Milleproroghe, sì della Camera alla fiducia. Pd in trincea
di Nicola Barone
3' di lettura
L'Aula della Camera ha approvato la fiducia chiesta dal Governo sul decreto legge Milleproroghe con 329 sì e 220 no. Ora è incorso l'esame degli ordini del giorno per arrivare alla votazione finale sul provvedimento che, viste le modifiche, dovrà tornare in terza lettura all'esame di Palazzo Madama. Gli iscritti a parlare per il centrosinistra sono cento, e ciascuno di loro ha diritto a parlare per cinque minuti e altri cinque sono previsti per ogni documento in dichiarazione di voto. Sul testo non smette di infuriare un’aspra polemica politica culminata ieri nella decisione, da parte dei deputati del Pd, di occupare l’Aula. Decisione che ha lasciato assai perplesso sino all’ultimo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti che nella sua «ormai lunga carriera parlamentare» dice di aver «visto centinaia di fiducie e non capisco perché questa sia illegittima», sulla stessa linea peraltro del ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro per al quale le critiche piovute dall’opposizione erano solo «strumentali».
Al cuore dello scontro questioni di metodo e di merito. Dopo la battaglia sui vaccini, finita con la proroga dell’autocertificazione e dunque il rinvio di una scelta strutturale che vede coinvolte molte famiglie italiane, il focus si è spostato sul taglio da oltre un miliardo alle periferie. Il premier si è impegnato con i Comuni a ripristinare i fondi ma l'accordo raggiunto ieri con l'Anci non è stato recepito nel decreto legge, di qui le proteste dell’opposizione dem.
Replicare l'ostruzionismo o forme di opposizione “robuste” e ben visibili all'esterno anche al Senato, dopo quanto accaduto alla Camera, quando il decreto Milleproroghe tornerà a Palazzo Madama è la linea maggioritaria emersa nell'assemblea dei senatori Pd (l'esame del decreto legge è stato inserito nel calendario dell'Aula da mercoledì 19, alle 18, con chiusura prevista fra giovedì e venerdì). In parziale dissenso l'intervento del senatore Luigi Zanda, capogruppo nella scorsa legislatura, che vorrebbe evitare tattiche ostruzionistiche. Non tutti infatti sono allineati circa l’opportunità di seguire modalità messe in atto nella scorsa legislatura dai Cinque Stelle. La linea scelta dal Pd ieri alla Camera sarebbe stata ispirata da Matteo Renzi e la sua assenza di oggi alla riunione del gruppo democratico sarebbe motivata anche dalla larga condivisione del comportamento da tenere nei confronti del provvedimento del governo, stando ad alcune ricostruzioni.
No alla fiducia anche dal resto dell’opposizione. «Sulla questione terremoto - ha spiegato il capogruppo di Forza Italia in Commissione Bilancio alla Camera Andrea Mandelli nel corso delle dichiarazioni di voto in Aula - ci siamo scontrati con un silenzio assordante. E non si è mai vista una norma che sospende e sposta in avanti gli effetti di un atto negoziale già eseguito, come accaduto sui progetti del bando periferie. Quanto ai vaccini, si è scelta la strada di un irresponsabile e illogico compromesso». Per il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni si tratta di un decreto «che contiene norme gravi, penso ad esempio ai diplomati magistrali, alle maestre che non avranno quella finestra approvata dal Senato e che si ritroveranno espulsi dalle scuole dopo anni e anni di lavoro». C'è ancora il problema «enorme del taglio» dei fondi già previsti per le periferie italiane «per non parlare dei tagli ai fondi al Mezzogiorno».
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