Reportage

Mille Miglia, correre la leggenda

Si snoderà per mille chilometri, da Brescia a Roma e ritorno, la storica corsa di auto d'epoca definita “la più bella del mondo” .

di Federico Bona

((c) Alexandra Pauli)

6' di lettura

Non è una gara di velocità, ma di regolarità. Quella di quest'anno è la trentottesima edizione della rievocazione storica della corsa disputata dal 1927 al 1957. Mille miglia di strada e 70 prove cronometrate dove anche un centesimo di secondo può fare la differenza. Un viaggio nel tempo tanto esclusivo quanto rari e irriproducibili sono i modelli d'epoca ammessi, originali in ogni pezzo. Il percorso della Mille Miglia 2020 attraversa mille chilometri tra Brescia e Roma e ritorno, e si svolge dal 22 al 25 ottobre, con il consueto partner e cronometrista ufficiale, Chopard. Qui pubblichiamo il racconto in prima persona del giornalista di How To Spend it che ha partecipato alla 34esima edizione, prendendo eccezionalmente il posto – per un pezzo di gara – dell'insuperabile Jacky Ickx.

L'orologio Chopard Mille Miglia 2020

Karl-Friedrich Scheufele accende il motore della sua Porsche 550 RS Spyder. Non parte al primo colpo, ma non è previsto che lo faccia: siamo su un'automobile del 1957 e le cose non vanno come su quei computer con le ruote sui quali siamo abituati a salire oggi. Il quinto tentativo, quando alcuni dei meccanici intorno a noi iniziano a innervosirsi, è quello buono e, d'improvviso, non appena il rombo del motore, sicuro e corposo, mi satura le orecchie e l'odore acre della benzina mi accarezza le narici, i palazzi di Brescia e le persone intorno a noi – tante, molte che ci fotografano insistentemente – scompaiono alla vista. C'è spazio solo per l'emozione senza tempo, o simile a un viaggio nel tempo, di essere a bordo di un miracolo di meccanica come questo, pochi centimetri sopra l'asfalto, all'inizio di un'avventura composta di tante esperienze stratificate, che ora intuisco come un baleno e che due giorni al seguito della gara automobilistica più affascinante del mondo confermeranno razionalmente, una ad una.

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Mille Miglia, Foto Fabrizio Annibali.

Piove, siamo a bordo di un'auto scoperta, già fradici, ma quando prendiamo la strada per avviarci verso la partenza, il sorriso di Scheufele e il mio sono gemelli.

È lo stesso che leggerò, nei prossimi giorni, sul volto di Jacky Ickx, la leggenda dell'automobilismo che mi ha ceduto il sedile per un breve tratto di gara, e su quello di tutti i partecipanti che mi sfileranno davanti, compiaciuti anche alla fine di giornate massacranti, a notte fonda, con i lineamenti appesantiti dalla stanchezza e le auto che sibilano stremate. Perché le mille miglia che danno il nome alla corsa non sono simboliche, ma terribilmente concrete: 1703 chilometri quest'anno, da percorrersi in appena quattro giorni (come ogni anno nel mese di maggio), a bordo di auto costruite tra il 1927 e il 1957. «Questa è la mia fuga annuale dagli appuntamenti e dai telefonini», mi confida Scheufele, presidente di Chopard, assiduo partecipante della competizione, della quale il marchio è sponsor e cronometrista dal 1988; una partnership celebrata da una serie limitata e numerata di orologi.

«Non è solo un'occasione unica di guidare, così a lungo, un'auto speciale, che ti sei scelto e a cui tieni. È un modo diverso di viaggiare, di vedere, da una prospettiva privilegiata, i luoghi più belli d'Italia, le campagne, i piccoli centri medioevali, le piazze di Siena e Firenze, le strade di Roma, tutte perfettamente sgombre al tuo passaggio. Ogni volta, mi riprometto di ripetere il tragitto con più calma, perché la gara ti ruba attenzioni, ma poi, regolarmente, non lo faccio».

Non è solo questione di tempo libero: Scheufele, come tutti coloro i quali hanno partecipato almeno una volta a questa manifestazione, sa che il percorso è un piccolo capolavoro irripetibile, pazientemente tessuto con un lavoro che dura un anno intero. Bisogna prendere accordi con circa 250 comuni, prenotare gli alberghi per l'intera carovana e gestire tutti gli altri dettagli, tra autorizzazioni e gare pubbliche. Ci sono tratti chiusi al traffico, come quelli riservati alle prove cronometrate e i passaggi nei centri cittadini, che in nessun altro modo sarebbe possibile percorrere con tanta libertà e dove le auto rallentano, come a respirare l'energia del pubblico e a raccoglierne una spinta sufficiente a continuare.

Mille Miglia, Foto Fabrizio Annibali.

C'è l'armonia rinascimentale di Ferrara, il lungomare nostalgico di Rimini, l'atmosfera congelata nell'Ottocento di Recanati, lo charme della passerella notturna di Via Veneto, a Roma. C'è la via principale di Loreto, così stretta che passando sfiori le persone con l'auto. «L'entusiasmo degli spettatori è, forse, la cosa che ti resta maggiormente impressa», conferma Scheufele. «Li trovi ovunque a bordo strada: persone che aspettano da ore o che passavano di lì, gente che applaude, che saluta, che suona fanfare o urla incitamenti». È come se tutti fossero dentro l'automobile, tutti capiscono e condividono l'impegno arduo di guidarla.

