Moderna: futuro incerto per il settore, ma la tecnologia mRNA ha ancora un grande potenziale
Biotech. La società sfrutta i ricavi del vaccino Spikevax e punta su altre aree: dall’oncologia all’influenza. Attesa per la trimestrale. Il settore resta debole
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Prima, contestualmente alla pandemia da Covid, il balzo in avanti. Sia in Borsa che a livello di conto economico. Poi, la discesa. Così può riassumersi, nei passati esercizi, la dinamica di Moderna.
Andata e ritorno
Secondo il terminale Bloomberg, la società biotech, nel 2019, aveva un giro d’affari di 60,2 milioni di dollari e una perdita di 513,5 milioni. Nell’anno successivo, in scia allo sviluppo del vaccino Spikevax approvato in via di urgenza, i ricavi sono saliti a 803,4 milioni con l’ultima riga di conto economico ancora in rosso di 748 milioni. Nel 2021 la svolta: la bottom line scatta in avanti e l’azienda quotata al Nasdaq realizza un utile di 12,2 miliardi di dollari (17,67 miliardi i ricavi). La profittabilità - seppure in frenata - è confermata nel 2022 quando Moderna contabilizza un reddito netto di 8,36 miliardi. Nell’ anno in corso, invece, c’è il ritorno al rosso. Al 30/6/2023 nell’ultima riga del conto economico viene segnata la perdita di 1,3 miliardi di dollari (i profitti, nello stesso periodo del 2022, erano stati 5,84 miliardi). A ben vedere la dinamica è replicata in Borsa. Il titolo di Moderna, nel 2020, viaggia intorno ai 20 dollari. Poi la quotazione ha preso il volo ed è arrivata, in una chiara bolla finanziaria, oltre 449 dollari nel settembre del 2021. Di lì è iniziata la discesa. Le azioni, tra un rimbalzo e l’altro, sono tornate sotto i 100 dollari e attualmente danzano intorno a 72 dollari (chiusura del 26/10/2023). Certo: a quest’ultima dinamica ha contribuito la difficoltà - a causa dello stesso rialzo dei tassi da parte della Fed - del comparto biotech. E, però, non può negarsi che i prezzi si sono sgonfiati perché da una parte - scemando l’emergenza Covid - gli introiti della società hanno frenato; e, dall’altra, è venuta meno la speculazione sul titolo legata alla stessa pandemia. In generale, comunque, è chiara l’“andata e ritorno” della società, sia sotto il profilo borsistico che contabile. A fronte di un simile contesto, la domanda è: Moderna sarà in grado, sfruttando le ricchezze acquisite con il vaccino anti Covid, di riprendere la crescita emancipandosi (seppure non totalmente) da Spikevax? La risposta è articolata e, per rispondere, appare utile ricordare l’oggetto sociale dell’azienda. Il focus è su una specifica tecnologia: quella dell’ Rna messaggero (mRna). In linea di massima, e in parole molto semplici, va ricordato che il Dna è presente nel nucleo della cellula. Di conseguenza è necessario un tipo di Rna - quello messaggero, per l’appunto - che trasporti le informazioni contenute nel nucleo al citoplasma, al fine di contribuire alla creazione delle proteine. Ebbene: le tecniche basate sull’ mRna intervengo proprio a questo livello. Ad esempio, impediscono la trasmissione di eventuali informazioni “errate” in arrivo dal nucleo della cellula, evitando così la creazione di una proteina danneggiata che può dare vita alla malattia.
La tecnologia- seppure in una diversa modalità - è stata usata, da parte di Moderna, con efficacia nell’ambito del Covid. Ora l’obiettivo è trasferire l’esperienza nella cura di altri malanni. Secondo una tabella pubblicata all’interno degli ultimi dati semestrali (il Form 10-q inviato alla Sec), Moderna ha 47 programmi in sviluppo su diverse aree terapeutiche: dalle “infectious diseases” alle soluzioni contro il cancro fino alle malattie respiratorie stagionali. La sfida, per l’appunto, è nella realizzazione di nuovi farmaci.
Le indicazioni degli esperti
«Gli studi più avanzati nella pipeline dei vaccini di Moderna - dice BB Biotech investment team (che ha il titolo in portafoglio, ndr) - includono già due evidenze cliniche». Per il Virus respiratorio sinciziale «la fase 3 ha avuto successo e sono state presentate le domande di approvazione globale». Tanto che, è l’indicazione della società, è atteso il lancio commerciale nel 2024. «Poi c’è il vaccino anti influenza. Qui sempre la fase 3 ha avuto successo». Inoltre è «rilevante il fatto che, nell’ambito della cura del melanoma, per la prima volta esista uno studio di fase 3 in corso». Si tratta, in questo caso, della partnership con Merck che - tra le altre cose - prevede la condivisione paritetica degli eventuali futuri profitti. «In generale - aggiunge Lis Agosto, research analyst di Global X - rispetto proprio ai vaccini antitumorali l’attesa è per una prima approvazione già nel 2025». Insomma: si tratta d’importanti «passaggi che potrebbero rappresentare dei momenti di svolta per l’azienda biotech». Ciò detto c’è però chi - a prescindere dal caso di Moderna - invita alla prudenza. «La tecnologia in oggetto - spiega Anna Gatti, direttore del laboratorio di ricerca Lift alla Sda Bocconi - è molto sofisticata e “fragile”. L’utilizzo in ambiti diversi da quelli in cui si è già dimostrata efficace non è automatico né immediato». Di conseguenza, «la cautela nel valutare simili situazioni è essenziale».
