Vertice europeo bloccato da Ungheria e Polonia sull’immigrazione: tema escluso dalle conclusioni
Il tema verrà ripreso oggi dai capi di Stato e di governo, in una seconda giornata di lavori dedicata principalmente ai rapporti con la Cina.
dal nostro corrispondente Beda Romano
3' di lettura
Bruxelles - L’Ungheria e la Polonia hanno dato battaglia nella prima giornata di un vertice europeo di due giorni che terminerà oggi, venerdì 30 giugno. Entrambi i paesi hanno bloccato l'approvazione delle conclusioni del summit dedicate all'immigrazione. La loro posizione è giunta dopo che due settimane fa i due paesi hanno votato contro un progetto di legge presentato dalla Commissione europea, senza però riuscire a bloccarne il benestare da parte del Consiglio.
Secondo le informazioni trapelate nella notte a margine del vertice, il tema immigrazione verrà ripreso oggi dai capi di Stato e di governo, in una seconda giornata di lavori dedicata principalmente ai rapporti con la Cina. L'atteggiamento di Budapest e Varsavia non ha sorpreso gli osservatori qui a Bruxelles. Il premier ungherese Viktor Orbán aveva iniziato la riunione pubblicando sulle reti sociali numerose dichiarazioni di netta critica ad alcune scelte decise nelle ultime settimane.
Più fondi per l’immigrazione
Oltre al pacchetto immigrazione su cui il Consiglio si è espresso due settimane fa, approvando una posizione negoziale da usare nelle prossime trattative con il Parlamento, seguendo il tradizionale iter legislativo comunitario, la Commissione europea ha presentato la settimana scorsa un progetto di modifica del bilancio comunitario 2021-2027, in cui ha proposto di aumentare non poco la spesa nel campo delicatissimo dell'immigrazione (si veda anche Il Sole 24 Ore del 21 giugno).
«Non è accettabile che Bruxelles voglia dare 50 miliardi di euro di aiuti aggiuntivi all’Ucraina, mentre non sappiamo nulla sull'uso dei fondi europei inviati dall’inizio della guerra», aveva scritto su Twitter il dirigente ungherese. «Bruxelles chiede nuove risorse agli Stati membri per coprire il deficit nel bilancio comunitario a causa dell'aumento dei tassi di interesse, mentre continua a trattenere i fondi dall’Ungheria e dalla Polonia dal prestito congiunto. Questo è inaccettabile».
Bilancio europeo e posizione ungherese
Aveva proseguito il premier Orbán: «Invece di fermare l'immigrazione illegale, Bruxelles vuole spendere altri miliardi per sistemare i migranti illegali in Europa. Inoltre, la Commissione vorrebbe prendere altri miliardi di euro dagli Stati membri per aumentare gli stipendi degli euroburocrati. È scandaloso!». La posizione ungherese si spiega anche per il fatto che Budapest ancora non ha ricevuto il denaro del Fondo per la Ripresa, per via di questioni aperte sul fronte dello Stato di diritto.
In base all'accordo preliminare raggiunto dai paesi membri in Consiglio a Lussemburgo, gli Stati membri sarebbero obbligati ad accogliere un certo numero di richiedenti l'asilo che arrivano in un Paese dell'Unione europea sotto pressione migratoria o, in caso contrario, a fornire un contributo finanziario equivalente a 20mila euro per ogni rifugiato non ricollocato. L'Italia, che a suo tempo aveva appoggiato l’intesa, cercava stamani di raffreddare le tensioni con Budapest e Varsavia.
Al di là della diatriba sulle nuove regole migratorie, alcuni osservatori imputano l’ostruzionismo polacco ed ungherese al tentativo dei due paesi di strappare il denaro del Fondo per la Ripresa, attualmente congelato per via dei nodi relativi allo Stato di diritto. C'è di più. È possibile (se non probabile?) che dietro al loro atteggiamento i due paesi tentino anche di posizionarsi in vista della prossima difficile trattativa su una revisione del bilancio 2021-2027.
Nel frattempo, ieri i dirigenti politici europei hanno approvato nella notte conclusioni sull'Ucraina. Si sono detti pronti a garantire al paese “impegni a favore della sua sicurezza” sul lungo termine. Spiegava ieri un funzionario europeo: «Si tratta nella sostanza di continuare a fare quello che stiamo già facendo: finanziare armamenti attraverso lo Strumento europeo di Pace; addestrare personale militare; e, se e quando ci saranno le condizioni, eventualmente pensare a una missione sul posto».
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