Milano sott’acqua, vasche di laminazione: a Bresso pronta la prima, le altre a rischio ritardi
A breve sarà concluso l’invaso di Bresso, finanziato dal Comune di Milano, ma gli altri progetti dell’hinterland sono ancora in ritardo, tra mancati accordi tra amministrazioni locali e proteste della cittadinanza
di Sara Monaci
4' di lettura
Se ne parla dalla fine degli anni Novanta ma il problema alla fine è sempre lì: la città di Milano dovrebbe avere 4 vasche di laminazione nella zona periferica del suo hinterland settentrionale, un ampio spazio che supera i confini comunali per arrivare nei territori di altre amministrazioni locali: Senago, Paderno-Dugnano, Lentate sul Seveso e Bresso. E già in questa prima semplice constatazione geografica si trova implicitamente scritta la principale difficoltà: i Comuni non si mettono d’accordo, trovare le aree è complicato e in più ogni paese ha il suo comitato per il no. È così da circa 25 anni. I ricorsi hanno anche bloccato i progetti, pertanto prima ancora delle risorse è bene sottolineare che a lungo non si è trovato né un accordo politico né tecnico.
Guardando alle risorse, il costo complessivo è di circa 100 milioni (stima antecendente al 2020), risorse che erano state messe a disposizione nel 2014 dal governo Renzi con Italia Sicura per la città di Milano, progetto poi smantellato (per tutta Italia valeva 30 miliardi) ma che ha lasciato sul territorio questi possibili finanziamenti per il dissesto idrogeologico.
A Bresso quasi pronta
Le vasche di laminazione, dove l’acqua può essere contenuta per evitare l’allagamento di Milano, dovrebbero essere, come detto, quattro, posizionate tra Milano e le amministrazioni comunali della cintura Nord. La prima, quella di Bresso, sarà pronta a inizio dicembre, dopo la fase di collaudo durante il mese di novembre. Ha avuto un costo di 30 milioni circa, messi a disposizione dal Comune di Milano. Si tratta di un invaso artificiale da 250mila metri cubi. Le altre vasche saranno finanziate da governo e Regione Lombardia.
Come ricorda Sergio Santambrogio, consigliere dell’ordine Geologi della Lombardia, «questa di Bresso è la prima vasca di un progetto più ampio, costituito da altre vasche posizionate più a Nord. La prima sarà pronta adesso, le altre probabilmente a inizio 2024. Per ora l’unica opera in funzione è il canale scolmatore di Nord Ovest, che riesce a fermare in caso di forti piogge circa 40 metri cubi al secondo d’acqua, facendola defluire altrove. Ma considerando i numeri è facile capire che non può essere sufficiente: la pioggia intensa a Milano ha una capacità di 140 metri cubi al secondo, il canale scolmatore ne ferma 40, il resto si riversa su Milano. Con la vasca di Bresso saremo in grado di fermarne una parte, non tutta. Potremo dire che la città sarà al sicuro quando tutte le vasche verranno realizzate».
Tempi incerti
Tempi certi per queste opere ulteriori non ce ne sono. Una prima parte di quella di Senago dovrebbe essere pronta per la seconda parte del 2024. Quest’opera farà la differenza perché è oltre 7 volte più grande di quella di Bresso. Quella di Lentate sul Seveso non ha visto ancora l’affidamento dei lavori, così come quella di Paderno Dugnano è ferma alla fase progettuale. I ritardi si sono accumulati. Prima della pandemia veniva spesso indicato il 2023 come l’anno della fine dei lavori, ma al momento siamo lontani. L’Autorità di bacino del Po ha imposto che vengano realizzate tutte le vasche, ora si dovrà procedere, a le difficoltà rischiano ogni volta di essere dietro l’angolo.
Intanto, a testimonianza di come le vasche di laminazione creino più scontri che accordi - nonostante tutti i livelli politici ne sostengano l’importanza -, dopo l’esondazione c’è stato un rimpallo di responsabilità tra Regione Lombardia e Comune di Milano.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha spiegato «che c’era un’allerta gialla, in teoria non preoccupante», e parla di condizioni meteo imprevedibili. «Tra un mese avremo a disposizione la vasca di Bresso - aggiunge - avrebbe aiutato molto».
Il capogruppo del Pd in consiglio regionale, Pierfrancesco Majorino, chiede che «Fontana spieghi come la giunta intende intervenire sul dissesto idrogeologico». E il governatore Attilio Fontana risponde: «Noi rispettiamo i tempi, la giunta Sala gestisca meglio la città».
Il problema del Seveso è antico. Il fiume nasce in provincia di Como nelle vicinanze del confine con il Canton Ticino, a circa 490 metri sul livello del mare, tocca vari centri abitati della Brianza e entra in Milano sfociando nel Naviglio della Martesana. È questo punto d’incontro tra i due corsi d’acqua l’origine di tutti i problemi per Milano: per via della conformazione della parte tombinata della città, se le piogge sono intense, dal Naviglio della Martesana l’acqua si dirige verso il centro e poi procede verso il punto a quota più bassa, sotto il quartiere Prato Centenaro, da dove comincia ad uscire per raggiungere Viale Suzzani e quindi Piazzale Istria. Queste sono le zone tipicamente allagate, ma in caso di grandi piogge l’acqua si estende al quartiere del Niguarda, fino, come accaduto ieri, al quartiere Isola.
Quanto accaduto è un evento paragonabile a quello del 2014. Una vera e propria bomba d’acqua, con precipitazioni medie da 70 millimetri d’acqua all’ora, lungo tutto l’arco della notte fino alle prime ore del mattino. E, mettono in allerta i geologi, questi fenomeni con il cambiamento climatico sono destinati a intensificarsi. Milano deve cominciare ad aspettarsene 3 o 4 l’anno.
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