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Moka Bialetti festeggia i 90 anni: per l’Omino una seconda giovinezza

L’azienda ha chiuso il semestre con il fatturato in crescita del 5,7%. Prosegue l’attività di risanamento, entro novembre l’advisor per la cessione

di Matteo Meneghello

La forza del marchio. L’azienda sostiene che il caffè abbia ancora molte potenzialità da esprimere. Ci sono opportunità nuove da esplorare, legate ai mercati esteri oppure al lancio di edizioni limitate

4' di lettura

«La Moka è oggi il modo più ecosostenibile per preparare il caffè: è costruita in alluminio riciclabile, viene lavata con acqua calda senza detersivo, e la polvere di caffè viene poi smaltita nel composter. Detto questo, l’avvento della capsula è stato una rivoluzione: basti pensare che in generale sul mercato il prezzo medio del caffè in polvere è di 9 euro al kg, mentre quello delle capsule è oggi tra i 35 e i 39 euro al kg».

Egidio Cozzi, amministratore delegato di Industrie Bialetti, sta guidando in questi anni un percorso di profonda trasformazione nel dna della società dell’Omino con i baffi; un mutamento che vede un peso sempre maggiore del caffè all’interno del portafoglio di offerta del gruppo, accanto allo storico core business della Moka. Scelte legate a motivi strategici ma anche di necessità: il Gruppo ha dovuto affrontare una pesante crisi di liquidità che ora sta cercando di mettersi alle spalle con la messa a terra di un piano industriale che ha comportato sacrifici e una decisa ristrutturazione del perimetro aziendale e della rete di negozi proprietari.

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Ma la Moka di Bialetti, che proprio in queste settimane compie i 90 anni di età, è abituata al cambiamento. Nata in Piemonte da un’azienda che aveva il suo core business nella produzione di semilavorati in alluminio, negli anni Novanta è stata rilevata da un gruppo bresciano, specializzato nella produzione di pentole, che ne ha fatto il perno di una campagna di acquisizioni multi-brand (tra queste anche Girmi e Aeternum, per citare i marchi più importanti) coronata nella quotazione in Borsa. Poi, dopo le prime difficoltà, il passo di lato: la scelta di investire sul caffè (in capsule e in polvere), valorizzando il patrimonio della Moka (i semilavorati in alluminio sono fatti in Romania, assemblati in Italia) e dismettendo le linee legate a pentole e piccoli elettrodomestici. Bialetti Industrie oggi è un gruppo che nel primo semestre di quest’anno ha fatturato 63,3 milioni, in crescita del 5,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con un Ebitda positivo per 7,7 milioni; il risultato finale però resta in rosso e anche l’indebitamento finanziario (pari a 86 milioni) è ancora pesante. L’obiettivo dichiarato è ripianare l’intera posizione debitoria entro la fine dell’anno prossimo, vendendo l’intera azienda: entro la fine di novembre è attesa la scelta dell’advisor per avviare l’iter per la cessione.

Nell’ultima semestrale, escludendo un residuo 10% ancora legato al cookware ora dismesso, la vendita di caffè in capsule e in polvere ha pesato per il 32% nel mix dei ricavi, in crescita rispetto al recente passato, mentre le caffettiere incidono ancora per il 57%. La sensazione, come si conferma all’interno dell’azienda, è che il caffè abbia ancora molte potenzialità da esprimere. «La Moka ha una longevità che sorprende tutti: il tasso di penetrazione è elevato, ma troviamo comunque sempre opportunità nuove, legate ai mercati esteri, al lancio di edizioni limitate come nel caso del recente sodalizio con Dolce&Gabbana, o al travel retail che dopo il Covid è ripreso con vigore – ragiona Marzio Buttarelli, global strategy&business development director del Gruppo -. Detto questo, non c’è dubbio che le potenzialità del caffè siano ancora ampie: oggi Bialetti è posizionata in una fascia premium: nel caffè in polvere dobbiamo fare i conti con leadership di mercato che in Italia sono consolidate da anni, ma nelle capsule siamo riusciti a costruire in poco tempo una market share del 4% e siamo al terzo posto dopo i due leader di mercato».

L’azienda in questi anni ha investito in nuovi impianti per internalizzare un intero ciclo produttivo legato al caffè. Quest’anno, in particolare, è stata installata in Italia una nuova linea per il confezionamento delle capsule, portando a quattro gli impianti dedicati a questo segmento di business, per un investimento di circa 4 milioni. Il ciclo produttivo, dislocato nella sede di Coccaglio, in provincia di Brescia, prevede una lean production che comprende accoglimento e verifica della materia prima, tostatura, composizione del blend, eventuale degasaggio per ridurre naturalmente la presenza di co2 nel caffè, altri controlli qualità e quindi confezionamento automatizzato con linee distinte per capsule e caffè in busta. Per quanto riguarda quest’ultimo, l’azienda punta sul posizionamento di mercato ereditato dall’Omino Bialetti. «L’obiettivo è offrire al cliente il miglior prodotto possibile per fare il caffè con la Moka» spiegano dall’azienda.

Non è un caso che il marketing abbia battezzato questa linea di prodotto Perfetto Moka: lo spunto è fare leva sulle sinergie commerciali e sulle competenze maturate in quasi in un secolo di produzione della storica macchina per il caffè. L’azienda tiene a ribadire che l’Omino Bialetti resta centrale: alla Moka è stata dedicata una linea produttiva dedicata, «un unicum a livello impiantistico – spiegano i tecnici dell’azienda –, considerate le peculiarità del prodotto». Il Gruppo ha investito l’anno scorso circa 3 milioni per internalizzare totalmente la filiera e concentrare le competenze, allo scopo di aumentare il valore generato e quindi percepito dal consumatore. La linea, automatizzata, assembla i prelavorati (una dozzina di prezzi distinti, considerando anche valvola, viti e componenti in gomma) provenienti dal secondo plant controllato dal gruppo, localizzato in Romania (nel quale sono stati investiti quest’anno circa 3 milioni di euro).

«Abbiamo attraversato anni complessi, abbiamo risolto molti problemi e ora l’azienda è rilanciata – conclude Cozzi -. Il merito è anche legato al marchio. Bialetti è un marchio unico, non segmentante, veramente democratico, e in questi anni la sua forza non è mai venuta meno».

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