Mondiali ciclismo: Ganna re dell’inseguimento, Van Der Poel iridato su strada
La cattiva notizia è che gli azzurri nella prova su strada ormai fanno solo contorno
di Dario Ceccarelli
4' di lettura
Il ciclismo italiano, nella domenica delle meraviglie del Mondiale di Glasgow, ci dà una buona e una cattiva notizia. Cominciamo da quella buona per tenerci su di morale: nella pista abbiamo un campione - Filippo Ganna - che non cessa mai di stupirci.
Anche quando sembra ormai battuto, anche quando nessuno, neppure il suo più accanito tifoso, gli darebbe un centesimo, riesce sempre a inventar qualcosa che, stravolgendo la logica, gli permette di arrivare a bersaglio.
In questo caso il bersaglio è il sesto titolo mondiale dell’inseguimento davanti alla platea plaudente del velodromo Chris Hoy. Direte: qual è la novità, visto che Super Pippo è il numero uno della specialità? La novità è che al terzo dei quattro chilometri della prova, Ganna aveva un distacco di 2 secondi e 184 millesimi dal britannico Dan Bigham, suo avversario nella finale. Un distacco enorme anche per un fuoriclasse come l’azzurro.
Invece scatta qualcosa: una di quelle magie che solo i grandissimi campioni sanno tirare fuori dal loro sacco dei talenti. Ganna infatti come Beep Beep, il rivale di Willy il Coyote di quel famoso cartone, dà una accelerata portentosa che gli permette di rodere quasi tutto il vantaggio di Bigham, anche lui incredulo davanti a una simile rimonta.
All’ultimo giro della pista (250 metri) però il britannico ha ancora mezzo secondo. Ormai la sfango, deve aver pensato Bigham, un ingegnere col regolo incorporato che non crede ai miracoli. E invece nell'ultimo giro dell’anello avviene davvero il miracolo: Ganna al traguardo passa in testa per 54 millesimi di secondo a una media di quasi 60 km all’ora! Un’impresa da fantascienza che lascia senza fiato. Infatti scatta un applauso infinito che il campione piemontese, come un attore dopo la recita, ricambia con un inchino. Bigham, ancora frastornato, sportivamente va subito ad abbracciarlo. I due rivali nonostante tutto sono molto amici. Il britannico è anche l’ingegnere di pista di Ganna, l’uomo che ha preparato la bicicletta che l’azzurro ha utilizzato per il record dell’ora.
Un trionfo quello di Ganna. E pensare che fino alla vigilia, non sentendosi al meglio, l'azzurro voleva dare forfait. Ma poi nel piemontese è scattato qualcosa. Forse la sconfitta sui 4 chilometri contro la Danimarca col quartetto, gli aveva lasciato l’amaro in bocca. Un argento, certo, è meglio di niente. Però Ganna è un campione di razza, già primatista dell’Ora, già medaglia oro alle Olimpiadi di Tokyo.
Insomma, se le gambe dicevano di no, il cuore alla fine ha detto di sì. “Sono veramente orgoglioso di me e della squadra” ha detto il piemontese finalmente soddisfatto ma un po’ incredulo di tanta impresa.
Ora con ben altro spirito può concentrarsi per la prova a cronometro di venerdì 11 agosto. Se la vedrà con gente come Evenepoel, Van Aert e Pogacar, talenti che non hanno certo bisogno di presentazioni.
Ma Ganna ce la può fare. Se riuscisse, sarebbe il suo decimo titolo mondiale: sei nell’inseguimento individuale, uno con il quartetto e due nella prova a cronometro. Un curriculum straordinario visto che l’azzurro ha solo 27 anni e potenzialità, su strada, non ancora del tutto esplorate.
A proposito di strada. Due ore prima dell’exploit di Ganna (per la pista va ricordato anche il bronzo di Jonathan Milan, vincente sul portoghese Oliveira) Mathieu Van der Poel vinceva il mondiale dei professionisti su strada. Anche quella dell’olandese, realizzata in un circuito più da crossisti che da velocisti, è un’impresa da inserire negli annali.
Dopo sette ore di corsa, VdP a circa 22 km dal traguardo, scattava lasciando indietro giganti come il belga Van Aert (secondo), lo sloveno Pogacar, (terzo) e il danese Pedersen (quarto).
Nonostante una caduta per la pioggia a 16 km dal traguardo, Van Der Poel è riuscito a stravincere il mondiale con più di un minuto e mezzo sugli inseguitori. E così il fenomeno olandese si porta in patria la maglia iridata in una stagione che lo ha visto conquistare sia la Milano-Sanremo che la Roubaix. Non c'era riuscito un certo Eddy Merckx. Un titolo mondiale che si aggiunge ai cinque già vinti nel ciclocross. Era da 38 anni che l’Olanda (l'ultimo Zoetemelk) andava in bianco.
Di solito, per nobilitarlo, si dice che Van Der Poel è il nipote di Poulidor. Ora che anche il nipote è diventato un grande, con gioia del nonno, possiamo non ricordarlo più.
La cattiva notizia, annunciata all’inizio, è che gli azzurri nella prova su strada ormai fanno solo contorno. Il migliore degli italiani è stato infatti Alberto Bettiol, (decimo) autore di una generosa fuga a circa 55 km dall’arrivo.
Braccato dai giganti, l’azzurro è riuscito ad acquisire un vantaggio massimo di circa 30 secondi fino a 22 chilometri dal traguardo, cioè fino a quando Van Der Poel ha deciso che si poteva smettere di giocare, che era ora di fare sul serio
Che dire? A Bettiol non si può rimproverare nulla. Almeno ci ha tentato, ci ha messo la faccia, cercando di sparigliare le carte. Però la realtà è che la corsa vera la fanno gli altri. Gli olandesi, i belgi, gli sloveni. Noi, se siamo coraggiosi, ci ritagliamo un siparietto. Poi, quelli che comandano, ci ricacciano nel gruppo ricordandoci che la ricreazione è finita.
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