Milano capitale dello smart working: è previsto in un’azienda su due
di Cristina Casadei
3' di lettura
Non c’è città in Italia che più di Milano sia il simbolo dei mille volti dello smart working. Lo prevede in Italia il 43% delle aziende con almeno 250 lavoratori e di queste quasi una su due è nel capoluogo lombardo, come emerge dall’ultimo rapporto sul Lavoro a Milano, realizzato da Assolombarda, Cgil, Cisl e Uil, sulla base dei dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano. Nelle Pmi questa percentuale si dimezza, ma in totale sono oltre 300mila i lavoratori coinvolti. Si tratta dell’8% della popolazione occupata, una percentuale in costante, seppur contenuta crescita, visto che se andiamo indietro di cinque anni era pari al 5%. Allargando il confronto agli altri paesi europei, anche la Milano del progresso, è ancora lontana dalla media del 18%. Ci superano la Francia con il 25%, la Germania con il 13% e la Spagna con il 12%.
La continua evoluzione del lavoro, anche nei suoi aspetti organizzativi, riporta al centro il tema della formazione. «In particolare alla luce delle nuove competenze richieste dalla trasformazione digitale e da industria 4.0 - dice Mauro Chiassarini, vicepresidente di Assolombarda alle politiche del Lavoro, sicurezza e welfare -. In questa direzione da tempo, insieme con Cgil, Cisl e Uil promuoviamo un’azione comune, certi del fatto che il sistema educativo e quello delle imprese debbano collaborare sempre di più e giocare un ruolo di primo piano nella formazione dei giovani».
C’è un’aria nuova nel mercato del lavoro milanese, se ci guardiamo indietro di pochi anni, o vecchia, se pensiamo al periodo precrisi. Dopo nove anni il tasso di occupazione in Lombardia è infatti tornato sopra il livello precrisi. Nel 2017 il tasso ha raggiunto il 67,3%, superando il valore del 2008 che era pari al 66,9%. Milano, che oggi è al 69,5%, aveva già superato i livelli pre crisi nel 2016, mentre l’Italia (al 58%) non si è ancora riportata su quei livelli. Il rapporto “Il lavoro a Milano”, realizzato da Assolombarda, Cgil, Cisl e Uil, spiega che, rispetto ai livelli del 2008, cresce il numero degli occupati: sono aumentati di 125mila in Lombardia e di 90mila a Milano.
La crescita si caratterizza per due fattori. Il primo è l’occupazione a tempo determinato che determina l’impatto maggiore con il suo +12,3%. La quota degli occupati a tempo determinato in Lombardia è sempre rimasta intorno al 10 per cento, negli anni della crisi, mentre oggi è all’11,3%. Complessivamente, come ha spiegato il vicepresidente di Assolombarda alle politiche del Lavoro, sicurezza e welfare, «l’indagine presenta un quadro del 2017 positivo che vede crescere il numero di imprese sul territorio, +1,4% a Milano e +0,5% a Monza e il numero di occupati: + 37mila rispetto all’anno precedente. Le aziende manifatturiere hanno avuto una leggera flessione, compensata da una diffusa crescita dei servizi». In questo contesto positivo l’elemento che Chiassarini vuole sottolineare riguarda i giovani: «Il tasso di occupazione giovanile è finalmente sceso di 7 punti ma non è bastato a colmare lo squilibrio generazionale che continua a costituire una criticità».
Nella lettura di Massimo Bonini della Cgil si tratta di «una ripresa di basso profilo», mentre da Danilo Galvagni della Cisl arriva l’invito ad «assumere i giovani con contratti veri e non con stage» e Antonio Albrizio della Uil sottolinea che «siamo lontani da dati strutturati che possono far parlare di effettiva ripresa del mercato».
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