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Milano, la Fondazione Castiglioni cambia casa? A rischio gli spazi di piazza Castello

Due le possibili soluzioni: vincolare gli ambienti dello studio-museo milanese oppure trovare una nuova sede e aprire un altro capitolo

di Alexis Paparo

I punti chiave

  • Le due soluzioni possibili
  • Questione di genius loci
  • Il futuro della Fondazione

4' di lettura

All’indomani della design week 2023, una notizia inaspettata: lo studio-museo di Achille Castiglioni potrebbe dover lasciare gli storici locali in piazza Castello 27, a Milano. Il proprietario degli spazi – e di tutto lo stabile – ha chiesto alla Fondazione di liberare, entro gennaio 2024, gli ambienti in cui Achille ha lavorato con il fratello (dal 1962 al 1968) e poi da solo, per oltre 40 anni. Quattro stanze che, dal gennaio 2006 ad oggi, hanno accolto oltre 80mila visitatori fra prototipi, modellini, oggetti, strumenti di progettazione e d’ispirazione di uno dei maestri del design mondiale. E che presumibilmente verrebbero occupati dallo studio legale che si trova già dirimpetto allo studio-museo.

Le due soluzioni possibili

«Inizialmente è stata una doccia fredda», esordisce Giovanna Castiglioni, terzogenita del progettista e vicepresidente della Fondazione, presieduta dal fratello Carlo. Eppure, la sua voce non restituisce l’amarezza che ci si aspetterebbe, quanto piuttosto quel pragmatismo tanto tipico del papà Achille, misto a una sfumatura di entusiasmo che diventa via via più facile da comprendere man mano che la conversazione prosegue. «Non è neanche questione di canone d’affitto, che è triplicato in questi anni e abbiamo sempre pagato senza batter ciglio, ci è stato semplicemente chiesto di andare via. Adesso abbiamo davanti due strade possibili. La prima è rimanere qui, per continuare ad accogliere la comunità del design in un luogo che è un pezzo di storia nazionale e internazionale, un punto di riferimento dal Turkmenistan all’Australia, parte di quella costellazione di piccole realtà come la fondazione Magistretti o Albini che rendono Milano un museo diffuso. Da questo punto di vista, stiamo dialogando con le istituzioni: la sovrintendenza che tutela gli archivi, quella che tutela i luoghi, il comune di Milano e la regione, che vedremo a breve. Tutti hanno risposto in modo rapido: vedremo se salterà fuori un asso nella manica legislativo che vincoli questi spazi. Intanto abbiamo chiesto alla proprietà di rimanere almeno fino a gennaio 2025», prosegue Castiglioni. Il piano B significherebbe invece aprire un nuovo capitolo. «Si tratterebbe di traghettare la Fondazione in un altro luogo, tutto da decidere e da trovare. E noi siamo pronti a metterci in gioco», continua Castiglioni. «Magari una vecchia fabbrica, con una metratura più grande e quel sapore industriale che piaceva al papà. Uno spazio ben servito dai mezzi pubblici, dove continuare a restituire al pubblico l’archivio attraverso mostre temporanee, attività e visite, in modo interattivo come abbiamo sempre fatto. Secondo me entrambe le soluzioni sono bellissime».

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L’ingresso della Fondazione Achille Castiglioni, in piazza Castello 27, a Milano

Questione di genius loci

Castiglioni mantiene viva da vent’anni la memoria e il lavoro del padre in molti modi: oltre alle visite guidate nello studio di piazza Castello, porta in giro i suoi oggetti in conferenze in tutto il mondo – «e questo ha funzionato a Geddah come a Tel Aviv, a New York come in Brasile». Il punto ora è quasi un altro: quanto conta il genius loci? È una domanda che Giovanna Castiglioni pone alla città di Milano, ai visitatori, agli amanti del design, ai lettori. «Questo è un museo atipico: si apre la porta dello studio ed è come se si fosse accolti in una casa. Qui si toccano tutti i pezzi originali, c'è modo di chiacchierare con la figlia, è un tuffo nel privato di Castiglioni, filtrato da storie sul design». Il valore di tutto questo? «Dipende da quanto siamo feticisti, affezionati al parquet su cui ha camminato Achille Castiglioni, oppure se non si avverte una perdita separando gli arredi e tutto il resto da questi ambienti».

Una vista della mostra Fa ballà i man, il Design dei Castiglioni guardato con mano

Il futuro della Fondazione

Che cosa preferirebbe Giovanna? «Il mio lato bambino vorrebbe rimettersi in gioco e portare la fondazione da un’altra parte. Il lato saggio di mio fratello e mio non vorrebbe perdere un pezzo di storia». E che cosa preferirebbe Achille? «Mi sono posta questa domanda e mi sono detta: lui era così proattivo che si sarebbe spostato e basta, avrebbe trovato un altro luogo idoneo, che avesse la possibilità di installare nell’ingresso il famoso specchio a 45 gradi per fare gli scherzi a chi entrava dalla porta. Aveva scelto piazza Castello 27 non perché location di lusso, ma perché strategica per arrivare velocemente in autostrada e poi dalle varie aziende con cui collaborava. In più, non ha lasciato un testamento in cui ci chiedeva di rimanere in piazza Castello, e anche questo ci rende liberi di poter immaginare un nuovo futuro per la Fondazione». Il prossimo passo è inaugurare la mostra Fa ballà i man, il Design dei Castiglioni guardato con mano, un invito a sperimentare, a guardare gli oggetti in modo diverso, con la lentezza e la cura della mano, del tatto, per indagare meglio gli aspetti funzionali e pratici di oltre 40 oggetti (dal 18 aprile al 13 febbraio 2024, ingresso solo su prenotazione durante la design week 2023, dal 18 al 23 aprile). Poi, passata la settimana del Salone, si riprenderà il dialogo con le istituzioni. Con la speranza di una soluzione che, secondo Giovanna Castiglioni, potrebbe rappresentare la chiusura del cerchio: uno spazio messo a disposizione dal comune di Milano. «Si avvierebbe una sinergia che ci permetterebbe poi di donare l’archivio alla città, creando una fondazione non più privata ma pubblica. Sarebbe una collaborazione fantastica».

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