Migranti, nessun voto su accordo di Malta. Emergenza sulla rotta balcanica
L’accordo della Valletta tra i sei Paesi “volenterosi” ossia Italia, Malta, Francia, Germania Grecia e Spagna oltre alla Finlandia (che ha la presidenza di turno) verrà presentato ma senza che si arrivi a un voto degli altri ministri durante il pranzo di lavoro di oggi nella consapevolezza che i Paesi di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia e Cechia) faranno fronte comune
di Gerardo Pelosi
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«Non si può presentare un accordo sostanzialmente politico come quello del 23 settembre a Malta come premessa per una modifica alle attuali norme europee che regolano l’immigrazione». Non ha dubbi sul fatto che a Lussemburgo i ministri dell’Interno dei 28 non riusciranno a trovare alcun accordo sulla redistribuzione dei migranti Guido Bolaffi, già capo del Dipartimento del Welfare e “padre” di molte leggi italiane in materia migratoria, dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini.
Bolaffi, che alla stampa estera presenta insieme all'ex ministro Marco Minniti il suo ultimo libro “Immigrazione, cause, problemi, soluzioni” scritto insieme a Giuseppe Terranova, arriva alla conclusione che «la redistribuzione vera dei migranti in Europa la produce il mercato del lavoro ma non certo un accordo tra Stati membri e non ha senso parlare di sanzioni contro chi si rifiuta ad accogliere quote di migranti per un tema che resta fuori dai Trattati ed è sempre soggetto al voto all’unanimità». Quindi dire che la strada che si troveranno oggi di fronte i ministri dell’Interno (per l'Italia Luciana Lamorgese) è tutta in salita è un eufemismo.
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No di Visegrad. Sì di Irlanda, Portogallo e Lussemburgo
L'accordo della Valletta tra i sei Paesi “volenterosi” ossia Italia, Malta, Francia, Germania Grecia e Spagna oltre alla Finlandia (che ha la presidenza di turno) verrà presentato ma senza che si arrivi a un voto degli altri ministri durante il pranzo di lavoro di martedì nella consapevolezza che i Paesi di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia e Cechia) faranno fronte comune ma anche nella speranza che altri possano accettare il principio di solidarietà condivisa come quei Paesi che hanno già mostrato segni di disponibilità sulla materia come Irlanda, Portogallo e Lussemburgo.
Il ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer prima del Consiglio Giustizia e Affari interni ha ricordato che la Germania nel corso del 2019 ha accolto un numero molto basso di migranti ma che occorre fare di più tutti insieme. Il ministro svedese ha però tenuto a precisare che il suo Paese ha già fatto troppo e ha difficoltà a recepire i principi dell'accordo di Malta per un meccanismo di ripartizione sistematica dei migranti. Un invito a fare di più tutti insieme viene dalla Commissione Ue. Il commissario uscente all'immigrazione Dimitris Avramopoulos ritiene che l'iniziativa di Francia, Germania, Italia e Malta debba essere un punto di partenza ma «credo che tutti gli Stati prenderanno parte a questo sforzo. Non possiamo andare avanti così, con quanto accade nel Mediterraneo, non possiamo continuare con soluzioni ad hoc. Oggi è il giorno in cui gli Stati hanno l'occasione di mostrare più responsabilità e solidarietà».
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Vera emergenza sta diventando rotta balcanica
Nel Consiglio Ue Giustizia e Affari Interni Bulgaria, Cipro e Grecia presenteranno un documento per chiedere di porre la massima attenzione «sull'aumento persistente degli arrivi» ad Est. La crisi siriana, soprattutto dopo la decisione del ritiro americano, sta producendo un esodo di massa di persone con arrivi giornalieri di 600-700 persone all'isola greca di Lesbo. La Turchia chiede un miliardo di euro in più per il 2020, per mantenere fede all'accordo sulla gestione dei flussi stipulato nel 2016 con i Paesi dell'Ue, e che prevedeva lo stanziamento di 6 miliardi fino a fine 2019. Bulgaria, Grecia e Cipro ritengono che «l'Ue ed i suoi Stati membri dovranno essere pronti, con urgenza, ad affrontare questa rinnovata sfida dopo che negli ultimi mesi l'attenzione degli Stati membri è stata focalizzata principalmente sulla rotta migratoria del Mediterraneo centrale, che è stata discussa a fondo durante tre incontri ministeriali (Helsinki, Parigi, e La Valletta). La rotta del Mediterraneo orientale non è stata affrontata adeguatamente, nonostante il fatto che tutte le relazioni confermino la tendenza in aumento persistente degli arrivi in questa regione».
Contraddizioni di Visegrad: apre a lavoratori sottocosto
I ministri dell'Interno dei quattro Paesi di Visegrad mentre confermano a Lussemburgo la loro netta contrarietà ad ogni meccanismo stabile di redistribuzione di migranti, salvati Bloomberg Businessweek rileva, come segnala il professore Giuseppe Terranova, che nel 2018 «l'Ungheria ha rilasciato ai cittadini non comunitari 50 mila permessi di lavoro, il doppio rispetto a quelli previsti dal Premier anti-immigrati Orban». Aumentano nuovi arrivi dall'India, dal Vietnam e dalla Mongolia, e crollano quelli dalle vicine Bielorussia e Ucraina. Insomma: più immigrati meticci di varie religioni, meno bianchi cristiani. Uno smacco per il Primo Ministro ungherese che si è sempre presentato come il paladino iper-nazionalista di un Paese autosufficiente ed etnicamente omogeneo pur ospitando sul suo territorio mezzo milione di stranieri su un totale di 10 milioni di abitanti.
Anche la Polonia nel 2017 «ha rilasciato un numero di visti per l'ingresso di lavoratori stranieri superiore a quello di qualsiasi altra nazione UE. Una domanda di manodopera dall'estero che secondo uno studio del Fondo Monetario Internazionale nel futuro prossimo venturo è, peraltro, destinata a crescere ulteriormente». Nei quattro ex-satelliti sovietici mentre l'economia tira, «il mercato del lavoro arranca a causa dei milioni di emigrati all'estero, in maggioranza donne impiegate come colf e badanti negli Stati dell'Europa occidentale».
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