Moda e Islam: il mercato verso i 375 miliardi di dollari nel 2025. Tra i driver anche TikTok
I brand del lusso e del fast fashion lanciano collezioni ad hoc per il mese di festa. L’Italia è il quarto esportatore di moda verso i mercati Oic ed è una meta sempre più scelta dai turisti dei Paesi del Golfo. Ma il vero boom è sui social
di Marta Casadei
6' di lettura
Lanterne accese e digiuno dall’alba al tramonto. Giovedi 22 marzo è iniziato il Ramadan, mese sacro per la religione islamica, che fino al 20 aprile circa (la fine, come l’inizio, viene decretata dalla posizione della luna) coinvolgerà circa due miliardi di persone in tutto il mondo. Come tutti i periodi di festa, il Ramadan è anche un periodo di acquisti: di cibo e dolci, che riempiono le tavole al calar del sole, ma anche di prodotti di abbigliamento che, per tradizione, si sfoggiano il giorno della festa conclusiva, Eid al Fitr. Ed è un fattore trainante per una comunità globale che, si stima, nel 2025 arriverà a spendere 375 miliardi di dollari in prodotti di moda.
Dal lusso al fast fashion: collezioni speciali per il Ramadan
L’occasione non è sfuggita ai marchi della moda e del lusso: Giorgio Armani ha lanciato sul mercato una collezione Armani Dolci by Guido Gobino - praline limited edition al cioccolato bianco e frutti di bosco, con un packaging che si ispira alle geometrie del mondo arabo -; Prada ha lanciato una capsule per Ramadan e Eid al Fitr con look da uomo e da donna, capi e accessori. Le capsule collection sono lo strumento con cui i brand dell’altagamma corteggiano la clientela mediorientale e islamica (che va molto oltre il Medio Oriente, come vedremo) in occasione di questa festività: Versace ha puntato sulla stampa Medusa Orchid su abiti, copricapo e cinture, con una mini collezione di capi da donna e da bambini disponibile negli Emirati, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita. Dior, invece, ha scelto di debuttare con la sua prima collezione Ramadan per gli uomini: la capsule Dior Homme, firmata da Kim Jones, rafforza il legame con il Medio Oriente che già era stato al centro della sfilata del brand alle Piramidi di Giza, lo scorso dicembre.
A misurarsi con edizioni speciali - in linea con la volontà delle maison di valorizzare le culture locali per esaudire i desideri dei propri clienti - non sono solo i brand del lusso: H&M ogni anno crea una capsule in edizione limitata per il Ramadan e quest’anno ha previsto tre lanci diversi per contrassegnare tre mini collezioni con tre stili diversi. I capi - caftani, gonne lunghe, camicie, ciabattine e accesori - sono disponibili sempre in un range limitato di mercati come l’Arabia Saudita.
Non solo Medio Oriente: i confini del mercato
Il mercato dei consumatori islamici - sebbene si concentri in Medio Oriente: un’area che, dopo il Covid e complice la presenza di molti turisti russi negli Emirati, sembra essere ripartita velocemente, trainata dalla crescita dell’Arabia Saudita - va oltre questi Paesi. Secondo il report «State of the global islamic economy 2022» di Dinar Standard, pubblicato nell’agosto dell’anno scorso, nel mondo ci sono 1,9 miliardi di musulmani che nel 2021 hanno speso 295 miliardi di dollari in prodotti di moda e arriveranno a spendere 375 miliardi di dollari. I primi mercati in valore sono Iran, con 50,7 miliardi, (il Paese è da mesi al centro di proteste e dure repressioni legate all’obbligo di indossare il velo imposto dal governo di Khamenei, ndr), Turchia con 36,2 miliardi, Pakistan (23 miliardi), Arabia Saudita (21,6 miliardi) ed Egitto (18,7 miliardi). Al di là di questi “big 5”, però, esistono molti altri mercati in termini di potenziale: la Malesia è uno di questi. Non si è lasciato sfuggire l’occasione l’e-tailer turco Modanisa, creato nel 2011 e oggi presente in 140 Paesi, che ha lanciato il suo sito per il mercato malese con una sfilata virtuale.
Il fenomeno «modest fashion» cresce su TikTok
Il citato Modanisa è uno dei più famosi player dedicati alla cosiddetta “modest fashion”, cioè la moda ideata e realizzata in linea con i principi religiosi. Ma con un alto contenuto moda. Un fenomeno “cross religioso” che oggi sembra avere un legame a doppio filo con l’Islam ma, soprattutto in passato, ha avuto declinazioni nelle comunità ebraiche e cristiane ortodosse.
