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Milan-Elliot: perché è necessario fugare i dubbi su assetto societario e proprietà

Dopo le anticipazioni di «Report» si torna a discutere dei rapporti di forza tra Elliot e i finanzieri D'Avanzo e Cerchione nella piramide societaria offshore che controlla il Milan

di Marco Bellinazzo

(ANSA)

3' di lettura

La struttura proprietaria del Milan è tutto sommato semplice da ricostruire nella sua complessità. Ciò non toglie che, tra strutture offshore e aspetti non definiti in via ufficiale, restino diversi dubbi da chiarire. E che andrebbero chiariti nell’interesse della stessa proprietà, delle istituzioni calcistiche e dei tifosi rossoneri. Questi dubbi, a cui “Report” dedicherà un nuovo approfondimento nella puntata che andrà in onda lunedì 16 novembre, peraltro affondano le loro radici nella nebulosa acquisizione di Mister Li su cui la Procura di Milano aveva aperto un’indagine oltre due anni fa senza però giungere a significativi risultati.

La proprietà cinese

Nella primavera del 2017, Li Yonghong, imprenditore cinese già alle prese con gravissimi problemi finanziari in patria, riesce ad acquisire attraverso la Rossoneri Sport Investment Luxembourg il Milan di SIlvio Berlusconi per 740 milioni, anche grazie a 300 milioni prestati dal fondo Elliott. Elliot a questo scopo fondò insieme ai finanzieri italiani, Gianluca D'Avanzo e Salvatore Cerchione, la Project Redblack, sempre con sede in Lussemburgo. In seguito a un inadempimento da 30 milioni del cinese Mister Li, nell’estate del 2018 la Project Redblack ha escusso il pegno sulle azioni ed ha assorbito il 100% della Rossoneri Lux che a sua volta ha in pancia il 99% delle azioni del Milan.

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La nuova proprietà Usa-Italia

A capo della filiera societaria rossonera c'è dunque la Project Redblack che ha come soci due veicoli della galassia Elliot (Genio Investments e King George) e Blue Skye, società di D'Avanzo e Cerchione. I due finanzieri italiani siedono nel cda del Milan con deleghe non secondarie e come detto hanno avuto un ruolo centrale nel passaggio del club da Mister Li a Elliot. Ora, com’è composto il capitale della Project Redblack? E in definitiva chi comanda nel Milan? Dopo le anticipazioni di Report fonti di Elliot hanno fatto sapere ai media in via ufficiosa (ma non si capisce perché non lo facciano in via ufficiale) che Elliott controlla attraverso i suoi due veicoli il 95,7% e non a caso ha contribuito al 96% della ricapitalizzazione. Il resto di Project Redblack sarebbe perciò di Blue Skye.

La tipologia di azioni

Il capitale Project è diviso in tre categorie di azioni (A, B e C) tutte con diritti di voto. Ora i due veicoli di Elliot (Genio Investments e King George) possiedono certamente le azioni A che corrispondono all’incirca al 49% del capitale. Blue Skye detiene invece le azioni B (4,26%). Non è, al contrario, del tutto palese a chi appartengano le azioni C che rappresentano il 45,74% del capitale. Il dubbio non è irrilevante in quanto le azioni B e quelle C se messe insieme rappresentano il 51% del capitale. Dunque, se eventualmente appartenessero tutte a Blue Skye si determinerebbe in capo alla società di D'Avanzo e Cerchione la maggioranza assoluta di Project.

L’ipoteca di Elliot

Ecco perché, evitando demonizzazioni, su questo aspetto occorrerebbe la massima trasparenza e le istituzioni calcistiche e non solo (data la procedura del nuovo stadio in corso con il Comune e che vede Milan e Inter come controparti di Palazzo Marino) dovrebbero esigerla. La natura stessa dell'attuale proprietà del Milan è quella di una proprietà transitoria, “finanziaria”, che prima o poi dovrà condurre alla cessione del club a una “proprietà industriale”. Quindi è quasi normale supporre ad esempio che dietro le tante strutture societarie con collocazioni in realtà offshore possa già esserci una presenza di questo tipo. Ma con le supposizioni si alimentano solo le incertezze. E il Milan e il calcio italiano hanno bisogno specie in questa complicatissima fase di assolute certezze. La presenza di Elliot per il Milan (che brucia 10 milioni al mese di norma e che nel bilancio al 30 giugno 2020 anche per l'impatto Covid ha registrato una perdita di circa 200 milioni) è una garanzia per il futuro e il rilancio della società. Gli oltre 600 milioni investiti finora rappresentano un'ipoteca solida. Ma proprio per questo non si dovrebbe dare adito a nessun tipo di sospetto. A partire magari da una catena di controllo più semplice e dislocata in territori tendenzialmente più collaborativi.

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