Mobilità sostenibile, tutte al Nord le città virtuose. Sud agli ultimi posti
Milano, Firenze, Venezia, Roma, Bologna sono le prime cinque città più virtuose. Reggio Calabria, Palermo, Siracusa, Catania e Messina le ultime
di Carlo Andrea Finotto
I punti chiave
4' di lettura
La “questione meridionale” riguarda anche la mobilità sostenibile. Milano, Firenze, Venezia, Roma, Bologna sono le prime cinque città più virtuose: tutte situate nelle regioni settentrionali, a parte la capitale. Reggio Calabria, Palermo, Siracusa, Catania e Messina sono le ultime, in fondo alla classifica.
A dirlo, in maniera abbastanza impietosa, è l’Indice di mobilità sostenibile (Ims), elaborato dall’Osservatorio omonimo costituito all’interno del gruppo Agici finanza d’impresa e basato su 24 indicatori compresi in sette diverse macro-aree: trasporto privato, trasporto pubblico, mobilità dolce, sharing, integrazione, salute e sicurezza, logistica last-mile (ultimo miglio).
La sostenibilità dei sistemi di trasporto
L’Ims 2022 è alla terza edizione e fa parte del quarto Rapporto del progetto Osmm – Optimal Sustainable Mobility Mix – nato nel 2018 «per fornire soluzioni concrete per facilitare la transizione verso forme di mobilità sostenibili» spiega Stefano Clerici, direttore scientifico dell’Osservatorio. «L'obiettivo – prosegue Clerici – è identificare le opportunità per il sistema e gli operatori derivanti dallo sviluppo di sistemi Mobility as a Service (Maas) in Italia e definire una roadmap di azioni concrete per la loro adozione nelle nostre città, partendo da una chiara definizione dello stato di salute della mobilità all'interno di queste».
Lo studio di quest’anno, intitolato “Digitalizzazione e integrazione per il futuro della mobilità urbana. Politiche pubbliche e strategie degli operatori per costruire un ecosistema Mobility as a Service nelle città italiane” – la presentazione è in programma il 7 ottobre a Milano nell’ambito di un convegno – valuta da un lato la sostenibilità dei sistemi di trasporto nelle città italiane attraverso l'Indice di Mobilità Sostenibile – lanciato da Agici nel 2020 e che quest'anno analizza più di 40 città italiane – per identificare le principali criticità e punti di forza di ciascuna e suggerire così politiche e investimenti mirati. Dall’altro si focalizza sui sistemi Maas, chiarendone gli aspetti relativi ai possibili modelli di funzionamento e al ruolo di operatori e istituzioni, «inclusi gli interventi necessari per costruire un contesto favorevole perché – sottolinea Michele Perotti, responsabile dell’Osservatorio mobilità sostenibile – affinché le iniziative abbiano successo è necessaria la presenza di un'offerta di servizi di mobilità (a partire dal trasporto pubblico locale) efficienti».
Milano indica la strada
Indice e Rapporto dell’Osservatorio arrivano quasi in concomitanza con l’attivazione da parte del comune di Milano dell’Area B, che amplia notevolmente (rispetto alla già esistente Area C) la zona di divieto per i veicoli più inquinanti. Ma non mancano le polemiche da parte soprattutto dei numerosi pendolari.
«Milano – dice Clerici – si è data un obiettivo e sta andando avanti su questa strada. Da un certo punto di vista questo è senz’altro positivo perché l’attuale crisi energetica mostra in maniera evidente che non siamo sostenibili, anche a livello di mobilità. Nel capoluogo lombardo il trasporto pubblico funziona, e Area C e Area B svolgono anche una funzione educativa dal punto di vista ambientale».
Secondo Michele Perotti «la linea di Milano è tracciata, anche se la città si trova ancora un po’ a metà del guado. In generale, il tragitto casa-lavoro all’interno di una città con l’auto privata è un’abitudine da eliminare. Tuttavia non mancano i problemi: allo stato attuale mancano ancora servizi complessivi adeguati: micro-condivisione, sharing, Tpl efficiente, capillare e diffuso. Il vero problema è che a parte le prime città in classifica, nelle altre c'è ancora un deficit grosso, a partire proprio dai posti sul trasporto pubblico per abitante. Milano è circa dieci volte avanti».
«È, tuttavia, necessaria anche una riflessione su chi fino a pochi giorni fa entrava in città per lavoro con un’auto vecchia e inquinante – è la riflessione di Clerici –. Perché la transizione sia davvero una transizione servono misure adeguate, tra le quali anche incentivi magari mirati ad auto che non siano solo di fascia alta».
Il “caso” Roma e le piccole
Tra le prime città per Indice di mobilità sostenibile spicca anche Roma, un risultato che contrasta con l’immaginario collettivo che vuole la capitale d’Italia anche regina del traffico caotico. «Roma vanta una rete metropolitana estesa in grado di spostare un numero elevato di passeggeri - fa notare Perotti – ma è innegabile che siano presenti aspetti negativi importanti come i disservizi su alcune stazioni o sugli autobus che prendono fuoco». L’impressione è di grandi potenzialità che però vanno sviluppate.
In generale, tra gli aspetti che emergono dal lavoro dell’Osservatorio è che le città di dimensioni maggiori hanno più possibilità di fare massa critica e quindi di ottenere performance migliori. Le realtà medio-piccole, invece, spesso presentano indicatori positivi sul fronte della sicurezza (minore incidentalità) e della qualità dell’aria – l’indicatore Salute e sicurezza vede ai primi tre posti Reggio Calabria, Sassari, Perugia, Foggia e Siracusa – e anche della mobilità dolce, dove spiccano Rimini, Padova, Ravenna, Parma e Reggio Emilia.
Perimetri allargati
Se, come detto, uno degli obiettivi dello studio è favorire la diffusione della Mobility as a Service (Maas), perché questo avvenga «devi avere dei servizi da integrare fra loro – osserva Michele Perotti –. Purtroppo in alcune città siamo ancora quasi al passo zero».
Segnali positivi per una mobilità migliore emergono da due fronti: le aree metropolitane allargate e dalla logistica dell’ultimo miglio.
«Il perimetro della mobilità non può più essere solo quello di un singolo comune, ma almeno quello dell'area metropolitana o provinciale – chiarisce Stefano Clerici. È una visione che si va diffondendo non solo a Milano, ad esempio con l’integrazione tariffaria sul Tpl: abbiamo i casi di Io viaggio in Lombardia, Vip in Piemonte, Consorzio unico in Campania, e anche dell’Emilia e della Toscana.
Sul versante della logistica, il team di ricercatori evidenzia che in particolare sull’utimo miglio la transizione green va anche più veloce rispetto a quella dell'auto privata. «Con l’autonomia di oggi la mobilità elettrica funziona e la strada preferenziale deve essere questa» dice Michele Perotti.
Secondo Stefano Clerici il settore logistico dovrebbe tendere a una sorta di «monopolio naturale, con un operatore principale che ne coordina altri. Fino a quando ci saranno migliaia di operatori ci saranno anche le criticità».
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