«La modest fashion oggi risponde all’esigenza di molti figli della diaspora che sono cresciuti con determinate influenze estetiche e culturali, però vogliono vestirsi in linea con i propri valori religiosi», spiega Aya Mohamed, content creator che su Instagram è conosciuta come @milanpyramid e collabora con brand italiani e internazionali, tra cui Valentino e Prada solo per citarne alcuni. Il fenomeno modest fashion, infatti, corre veloce soprattutto sui social: al momento della stesura di questo articolo su TikTok i video con l’hashtag #modestfashion hanno 3,1 miliardi di visualizzazioni (il triplo rispetto a #madeinitaly), quelli con hashtag #ramadan addirittura 38,3 miliardi. Su Instagram i post contrassegnati da #modestfashion sono circa 5 milioni e le immagini spaziano dai jeans agli abiti da sposa (passando per le abaya, ampie vesti a maniche lunghe che coprono le caviglie e, fino a qualche anno fa, in Paesi come l’Arabia Saudita erano obbligatorie per tutte le donne). Le icone del modest fashion sui social sono molte: dalla top model Halima Haden (@halima, 1,3 milioni di follower) a Jamad Fiin (_Jamaad), capitana della più importante squadra di basket in Somalia.
La creatrice di @Milanpyramid, dal canto suo, ha costruito un progetto per un’audience interessata ad arte, moda, fotografia e soprattutto a un incrocio tra culture: Aya è nata in Egitto ed è cresciuta a MIlano, dove sta per laurearsi in Scienze Politiche all’Università Statale, e ha aperto l’account nel 2017. In testa ha la moda, che è una passione di famiglia. E, agli occhi degli altri, ha soprattutto il velo: «A 18 anni ho iniziato a indossarlo e mi sono improvvisamente sentita osservata - spiega -. Così ho iniziato a condividere contenuti sui social per sensibilizzare ed educare su certe tematiche». E non solo: «La mia passione è sempre stata la moda: la prima maison che mi ha contattata è stata Valentino, ma provo lo stesso entusiasmo ogni volta che collaboro con un brand di questo calibro».
L’Italia tra i primi produttori. E potenziale mercato
L’Italia, secondo il report, è invece uno dei principali esportatori di modest fashion, con circa 1,2 miliardi di dollari in valore di merce venduta ai Paesi Oic. E un potenziale mercato: «Le clienti musulmane sono un bacino con potenzialità elevate per i brand, e non solo in Medio Oriente: in Italia (dove l’Islam non è riconosciuto come religione ufficiale, ndr) i musulmani sono oltre due milioni», spiega Aya. Che proprio in occasione del Ramadan 2023 ha ideato un progetto per avvicinare culture diverse, con la moda come trait d’union: «A Dubai è molto comune che i brand, così come in Europa organizzano eventi natalizi, invitino clienti, influencer e stampa a iftar (il pasto che rompe il digiuno, ndr) o suhur (l’ultimo pasto prima dell’alba e quindi del digiuno) speciali. Quindi ho voluto organizzare un evento simile: l’evento si chiama Aya Mohamed X Fidenza Village e ruota attorno all’Iftar». L’appuntamento è in programma lunedi 27 marzo presso lo spazio The Apartment del villaggio della The Bicester Collection e vedrà seduti allo stesso tavolo membri della comunità musulmana, influencer, stampa.
Al di là dei musulmani residenti in Italia - che secondo Openpolis sono circa 2,7 milioni, e quindi quasi il 5% della popolazione residente -, il nostro Paese accoglie ogni anno moltissimi turisti di religione islamica. I dati più recenti diffusi da Global Blue - principale operatore tax free in Europa - segnalano che nel mese di febbraio 2023 e solo dai Paesi del Golfo (Kuwait, Qatar, Arabia Saudita, Emirati, Bahrain, Oman) in Europa hanno fatto segnare un +286% sul febbraio 2019. I turisti dal Golfo si erano fatti notare anche a Milano dove sempre secondo Global Blue, tra luglio e settembre, avevano realizzato quasi la metà dei loro acquisti, raddoppiando i livelli di spesa pre-pandemia con uno scontrino medio pari a 1.390 euro, in +26% rispetto al 2019. Acquisti che per l'83% interessano il settore del Fashion & Clothing e per il 14% orologi e gioielli.
Al di là delle collezioni Modest fashion e delle capsule collection per le occasioni speciali come il Ramadan, che come già detto nel nostro Paese spesso non sono nemmeno disponibili per essere acquistate, il mondo della moda made in Italy lavora spesso e volentieri con la clientela mediorientale e islamica. Lo racconta Francesca Liberatore, designer romana che, dopo studi a Londra e una serie di esperienze internazionali, ha aperto il proprio brand debuttando alla fashion week di Milano nel 2009 e, successivamente, ha sfilato per anni a New York. «Ci sono due aspetti che da creativa costituiscono un importante stimolo e sfida.Da un lato le nuove generazioni sembrano fortemente globalizzate, desiderose di internazionalità, proiettate al nuovo e alla tendenza.Dall'altra parte il target più adulto e radicato è fonte di valori culturali, storici e sociali, che uno stilista ama analizzare, ricercare, studiare come base di nuova produttività, sperimentazione, applicazione», spiega la designer e imprenditrice.
Per presentare la collezione autunno-inverno 2023/24 ha scelto due contesti diversi: la fashion week di Milano e la Dubai Fashion Week che si è tenuta dal 10 al 15 marzo: «Ho utilizzato molti degli stessi capi ma modificando il linguaggio, rieditando i miei capi, sia per rispetto, sia per favorire possibilità di interlocuzione con chi mi ospita e desidera rivedersi nei miei capi ma soprattutto perché non amo ripetermi, quindi l’ho fatto per Dubai, ma lo faccio anche per New York».
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