i dati del Fashion & High Street Report

Moda, clima e incertezza frenano le spese degli italiani. Ma non quelle degli stranieri

di Chiara Beghelli

4' di lettura

Dopo un 2018 in calo dell’1,7%, nel primo trimestre segnali di cauto ottimismo si intravedono per gli acquisti di moda nei negozi italiani, in aumento del 7% e trainati da un positivo mese di marzo. È quanto emerge dal “Fashion & High Street Report” di Federazione Moda Italia con World Capital, realizzato in collaborazione con Osservatorio Acquisti Nexi, Global Blue e CCIAA di Milano e che include, in questa edizione, un focus interamente dedicato alla città di Palermo.

Lo scorso anno, dunque, le spese per abbigliamento, calzature, pelletteria, accessori, tessile per la casa e articoli sportivi, sono calate dell’1,7%, per un totale di oltre 13 miliardi di euro, calo che ha cancellato il +1,9% registrato nel 2017. Si tratta di spese effettuate con carta di credito, elaborate dall’Osservatorio Acquisti Nexi per Federazione Moda Italia, che evidenziano come il calo più evidente sia stato quello delle calzature (-7,3%), seguite da abbigliamento (-1,5%), mentre l’aumento più consistente è stato quello della spesa per accessori (+2,3%) e articoli sportivi (+2%). Bene anche la pellicceria (+2%) mentre percentuale quasi piatta per pelletteria e valigeria (+0,2%).

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Nel primo trimestre 2019, ecco vedersi finalmente qualche segno positivo, soprattutto a marzo, mese che ha registrato una sorta di fiammata con +7,2% trainata ancora dagli accessori e con calzature con segno finalmente positivo (+8,2%).

Per quanto riguarda i dati 2018 relativi alle diverse regioni, il record positivo spetta al Trentino Alto Adige (spesa a +9,4%), seguito a grande distanza dalla Sicilia (+0,3%), mentre tutte le altre 18 regioni sono in rosso, con cali compresi fra il -0,7% dell’Emilia Romagna e il -8% della Campania. Nel primo trimestre 2019, l’aumento nazionale del +7,2% è stato determinato dagli aumenti a doppia cifra di marzo, a partire dalla Liguria (+15,1%), Lombardia (+13,7%) ed Emilia Romagna +12,2%, segno che il nord del Paese è più propenso alla spesa. Il calo più forte è stato quello della Sardegna con -9,8%, regione in costante calo dall’inizio dell’anno come Basilicata e Calabria, Puglia e Umbria.

Anche lo shopping dei turisti è iniziato con più vivacità rispetto allo scorso anno: dopo un 2018 non proprio brillante, fra gennaio e marzo si è assistito a un incremento delle vendite nel settore fashion agli stranieri con una crescita del 6% delle vendite e del 7% del valore dello scontrino medio, pari a 791 €. Secondo i dati di Global Blue per Federazione Moda Italia, il 29% degli acquisti degli stranieri viene fatto dai turisti provenienti dalla Cina, seguiti dai russi (14%), dagli americani (+7%), coreani (+5%), con svizzeri (+5%) e clienti dei Paesi del Golfo (+4%) in forte crescita rispetto all’anno scorso. A Milano si concentrano gli acquisti tax free (38%), seguono Roma (17%), Firenze (9%) e Venezia (5%) e le altre località (16%) e gli outlet (14%).

Lo scontrino più alto fra dicembre 2018 e febbraio 2019 appartiene a Hong Kong (come per tutto il 2018), pari a 1.659 euro, seguito da Cina (1.206) e Stati Uniti Paesi del Golfo a 1.003. Ancora in calo i russi, del 9% a 665 euro, dato che conferma il -14% del 2018.

Infine, il report analizza il profilo dei negozi di moda, grazie a dati di CCIIAA Milano: nel 2018 le aziende erano 118.603, di cui 77.300 di abbigliamento, 15.999 di calzature e articoli in pelle, 13.521 di prodotti tessili, 10.439 di articoli sportivi e 1.314 di tessile per la casa. Colpisce il costante calo del loro numero a partire dal 2011, almeno dell’1,9% annuo, con picco negativo nel 2013 (-3,3%) e con un 2018 che ha registrato un altro -2,5%.

«Il 2018 si è chiuso ancora una volta in calo e i dati delle vendite nel fashion retail italiano di questo inizio d'anno sono ancora altalenanti - ha commentato Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia - . Rimane troppa incertezza e sappiamo bene che se manca la fiducia nel futuro e soprattutto le disponibilità economiche, anche i consumi rimangono al palo. A queste si aggiunge un clima meteorologico che ci ha fatto saltare la stagione. Una circostanza che, ahinoi, si ripete sempre più spesso in questi ultimi anni provocando ingenti danni economici e marginalità sempre più risicate al punto che, lavorando su collezioni stagionali, chiediamo che il settore venga assimilato a quello dell'agricoltura e di poter invocare lo stato di calamità del dettaglio moda. Con i saldi estivi alle porte, non c'è molto tempo per recuperare anche se è ancora presto per tirare le conclusioni sul 2019. Occorre però evitare l'incremento dell'IVA che comporterebbe un ulteriore crollo dei consumi e dare una bella sforbiciata, con un'auspicata riforma fiscale, alle tasse di famiglie e imprese per rilanciare i consumi interni. Le nostre aziende chiedono inoltre di lavorare almeno a parità di condizioni con quelle che si arricchiscono sul web senza versare un equo contributo al Paese».

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