Interventi

Misure economiche antipanico attendono la Bce

di Gianpaolo Rossini

(Funtap - stock.adobe.com)

3' di lettura

Sotto il profilo sanitario il nostro paese sta facendo il possibile per sconfiggere l'epidemia che colpisce il pianeta. Sul fronte dell'economia si richiedono misure celeri e semplici per affrontare lo stop violento che tocca servizi (turismo, ristorazione, trasporti, intrattenimento, istruzione e altri) e manifatture sia nelle esportazioni che nella domanda interna con pochi comparti risparmiati dalla scure epidemica. Sono a rischio imprese e tessuto economico del paese se non si interviene presto con un robusto paracadute. Le decisioni prese dal governo in questi giorni con alleggerimento fiscale e aiuti sono positive ma non sufficienti e limitate alle zone più colpite mentre tutta Italia ha il fiato corto.

Certamente arriveranno altri interventi che andranno valutati. Si può fare di più. Ma come? I conti pubblici della penisola sono in grado di reggere un urto grave, ma necessitano di una protezione da movimenti speculativi mossi da aspettative e motivazioni non sempre condivisibili. Non è quindi il caso di stressare oltre misura il bilancio pubblico che dovrà anche affrontare riduzioni di entrate. Chiedere deroghe all'Europa sui vincoli di deficit serve ma non appare la strada migliore perché comunque a morderci per eventuali sforamenti sono i mercati finanziari come già ci hanno fatto capire spread in salita. Meglio quindi che non siano i governi a sobbarcarsi l'onere finanziario per arginare lo shock che stiamo patendo.

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Quello che serve è una decisa mano della BCE, non solo per l'Italia con politiche che vadano ben oltre il Quantitative Easing iniziato da Mario Draghi nel 2015. La BCE potrebbe aprire uno sportello di emergenza per erogare direttamente prestiti a interesse zero a imprese e strutture sanitarie delle aree più colpite con una sorta di piano Marshall monetario cui l'Europa dà vita con proprie risorse. Attore e garante è la nostra più stabile e sicura istituzione federale, la BCE con i suoi bracci operativi, le Banche Centrali Nazionali in possesso della necessaria informazione territoriale per operare in modo adeguato. La liquidità immessa potrebbe essere restituita alla BCE secondo un piano dettagliato in rate annuali su un orizzonte di cinque-dieci anni modulato sulle diverse specificità non essendo tutti i comparti dell'economia e i paesi colpiti con la stessa forza. Questi prestiti non toccherebbero il debito pubblico di alcun stato. Potrebbero eventualmente entrare nella posizione netta sull'estero, ovvero il debito estero di un paese da integrare nella posizione netta nel sistema Target2, ovvero debito estero interno all'eurozona. Su questo fronte l'Italia non avrebbe problemi in quanto gode di ottima salute mentre i nostri conti pubblici sono meno robusti. Alcuni membri di eurolandia potrebbero opporsi nell'errata convinzione che la pandemia sia uno shock asimmetrico che tocca solo alcune aree lasciando indenni tutte le altre. Non possiamo però questa volta permetterci di attendere, come si è fatto ahimè nel caso delle procedure di intervento sul sistema bancario modificate solo quando la Germania ha visto cadere i suoi maggiori istituti di credito.

Anche se la mano della BCE non è sufficiente a mantenerci a galla in attesa della fine della pandemia in Europa, essa costituisce l'unica base finanziaria sostenibile per eventuali ulteriori iniziative di sostegno che fossero richieste. Oltreoceano la Fed si è già mossa in questo senso e continuerà a farlo in maniera generosa. Ma anche la decisione di Hong Kong di qualche giorno fa di distribuire a ogni cittadino oltre un migliaio di euro e la forte espansione monetaria della Cina dovrebbero far riflettere. Quella di Hong Kong non è una bizzarria ma una mossa saggia per impedire un tonfo verticale di domanda e di attività economica. Nel lontano 1998 furono politiche non ortodosse della ex colonia britannica con muscolosi sostegni a borsa e valuta da parte della autorità monetaria, a bloccare crisi finanziaria e panico che stavano facendo deflagrare le economie asiatiche. Critiche feroci vennero lanciate dalle scuole economiche occidentali conservatrici e non. Ma alla fine l'economia mondiale dovette ringraziare il coraggio del piccolo stato asiatico.

Anche oggi occorrono iniziative non ortodosse per accompagnare i mercati finanziari e gettare un salvagente a produzione e domanda. Non possiamo permetterci altre forme di febbre e contagio oltre a quelle sanitarie. Abbiamo tutti gli strumenti necessari per salvare le nostre economie ed evitare nuove paure collettive. Dobbiamo però agire con tempestività e forza perché la posta in gioco è alta. Solo la BCE può evitare che lo stress ai sistemi sanitari contagi le finanze pubbliche e provochi altri danni. Oltretutto è una ottima occasione per far riguadagnare all'euro il sostegno e la simpatia con cui fu accolto al suo nascere oggi sbiaditi tra euroscetticismi di varia provenienza.

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