Modello spagnolo e inglese per il calcio femminile italiano
la Fifa crede tanto nel calcio femminile, e si vede, la Figc dice di crederci, ma lo sta dimostrando concretamente?
di Maria Luisa Colledani
4' di lettura
L’hijab di Nouhaila Benzina, 25 anni, difensore del Marocco, è un gol ai pregiudizi. Ma il Mondiale, che si chiude domani 20 agosto a Sydney con la finale Spagna-Inghilterra, è soprattutto un gol in una porta grande come l’arcobaleno, come il futuro. Perché la Fifa, che ha organizzato la manifestazione, la prima a 32 squadre e da tutto esaurito, ha creduto nell’evento e nell’evento come chiave per rafforzare il calcio femminile.
Ha deciso - con un azzardo calcolato - di vendere separatamente i diritti del Mondiale femminile da quelli della rassegna maschile, faticando a venderli, ma varando un’indipendenza commerciale che ha un valore simbolico e ne avrà uno economico (considerato il successo di audience che ha convinto anche i broadcaster più scettici). Ha scelto di alzare i premi rispetto al passato: dai 30mila dollari per le atlete eliminate ai gironi fino ai 270mila di chi alzerà la coppa (e la maggior parte delle partecipanti non arriva a 30mila dollari di ingaggio annuo); ha varato un contributo alle federazioni (dagli 1,56 milioni per le squadre uscite al primo turno fino ai 4,29 milioni per la Nazionale che vincerà).
Ha stanziato - come fa sapere Valentina Losa, dalla Gde Bertoni di Paderno Dugnano - un budget identico al Mondiale maschile per coppa e medaglie in oro, argento e bronzo, che saranno assegnate, mai successo prima, alle calciatrici, dando mandato all’azienda, leader nel settore dei trofei, di studiare come realizzare nel 2027 la coppa femminile (ora è in ottone dorato) in oro, come quella degli uomini.
Scommessa sul potenziale del calcio al femminile
Tutto questo per la Fifa non è solo scelta d’immagine e questione politica legata soprattutto alla parità dei diritti tra generi, ma anche di interessi della stessa Fifa, che sta scommettendo sul potenziale del calcio femminile (la Fifa Women ha generato entrate per oltre 570 milioni di dollari). Ormai molte aziende hanno bussato alle porte di Zurigo chiedendo di sponsorizzare “solo” il torneo femminile, perché un ragazzo su tre della generazione Z non segue il calcio e quindi allargare la base dei tifosi, con le donne, non ha esclusivamente una valenza sociale, ma anche di mero business.
I segnali sono chiari: Dazn verserà 35 milioni per cinque stagioni alla Liga de Fútbol Femenino per trasmettere il campionato femminile spagnolo, sempre Dazn ha acquisito Ata Football, piattaforma streaming specializzata in competizioni delle donne, l’Asian Football Confederation lancerà nel 2024-25 la Champions League asiatica femminile.
Finale della svolta
Il calcio femminile è una realtà economica e la finale di Sydney segna una svolta. Dopo il tramonto degli Usa di Rapinoe e Morgan, si affrontano le due squadre più moderne, Spagna e Inghilterra, espressione, non a caso, di due campionati totalmente professionistici: la Roja di Alexia Putellas, due volte Pallone d’oro, tiene bene la palla e, nei veloci ribaltamenti, ha qualcosa “alla Cruijff” e l’Inghilterra della ct olandese Sarina Wiegman ha un trio centrale impeccabile e la capacità di cambiare spesso modulo.
Finale incerta: dalla parte della Roja i tanti successi a livello giovanile degli ultimi anni e il blocco delle calciatrici formate alla Masia; dalla parte delle Lionesses, la stella dell’Arsenal, Alessia Russo, biondissima e dal dna siciliano, e un’attenta programmazione.
#LetGirlsPlay per la parità di accesso al calcio
Nel 2010 è nata la FA Women’s Super League con investimenti destinati a promozione del calcio già dalle scuole primarie, formazione del capitale umano (dagli allenatori ai preparatori), infrastrutture. E, nel 2021, a cent’anni dal divieto della Federazione inglese a ogni collaborazione tra club e calciatrici, è stata lanciata la campagna #LetGirlsPlay per la parità di accesso al calcio nelle comunità e nelle scuole entro il 2024.
Al modello inglese - che ha già garantito la vittoria dell’Europeo 2022, il quarto posto al Mondiale di Francia 2019 e il terzo a Canada 2015 - dovrebbe guardare anche l’Italia. Secondo il Report Calcio 2023, tra il 2008 e il 2022 le tesserate sono quasi raddoppiate (da 18.854 a 36.552), con una crescita di 10mila unità nell’ultimo anno ed entro il 2033 il valore commerciale del calcio femminile può crescere di sette volte, passando da 6,6 a 46,7 milioni di euro. Ma al Mondiale questi progressi non si son visti. La spedizione azzurra è stata deludente: tranne la fiammata di Cristiana Girelli all’esordio contro l’Argentina, la resa con la Svezia e la sconfitta al 92’ con il Sudafrica.
Azzurre senza capodelegazione
Le Azzurre si sono lamentate di non aver sentito fiducia attorno. E come dar loro torto? La Figc, non avendo un capodelegazione, è dovuta ricorrere al manager di un club (il preparatissimo Stefano Braghin della Juventus Women); al seguito delle ragazze neppure un dirigente Figc e, per quanto si possano capire gli impegni e la lontananza, si trattava di un Mondiale, non di un torneo minore, e, infine, la questione della ct Milena Bertolini, il cui contratto scadeva a fine agosto e tutti sapevano che non sarebbe stato rinnovato, mandandola indebolita alla rassegna più importante. Nella stagione 2021-22, la Federcalcio ha investito 5,8 milioni sulle donne, ma nel 2019-20 la federazione spagnola aveva messo 20 milioni. Insomma, la domanda è più generale: la Fifa crede tanto nel calcio femminile, e si vede, la Figc dice di crederci, ma lo sta dimostrando concretamente?
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