumenta il grado di responsabilità dei paesi (obbligati a gestire un richiedente asilo per almeno otto anni), salvo alleggerire di molto la solidarietà (gli altri paesi si dovrebbero prendere in carico i migranti solo quando altrove si è raggiunto un “sovraccarico” del 180%, pagando una penale di 30mila euro per ogni richiedente asilo respinto). Ha funzionato? A quanto pare, no. Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna avevano già risposto con un paper dove contestavano la proposta bulgara, chiedendo ad esempio di abbreviare il periodo di responsabilità da otto a due anni. La bocciatura di oggi sembra porre una parola definitiva, o comunque dilatare i tempi ben oltre la speranza di un'intesa a fine giugno.

Quali sono le posizioni?
In origine si parlava di un muro contro muro fra Europa del Nord ed Europa del Sud. Da un lato Germania, Paesi Bassi e paesi scandinavi, favorevoli alla riforma di Dublino e, in generale, alle politiche migratorie della Ue. Dall'altro Italia, Grecia e colleghi del Sud Europa, penalizzati da un sistema che rischia di sovraccaricarne i confini. Nel frattempo, però, l'ascesa dei populismi e del blocco dell'Est Europa ha rimescolato le carte in tavola, fino a provocare una divisione in due fazioni più articolate: a) un'asse dell'Europa centro-orientale che respinge in blocco il disegno di Dublino, capeggiata da Viktor Orban (Ungheria), Sebastian Kurz (Austria) e Matteo Salvini (Italia) accanto ai leader di Romania, Slovenia e Slovacchia; b) l'asse dei paesi dell'Europa del centro-nord, disponibile al negoziato, con l'adesione a sorpresa di Grecia, Malta e Cipro. In questo caso il timone avrebbe dovuto essere nelle mani della Germania, ma la posizione di Berlino si è sfumata fino a diventare più titubante che aperta alla riforma. Angela Merkel ha invitato a «aspettare qualche settimana», mentre il suo segretario di Stato Stephan Mayer ha saputo essere più netto: «Per come è attualmente, non accettiamo la riforma». La decisione passa al presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, ma è improbabile che le trattative portino in qualche direzione sul breve termine.

E Viktor Orban? Perché è così influente?
Orban guida il blocco dei paesi dell'Est che guarda con scetticismo all'Europa e, soprattutto, alle sue politiche di accoglienza. Ungheria e Polonia si erano già “distinte” ai tempi della crisi migratoria del 2015 per un atteggiamento di totale chiusura. Ora la crescita continentale di movimenti di destra populista, dall'Italia alla Slovenia, lo sta eleggendo come leader della fronda di paesi che contesta l'Europa di Schengen. Le maggiori sintonie sono emerse con il giovanissimo cancelliere austriaco Sebastian Kurz (32 anni, artefice della svolta anti-immigrazione di Vienna) e, appunto, il ministro dell'Interno italiano Matteo Salvini. Il segretario del Carroccio ha dichiarato che «cambierà le regole dell'Europa» insieme al presidente ungherese. Non è chiaro come. Ma la spaccatura di oggi lo rende più verosimile.

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