Mobilità sempre più elettrica: ecco come saranno riutilizzate le batterie dismesse
Sono destinate a durare nel tempo, ma perdono di efficienza: le batterie per auto, ma anche quelle domestiche, dovranno essere smaltite. O riusate
di Elena Comelli
3' di lettura
Le tecnologie per gli accumuli elettrici, all’incrocio fra il mondo dell’energia e quello dell’automobile, sono considerate cruciali per la transizione energetica verso le fonti rinnovabili e il mercato delle batterie - destinato, secondo Bnef, a passare dai 25 miliardi di dollari attuali a 100 miliardi nel 2029 - il più dinamico in questo ambito. Quale altro mercato potrà competere con simili tassi di crescita? Per trovare la risposta non serve andare lontano: è il mercato delle batterie di seconda mano, o meglio “second life”, come si dice più elegantemente in inglese, perché non sono più adatte alla propulsione di un’auto, ma vanno ancora benissimo per gli usi stazionari.
Il deperimento delle batterie delle auto elettriche è piuttosto lento, essendo costruite per durare nel tempo. Dopo una decina d’anni, però, la loro densità energetica cala al punto tale da non essere più adatte per questo utilizzo, considerando anche che nel frattempo saranno ulteriormente crollati i costi delle batterie nuove, al punto tale da rendere conveniente un ricambio. Con una capacità residua tra il 70 e l’80%, le batterie non più utilizzate per le auto possono essere ancora impiegate per lo storage in applicazioni diverse, che siano altri tipi di veicoli, oppure batterie domestiche, accumuli per le reti elettriche o per le torri di trasmissione delle telecomunicazioni. È in questi casi che si parla di seconda vita. In base a una ricerca della società di analisi londinese Circular Energy Storage, l’utilizzo di batterie “second life” passerà da 1 GWh nel 2018 a oltre 16 GWh nel 2025 e a 45 GWh nel 2030, man mano che le prime ondate di auto elettriche arriveranno a fine vita, con un mercato in rapida crescita, da quasi 1 miliardo di dollari nel 2025 a oltre 4 miliardi nel 2030, in gran parte concentrato in Cina.
Un po’ tutte le case automobilistiche, da Renault a Hyundai, da Daimler a Bmw, da Toyota a Volkswagen, si stanno attivando per trovare uno sbocco remunerativo alle batterie che non possono più servire alla propulsione delle auto, con accordi e collaborazioni con diversi operatori elettrici, in un interessante connubio fra il settore dell’auto e quello dell’energia. Una delle compagnie più impegnate su questo fronte è Nissan, che ha recentemente messo a segno un’iniziativa a effetto, dotando lo stadio di Amsterdam del più grande sistema di stoccaggio in Europa, realizzato con le batterie di 148 Leaf collegate a 4.200 pannelli fotovoltaici.
Utilizzare batterie di seconda mano, però, aumenta la complessità del sistema e richiede una grande capacità di integrazione dei sistemi. Per i suoi progetti Nissan si basa sulla collaborazione con la marchigiana Loccioni, che può contare sull’esperienza parallela nei due mondi: quello dell’energia e quello dell’auto. Oltre alla smart grid realizzata nei suoi laboratori, il team Loccioni ha curato negli ultimi 10 anni l’implementazione di diversi sistemi di storage in Europa e la realizzazione di una vera e propria isola energetica in Svezia. Nasce da qui la partecipazione al progetto Second Life di Enel, per cui Loccioni ha progettato, integrato e realizzato il sistema di riuso delle batterie delle auto Nissan in un sistema di storage stazionario innovativo, che andrà a stabilizzare la rete elettrica e a migliorare la qualità dell’energia della comunità spagnola di Melilla, situata sulla costa nordafricana. La città, che conta 90mila abitanti, è un’isola energetica separata dalla rete di distribuzione spagnola per ovvi motivi geografici. L’impianto di storage di Enel e Nissan, che integra 78 batterie della Leaf usate, per un totale di potenza disponibile fino a 4 megawatt, andrà a rendere più sicuro il rifornimento elettrico per la popolazione di Melilla.
A supporto di questa rivoluzione energetica, Loccioni ha creato anche un sistema di “Laboratori nomadi”, che si propongono come punto d’incontro dei due mondi della mobilità e dell’energia. Si tratta di un’isola energetica composta da una serie di container connessi tra loro e con una microgrid, che ospitano delle sale prove per i nuovi componenti auto, sviluppate intorno ad una piazza simbolo di condivisione di competenze. C’è il laboratorio per il test dell’asse elettrico, quello per il motore elettrico, quello per l’inverter e c’è la sala prova per misurare la performance del pacco batteria già assemblato, oltre a quella per i moduli batteria ancora da assemblare. Ogni sala prova è pronta per essere trasferita all'occorrenza presso il cliente o in altri luoghi, senza necessità di cementificare ulteriori spazi. Un esempio d’innovazione sostenibile che cavalca l’onda della transizione energetica in atto.
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