Sono macchine veloci, queste: i loro limiti non stanno nei motori, capaci di spingere senza problemi oltre i 150 km/h i modelli più antichi, e oltre i 200 km/h gli altri, ma nelle sospensioni, nei freni che in alcune auto degli anni Venti sono a tamburo con leva esterna, come quelli delle biciclette, nei fari che quasi non illuminano la strada, nei sedili rigidi, nei tergicristalli rudimentali o assenti. Sono questi particolari a renderle difficili, faticose, ma anche stimolanti da guidare, come mi dimostra Scheufele alla prima curva a gomito sul bagnato, derapando in elegante equilibrio tra il perdere il retro dell'auto e il controllo esperto dell'animale di metallo modulato tra lo sterzo e l'acceleratore. E, in fondo, nonostante non più del 5-10 per cento degli iscritti gareggi per aggiungere il proprio nome nell'Albo d'oro della corsa, basta fermarsi a parlare con chiunque sia seduto dentro una delle macchine che attendono il proprio turno alla partenza anche per due o tre ore, fin dall'alba, tanto per aggiungere fatica a fatica, perché, quasi invariabilmente, esca il nome leggendario di Stirling Moss. Nel 1955, a bordo di una Mercedes-Benz 300 SLR, il celebre pilota inglese concluse i 1.597 km di gara in 10 ore, 7 minuti e 48 secondi filati, alla media inconcepibile, non solo con quelle strade aperte al traffico e con quegli asfalti, di 157,650 km/h.

Mille Miglia, Foto Fabrizio Annibali.

Tutti, in qualche modo e con le dovute proporzioni, sono qui allo stesso titolo di Stirling Moss, sentono l'eco di qualcuna delle sue motivazioni, pure se la gara oggi non è più di velocità, ma di regolarità. Bisogna passare entro orari precisi ai punti di controllo e bisogna affrontare una settantina di prove cronometrate, dove ciò che conta è rispettare il tempo imposto: ogni centesimo di secondo in più o in meno nel percorrere il tratto cronometrato si trasforma in una penalità in classifica.

I piloti migliori segnano spesso passaggi perfetti al centesimo di secondo e non superano mai gli 8-9 centesimi di scarto. «Ci vuole un grande feeling, oltre che con la macchina, con il co-pilota, che ti dà il tempo», spiega Scheufele, che ha percorso queste strade prima in coppia con il padre, poi con la moglie e altre volte, come quest'anno, con Jacky Ickx, l'uomo capace di vincere con qualsiasi auto, sia in Formula 1 sia tra gli sport prototipi, sia nella 24 Ore di Le Mans sia alla Parigi-Dakar. «La prima volta che abbiamo partecipato insieme, davo per scontato che guidasse lui», ricorda divertito Scheufele. «Invece mi ha fatto cenno di sedermi al volante e io mi sono limitato a obbedire, pieno di timore, non solo reverenziale».

Il punto è che qui sono tutti uguali: è il fascino di queste linee eleganti e piene di curve, oggi rese irriproducibili dalle norme di circolazione, e di queste meccaniche perfette, non imbastardite dall'elettronica, a unire chi partecipa e chi osserva. Non c'è differenza tra il collezionista milionario e il comune appassionato. Anche chi non sa nulla, non può che restare ipnotizzato davanti a questo spettacolo e, infatti, non c'è timore né distacco nei confronti di chi è seduto nelle auto: fioccano le domande e le chiacchiere, come tra vecchi amici. Certo, ci sono i costi perché possono partecipare solo le auto iscritte in una delle 24 edizioni che, con qualche interruzione, si sono svolte dal 1927 al 1957. Si tratta, quindi, di un numero di modelli preciso e finito: auto i cui prezzi possono andare da 50mila euro a qualche milione, persino 30 o 40. In più, una Mille Miglia è particolarmente usurante e vanno messi in conto i costi di rimessa a posto a fine gara, direttamente proporzionali all'antichità e alla rarità del modello. E trovare pezzi originali, specie degli anni Trenta, comincia a diventare difficile, ma senza quelli non si corre. Quindi, per chi avesse ambizioni di partecipazione, anche solo con una semplice Topolino, il consiglio è di verificare che l'auto sia in possesso di uno dei certificati FIA HTP, FIVA ID o della fiche d'identità ACI Sport, perché la gran parte delle vetture viene esclusa in fase di verifica dei documenti, e di ricontrollare che non siano avvenute sostituzioni improprie di pezzi.

Mille Miglia, Foto Fabrizio Annibali.

Il denaro, però, è un dettaglio: ne ho l'ultima conferma la mattina in cui lascio la corsa, quando il concerto, o meglio la prova strumenti prima del concerto, che fanno i motori delle macchine che si schierano alla partenza della tappa Roma-Parma, alla quale non prenderò parte, mi provoca una piccola fitta al cuore. Fingo di non sentirli, per non rassegnarmi alla separazione.

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