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Mini Schengen baltica: confini riaperti tra Estonia, Lettonia e Lituania

Dalla mezzanotte del 15 maggio si circola di nuovo liberamente tra i Paesi Baltici. Una “travel bubble” pensata prima di tutto per ridare slancio all’economia

di Michele Pignatelli

Guardie di frontiera estoni festeggiano la riapertura dei confini tra i Paesi Baltici a Ikla, Estonia

3' di lettura

Comincia dal Nord l’allentamento delle restizioni ai viaggi in Europa: dalla mezzanotte del 15 maggio nei Paesi Baltici è infatti in vigore la cosiddetta”travel bubble”, una “bolla di viaggio” o di libero passaggio da una nazione all’altra per i cittadini di Estonia, Lettonia e Lituania, primi nella Ue a poter varcare i propri confini anche senza necessità dichiarate di lavoro o studio. Anche se, nei fatti, la mini-Schengen è stata pensata per rilanciare soprattutto l’economia delle tre repubbliche baltiche, colpita come il resto dell’Eurozona dalle ricadute del coronavirus, con cali stimati del Pil 2020 compresi tra il 7 e l’8 per cento. E il timore che possa essere anche peggio se non si ripartirà prima dell’estate.

Economie integrate da rilanciare
«La “travel bubble” è un’opportunità di riaprire per il business e, per i cittadini, un barlume di speranza che la vita sta tornando alla normalità», ha commentato il primo ministro lituano Saulius Skvernelis, mentre i tre ministri degli Esteri si incontravano a Riga per firmare un memorandum.
La motivazione economica viene riconosciuta e sottolineata anche dall’Unione europea: «I Paesi Baltici - ha dichiarato Arnoldas Pranckevicius, rappresentante della Commissione Ue in Lituania - sono stretti partner, l’andamento epidemiologico è simile e le loro economie sono ben integrate, perciò la libera circolazione di persone e beni è molto importante per la regione». Lo confermano i percorsi simili di adattamento all’economia di mercato dopo la ritrovata indipendenza dall’ex Unione sovietica, la sincronia dei cicli economici, politiche monetarie analoghe. Ma, soprattutto, gli stretti legami commerciali e l’elevato flusso di lavoratori da un Paese all’altro, in quella che appunto viene percepita come un’economia integrata.

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Virus sotto controllo in tutta la regione
Un ruolo decisivo nella scelta ha giocato ovviamente anche l’andamento dei contagi. Estonia, Lettonia e Lituania - poco più di sei miloni di abitanti - sono state rapide a chiudere i confini e imporre lockdown all’inizio dell’epidemia e sono riuscite a contenerla: poco più di 150 morti in tutto e contagi ormai ridotti (non più di una decina al giorno per Paese); già da aprile, dunque, è iniziato un progressivo allentamento delle misure. Ora è arrivata l’apertura dei confini interni all’area, mentre chiunque rientri da altri Paesi deve osservare due settimane di auto-isolamento.

Obiettivo allargamento
L’obiettivo però è andare oltre, come chiede la Ue - che invita a non discriminare altri cittadini europei - e come chiarisce il memorandum siglato a Riga, che prevede di riaprire l’intera zona agli abitanti di Paesi in cui il coronavirus sia sotto controllo. «Non dovremmo guardare solo ai Paesi geograficamente più vicini - ha detto il ministro degli Esteri estone, Urmas Reinsalu - ma anche a quelli più lontani, con un quadro epidemiologico chiaramente sotto controllo: da questi Paesi potrebbero riprendere anche i voli diretti senza quarantena». A due vicini con contagi ormai contenuti - Finlandia e Polonia - sarebbe a dire il vero già stato proposto di unirsi alla mini-Schengen baltica, senza ottenere però un’adesione immediata.

Nel frattempo, nella regione baltica, la ritrovata libertà di movimento viene celebrata come una ricorrenza. Allo scoccare della mezzanotte, una decina di guardie di frontiera estoni hanno rimosso i cartelli stradali di stop e, mentre le prime auto varcavano il confine con la Lettonia, si sono radunate ai bordi della strada per festeggiare con torta e caffè.

Per appfofondire
Il piano Ue per la riapertura delle frontiere

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