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Mion (ex ad Edizione Holding): nel 2010 seppi che il ponte Morandi era a rischio crollo ma nessuno controllava nulla

«Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico»

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«Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose “ce la autocertifichiamo”. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico». Lo ha detto Gianni Mion, ex Ad della holding dei Benetton Edizione, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia, al processo per il crollo del Ponte Morandi. Mion lo ha detto riferendosi ad una riunione del 2010, ovvero otto anni prima del crollo.

«Fu fatto un errore da parte di Aspi quando acquistò Spea, la società doveva stare in ambito Anas o del ministero, doveva rimanere pubblica. Il controllore non poteva essere del controllato». ha detto ancora Gianni Mion. Dopo le intercettazioni e il crollo nella galleria Bertè (A26, il 30 dicembre 2019, ndr), ha aggiunto, «avevo la sensazione che nessuno controllasse nulla. La mia idea è che c’era un collasso del sistema di controllo interno e esterno, del ministero non c’era traccia. La mia opinione, leggendo ciò che emergeva, è che nessuno controllasse nulla».

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«Fusione con Abertis perché noi impreparati»

La fusione tra Atlantia e la spagnola Abertis creò dissapori tra Gianni Mion, l’allora Ad Vito Gamberale e il direttore generale Giovanni Castellucci. «Quella fusione era una mia idea perché noi eravamo molto impreparati. La gestione della rete autostradale - ha detto in aula - era troppo difficile, per questo auspicavo un intervento di terzi. Gamberale l’aveva supportata all’inizio poi quando vide la reazione contraria della politica cambiò idea. Da quel momento il mio ruolo divenne marginale. Gilberto Benetton non mi seguiva più, disse che non si doveva fare. Aveva fiducia totale in Castellucci che pensava non avessimo bisogno di soci esteri».

«Davamo per scontato - ha continuato Mion - che il management esistente della vecchia Autostrade fosse in grado e invece le cose non andarono così e per questo pensai ad Abertis, per diluire nostri compiti. Questo mio orientamento mi allontanò da Gamberale e Castellucci perché temevano di perdere poteri. Poi vi fu un intervento diretto a livello istituzionale, politico, sul signor Benetton, gli dissero che non si doveva fare e anche lui non era più convinto». L’esame del pubblico ministero Walter Cotugno si è poi concentrata sulla figura di Castellucci. «Una persona preparatissima. Era uno che approfondiva tutto con grande competenza e sagacia. Andava anche nei dettagli. Con Aeroporti di Roma ha fatto un capolavoro. Avevo detto che era un accentratore forsennato? Oggi non sono in grado di rispondere. Lui ha fatto cose eccezionali, per Aeroporti ha stilato anche il protocollo per pulire i vetri e per fare togliere le gomme da masticare». Alla guardia di finanza l’ex manager disse che «hanno fatto i furbi per fare assolvere Castellucci nel processo per la strage di Avellino». «Lo dissi perché non era pensabile non sapesse, che non fosse informato».

Comitato vittime: come ha fatto a tacere?

«Mi chiedo come si possa stare zitti quando si hanno tra le mani informazioni di gravità come questa e come certe persone possano dormire sonni tranquilli». Egle Possetti, presidente del comitato ricordo vittime del ponte Morandi, commenta così le parole di Gianni Mion. «Se fossi stata al suo posto e avessi saputo lo stato delle infrastrutture non sarei stata zitta e avrei fatto il diavolo a quattro e avrei anche fatto in modo che il problema emergesse. Speriamo che qualcuno paghi».

«Nel 2020 abbiamo visto un incremento dei coefficenti di rischio anche di oltre il 200% rispetto a quelli rilevati da Spea mentre nel 2019 era del 50%». Lo ha detto in aula Roberto Tomasi, attuale amministratore delegato di Autostrade, sentito come teste nel corso del processo per il crollo del Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime). Spea era la società controllata da Aspi che si occupava della sorveglianza. Tomasi ha parlato del cambio di passo di Aspi dopo il suo arrivo come amministratore delegato e direttore generale di Aspi.

«Dall’inizio del mio mandato, nel febbraio 2019, come Ad del gruppo Aspi, ho messo tutto il mio impegno per attuare un grande piano di trasformazione aziendale, rinnovando il management e cambiando radicalmente le modalità di monitoraggio e manutenzione della infrastruttura, anche grazie all’adeguamento delle normative che ci ha consentito di rafforzare la nostra azione. Attualmente il piano prosegue a pieno regime su tutta la rete nazionale. Il cambio di passo aziendale è un elemento riconosciuto anche in questa sede». «Il livello di degrado della rete era sostanzialmente peggiore di quanto era emerso da ispezioni di Spea. Nel 2019 si era partiti con la verifica di 33 opere con due società esterne poi si è passati a 66. Ma vedendo la non omogeneità dei punteggi abbiamo esteso i controlli a tutta la rete.


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