L’operatività
Così com’ è essenziale cogliere gli aspetti rilevanti sul fronte operativo dell’azienda. Una priorità è quella della digitalizzazione dei processi. Una «condizione quest’ultima - ha indicato il ceo Stephane Bancel nella conference call sull’ultima trimestrale - che è centrale riguardo all’impatto dell’Intelligenza artificiale (...) Quell’ Artificial intelligence (Ai) la quale» deve essere sempre presente «nel flusso di lavoro». Già, l’Artificial intelligence. «In generale -sottolinea Chiara Sgarbossa, Direttore dell’Osservatorio life science innovation del PoliMi - l’Ai è utile nell’ottimizzazione dei processi di sviluppo di un farmaco, anche non biotech». Ad esempio, nella fase «di scoperta della molecola oppure d’individuazione del giusto gruppo di soggetti su cui fare la sperimentazione». In particolare poi, rispetto a tecnologie quali quella usata da Moderna, «l’Artificial intelligence è ancora più rilevante nella definizione del giusto Rna messaggero su cui avviare la sperimentazione». «La “drug discovery -conferma Agosto - è un lavoro particolarmente difficile. L’Ai può aiutare a tagliare i costi di sviluppo pre clinico del 20-40%, oltre ad accelerare di 15 volte i tempi per la progettazione ed approvazione». In altre parole: gli investimenti «dell’azienda su questa frontiera dell’innovazione paiono essenziali».
Tutto rose e fiori, quindi? La situazione è più complicata. Il risparmiatore rimarca il fatto che Moderna sia focalizzata esclusivamente sull’mRna. Un approccio “monotematico” che, a livello di modello di business, costituisce un rischio. «In realtà - afferma Gatti - quella dell’Rna messaggero è una strada, da anni conosciuta, che da un lato è arrivata alla giusta maturità»; e, dall’altro, «costituisce un vero punto di svolta». Quindi, acquisire una «posizione di primo piano in un simile settore è un’opportunità rilevante». «Anche perché -fa da eco Sgarbossa -, nonostante il focus su una singola metodologia costituisca di per sé un rischio, non va dimenticato un aspetto». Quale? «Il fatto che Moderna punti a sviluppare farmaci in aree di patologie differenti tutte importanti. Basta pensare al focus sulle malattie rare o cardiovascolari». Ma non è solo questione di tecnologie, intelligenza artificiale o nuovi farmaci. La società biotech, avendo ad oggi in commercio solo il vaccino anti Covid, vuole ancora fare leva sulle vendite di quest’ultimo. L’azienda, sull’intero 2023, stima ricavi compresi tra 6 e 8 miliardi. La previsione si basa sulla domanda privata di vaccinazioni -soprattutto negli Usa - per una malattia che è diventata endemica. Sennonché, Pfizer di recente ha tagliato le stime sull’esercizio in corso proprio per una minore domanda del vaccino anti Covid. Dal che alcuni esperti sottolineano che l’obiettivo di Moderna sia eccessivo. Di più. In generale il mondo del biotech è “capital intensive”. Di conseguenza la stretta monetaria da parte della Federal reserve, unitamente all’incertezze economiche e geopolitiche, hanno creato difficoltà. Da un lato il costo degli investimenti è salito; dall’altro gli stessi impieghi sono calati. Secondo Hsbc, nel primo semestre del 2023, l’operatività dei Venture capital nel biopharma - in Europa e America - si è assestata a 10,7 miliardi di dollari. Cioè: in calo del 35% se annualizzato rispetto all’esercizio precedente. Chiaro che in un simile contesto sorgono dubbi rispetto alle prospettive di Moderna. «La società - ribatte BB Biotech investment teeam - usa le proprie riserve di liquidità generate dal vaccino Covid per accelerare gli studi di sperimentazioni» su altri farmaci. Sono previsti costi di R&D «pari a 5 miliardi di dollari all’anno per i prossimi 5 anni. Moderna è lontana dall’esaurire le sue riserve ed è ben posizionata strategicamente». Non solo. «Il settore biotech -fa da eco Agosto - ha indubbiamente risentito del contesto macroeconomico generale. Al di là di ciò, si tratta di un impatto a breve termine. Le biotecnologie cresceranno ad un tasso medio annuo composto (Cagr, ndr) dell’11% fino al 2028, rispetto al Cagr del 3% previsto per i trattamenti convenzionali non biotech». Sarà il tempo a dire se si tratta di stime troppo ottimiste. Così come, più nel breve, sarà la società - attesa la settimana prossima alla pubblicazione dei conti trimestrali - a dire quali sono le sue reali prospettive di business.
Un’attività, comunque, rispetto alla quale il risparmiatore fai-da-te deve usare, vista la sua stessa volatilità, cautela.
L’andamento del titolo
L’analisi tecnica del titolo
L’analisi di Finlabo research
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