Missione Libia, la maggioranza al governo: garanzie sui diritti umani
Il sì al Senato del decreto passa anche grazie a un ordine del giorno che impegna l’esecutivo a tutelare i profili umanitari nell’azione della Guardia costiera di Tripoli
di Marco Ludovico
4' di lettura
Il rischio di un grave incidente politico è rimasto altissimo fino all’ultimo . Poi, alla fine, l’ok al decreto missioni è arrivato in Senato non senza malumori e frizioni nella maggioranza. Il punto cruciale era il finanziamento dell’impegno militare in Libia. Ha scatenato, come non mai, lacerazioni e conflitti tra i partiti di governo e all’interno di Pd e M5S.
L’esecutivo è stato a un passo dall’andare sotto: un precipizio per la sorte dei ministri guidati da Giuseppe Conte. Ma un ordine del giorno di Iv presentato da Laura Garavini, presidente della commissione Difesa, ha salvato il salvabile e ricucito gli strappi. Almeno per ora.
La missione in Libia
Il provvedimento sulle missioni messo a punto dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini - ieri in visita in Turchia anche per ottenere le massime garanzie da Ankara sugli equilibri nel Mediterraneo e sulla Libia in particolare - prevede il rifinanziamento e la proroga per quest’anno della partecipazione di un contingente di militari della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri alla missione bilaterale di assistenza alla Guardia Costiera della Marina militare libica. L’obiettivo è «fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani tramite l’addestramento» dei militari libici. Un profilo di intervento senza dubbio divisivo all’interno della compagine di maggioranza. E le ultime cronache sulle violazioni gravissime dei diritti umani nei campi profughi in Libia hanno accentuato le contrapposizioni.
La strategia di Iv
I dem in fibrillazione, i grillini idem se non di più, Leu con una posizione nota fin dall’inizio: sembrava l’inizio autentico della fine dell’esperienza giallorossa. I segnali, ripetuti, si vedevano da giorni. La presidente della commissione Difesa, a quel punto, ha preso l’iniziativa. Ha trovato la firma unitaria di Pd e M5S su un ordine giorno dal valore politico indubbio. Porta, infatti, la firma di Vito Petrocelli (M5S, presidente commissione Esteri), Vito Vattuone (Pd, capogruppo e relatore in commissione Difesa ), Fabrizio Ortis (M5S, capogruppo in commissione Difesa), Alessandro Alfieri (Pd, capogruppo commissione Esteri), Marinella Pacifico (M5S, relatore in commissione Esteri). Tutti i protagonisti, insomma, del provvedimento missioni del governo. Il testo, firmato e approvato dall’aula del Senato con 147 voti favore, 124 astenuti e nessun contrario, è stato un calmante per le ferite della maggioranza.
Azione in due mosse
Nell’odg si riconosce una strategia di fondo dove la Libia resta snodo cruciale degli interessi italiani. Premesse e considerazioni iniziali sono in linea con la visione più illuminata all’interno del governo. «Priorità strategica del nostro Paese continua a essere il sostegno alla stabilizzazione della Libia e al Governo internazionalmente riconosciuto di Al Sarraj, anche attraverso la lotta al terrorismo e il contrasto ai traffici illegali, unitamente all'impegno si legge nel testo - nelle opportune sedi diplomatiche, affinché la Libia attivi politiche di innalzamento della tutela dei diritti umani e capacità di costruire istituzioni democratiche».
E ancora: «Da aprile 2019 imperversa in Libia una guerra conclamata anche a causa del crescente coinvolgimento militare degli attori regionali (in particolare Russia, Emirati Arabi Uniti ed Egitto opposti a Turchia e Qatar) che sta mettendo seriamente a rischio - sottolinea l’odg - l’integrità dello Stato libico, la sicurezza di milioni di cittadini e la stabilità dell'intera regione, nonché il controllo delle coste e dei traffici di esseri umani verso l’Italia e l’Europa e gli approvvigionamenti energetici».
Il rischio di una ripresa degli sbarchi
Fondamentale l’ultimo punto delle premesse: nello scenario in atto «la conseguente e probabile nuova pressione migratoria dalla Libia verso l’Europa rischia di assumere una portata - evidenzia il documento proposto da Laura Garavini - tale da rendere difficili operazioni di dispiegamento internazionale di navi e di mezzi di soccorso e, allo stesso tempo, espone le strutture di accoglienza italiane a malfunzionamenti derivanti anche dal loro attuale depotenziamento».
Il tema sbarchi è in cima alle preoccupazioni di M5S e i traffici internazionali dei migranti sono nei dossier aggiornati della Farnesina sul tavolo del ministro Luigi Di Maio. Di certo una criticità elevata, niente può escuderla, diventerebbe fattore politico devastante per tutto l’esecutivo e la maggioranza. Lo conferma , in via indiretta, il sottofondo di prudenza nel tavolo presieduto dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese - si riunirà di nuovo domani pomeriggio - dove la faticosa revisione dei decreti sicurezza di Matteo Salvini potrebbe giungere alla fine a all’intesa tra i partiti di governo. Ma il provvedimento non dovrebbe nascere a palazzo Chigi prima di settembre.
Il profilo umanitario: priorità assoluta
Gli impegni richiesti al governo dal Senato con l’odg Garavini hanno una matrice finale inconfondibile: attenzione, rispetto e protezione dei diritti umanitari. Nelle modifiche del Memorandum Libia sottoscritto ne 2017 da Fayez Mustafa Serra e Paolo Gentiloni - i testi di Roma e Tripoli sono in fase di confronto e discussione tra le parti - il governo deve puntare a una «direzione del rispetto dei diritti umani e della maggiore presenza delle organizzazioni internazionali». Occorre inoltre « adottare iniziative per predisporre l’apertura di canali umanitari e permettere un sicuro accesso al nostro Paese a profughi di guerra» con «misure ad hoc per i minori e nuclei familiari».
Ancora più mirate le indicazioni sulla missione militare a Tripoli: l’esecutivo deve «rafforzare, nei programmi di formazione del personale della Marina militare libica, la componente relativa al rispetto del diritto internazionale del mare e dei diritti umani, assicurandosi altresì che a tali corsi non partecipino persone coinvolte in episodi di sfruttamento delle persone migranti o collegate alla rete dei trafficanti di esseri umani». Oltre «a mettere in campo tutte le iniziative utili a fare luce sulla destinazione e sul reale utilizzo dei fondi stanziati a favore dei “progetti delle municipalità libiche”». Il messaggio per il governo è inequivocabile.
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