ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùGenova

Modigliani a Palazzo Ducale: i sei imputati assolti, dichiarati otto falsi

Nessuna condanna: non vi fu truffa. Secondo il giudice Massimo Deplano: esposte quelle opere nel 2017 non sapendo che fossero patacche nella mostra su Modì

di redazione

3' di lettura

La mostra di Modigliani a Palazzo Ducale a Genova, chiusa in anticipo nel 2017 con il sequestro di 21 opere, non fu una truffa. E per questo i sei imputati sono stati assolti anche se otto dipinti siano stati dichiarati falsi. Secondo il giudice Massimo Deplano quelle opere vennero esposte non sapendo che fossero patacche. L’udienza si è aperta con la notizia della morte, quattro giorni fa a New York, del principale imputato Joseph Guttmann, mercante d’arte di 81 anni. I suoi legali, gli avvocati Massimo Boggio e Massimo Sterpi, hanno chiesto comunque l’assoluzione nonostante il decesso “per onorare la sua memoria e ricostruire la sua reputazione”. Il caso giudiziario venne sollevato dal critico d’arte Carlo Pepi che, dopo aver visto il catalogo, denunciò ai carabinieri la falsità di un terzo dei quadri esposti. Fra i testimoni chiave viene individuato l’esperto francese Marc Restellini che puntò subito il dito contro Guttmann. Le opere vennero sottoposte a una consulenza e il pool di esperti ne bollò 20 come vere e proprie “patacche” (su una delle 21 sequestrate è rimasto il dubbio).

A processo, a vario titolo, per truffa, falso, ricettazione e contraffazione di opere, c’erano Massimo Zelman, presidente di Mondo Mostre Skira, che imbastì l’esposizione; Joseph Guttmann, mediatore originario dell’Ungheria con base a New York e proprietario di molte delle opere sequestrate; Rudy Chiappini, italiano trapiantato in Svizzera, curatore; Nicolò Sponzilli, direttore mostre Skira; Rosa Fasan, dipendente Skira; Pietro Pedrazzini, scultore svizzero, proprietario di “Ritratto di Chaim Soutine” che agli occhi degli investigatori piazzò come autentico pur sapendolo finto. La Fondazione Palazzo Ducale si era costituita parte civile tramite l’avvocato Cesare Manzitti. Il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio aveva chiesto cinque condanne, dai sei anni agli otto mesi, e l’assoluzione per Zelman. “Dell’iniziale impianto accusatorio non è rimasto in piedi praticamente nulla. Leggeremo le motivazioni per capire cosa ha ritenuto il giudice sulle opere ritenute false - hanno detto i legali Sterpi e Boggio - la mostra era assolutamente legittima e al massimo c’era una questione di attribuzione di quadri a doppia mano, ma questa è una tipica questione che si discute tra i critici d’arte e non in un tribunale mettendoci cinque anni per arrivare a una decisione del genere”. Di parere opposto il procuratore aggiunto D’Ovidio: “È dimostrato che alcune opere erano false. Sull’elemento soggettivo, cioè sulla consapevolezza, non pensiamo che non fossero consapevoli, ma vedremo le motivazioni”.

Loading...

La reazione

La sentenza di assoluzione ha portato Vittorio Sgarbi ha criticare l’inchiesta. “L’ipotesi accusatoria infondata e l’incompetenza manifesta delle due improbabili perite aveva portato a incriminare collezionisti in perfetta buona fede che avevano acquistato opere referenziate e pubblicate senza alcun dolo possibile”, ha detto. Ed ha aggiunto: “Nella sostanza sono state diffamate persone oneste e persino lo stesso Modigliani, arrivando a una conclusione sconcertante: l’inautenticità risulta opinabile prima per 13 opere, poi per 21 e alla fine per “alcune”, forse per 8. In definitiva, probabilmente, per nessuna. E certamente senza nessuna intenzione truffaldina”.

Le opere false e le opere buone

Secondo gli investigatori, attraverso l’esposizione alla mostra si voleva rendere autentiche delle opere false in modo tale da acquisire una maggiore quotazione e rivenderle a prezzi stellari nel centenario della morte di Modì. Tra le opere ritenute false, e che dovranno essere “marchiate” con la scritta “Non riconducibili a Modigliani”, ci sono “Cariatide Rossa/Les Epoux”, (Modigliani 1913, olio su tela), “Cariatide”, (Modigliani 1914, tempera su carta); “Ritratto femminile” (Modigliani, 1917, dipinto a olio) (in foto); “Ritratto di Moricand” (Modigliani, 1915, olio su tela) e poi di Kisling “Giovane donna seduta, Kiki”, (1924 - 26 circa, olio su tela); “L’Atelier”, numeri 37 e 38 del catalogo (Kisling e Modigliani, relativamente alle sole parti attribuite a Modigliani, 1918 circa, olio su tela); “Natura morta con ritratto” di Moise Kisling (Modigliani/Kisling, 1918 circa, olio su tela).

Tra le 21 opere sequestrate restituite ai proprietari ci sono di Modigliani “Testa scultorea”, 1910-11, disegno a matita grassa su carta, “Ritratto di Jean Cocteau” del 1916, disegno a matita su carta, “Ritratto di Cham Soutine” del 1917, olio su tela, “Nudo seduto” del 1913-1914, matita e acquarello blu su carta, “Nudo disteso (Ritratto di Céline Howard)” del 1918 circa, olio su tela, “Ritratto di Mose Kisling” del 1916, disegno a matita su carta, “Testa di donna” del 1917, olio su tela, “Testa di donna dai capelli rossi” del 1915, olio su tela, “Donna seduta” del 1916, disegno a matita su carta, e “Ritratto di Maria”, 1918 circa, olio su cartone. Di Moise Kisling le opere restituite sono “Madame Hanka Zborowska nell'atelier”, 1912 circa, olio su tela; “Giovane donna seduta, Kiki”, 1924 – 26 circa, olio su tela, e “Grande nudo disteso (Portrait d'Ingrid)”, 1929-1932 circa olio su tela.

Riproduzione riservata ©

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti