Mondiali, tra risse e abbracci storie di pallone nel deserto del Qatar
Le riflessioni del nostro inviato tra autostrade nel deserto e gli stadi, che tante emozioni stanno regalando ai tifosi di tutto il mondo
di Dario Ricci
2' di lettura
Autostrade che attraversano il deserto, quasi lo arano, fino a venire inghiottite dalle dune, dalla sabbia; ai lati della strada, da una parte e dall'altra, pozzi petroliferi e raffinerie; più avanti invece, laddove il deserto (ri)prende ormai il sopravvento, castelli, roccaforti, altri suk. Fagocitati dal miraggio pallonaro, attraverso i racconti di chi invece il Qatar prova a viverlo al di fuori dei suoi stadi, altri paesaggi, altre storie, altre vite emergono come miraggi dal liquido orizzonte su cui poggiano i grattacieli senza fine di West Bay.
Dentro il Qatar
Vien voglia di tuffarcisi, in quella sabbia e in quelle dune, per provare a entrarci dentro l'anima di questo Paese che tra scandali, contraddizioni, investimenti, sport-washing s'è accreditato nei salotti buoni del globo. Immersione rimandata, almeno fino a domenica 18 dicembre, quando sapremo chi la solleverà al cielo, la Coppa disegnata dal maestro milanese Silvio Gazzaniga.Intanto tiene banco un dibattito etico discretamente meno elevato rispetto a quello relativo ai diritti umani e civili negati; insomma, un dibattito a misura di universo pallonaro, perché il pallone ha questo sinistro potere, quello di ridurre a sua misura non solo etica, ma pure politica, economia, religione e quindi pure teologia!
I tulipani e l’Albiceleste
Ovvio il riferimento alle risse, alle tensioni, agli scherni (e agli scorni) tra argentini e olandesi: ha fatto bene l'Albiceleste a sbeffeggiare i tulipani dopo il rigore decisivo trasformato da Lautaro? O è stata almeno legittimata, quella reazione, dalle precedenti provocazioni orange, in una sfida che ben si è inserita come (finora) ultimo capitolo di una saga mundial che di sicuro qualcuno sta già pensando di farci un film o un libro? Questione etica che – come spesso accade – lascia più interrogativi di quanti non ne risolva. Di certo, il calcio è una cosa sporca, in tutto e per tutto simile ai bipedi che lo giocano e se ne appassionano; e allora, per chi lo vorrà, ci sarà da fare gran lavoro in casa per spiegare a quel bambino o bambina che quel gesto di scherno o quella provocazione non è da ripetere al campetto sotto casa, o la domenica mattina nella partita del campionato Pulcini, perché lo sport professionistico ha le sue regole, o meglio i suoi linguaggi, unici e non riproducibili.
Il pianto di Neymar
Riproducibile il più possibile dovrebbe invece essere l'abbraccio che un Neymar addolorato fino alle lacrime per l'eliminazione subìta per mano (e piede) anche del padre, ha regalato comunque a Leo, 10 anni, il figlio di Ivan Perisic; conseguenza, quell'abbraccio, anche di quello che lo stesso Perisic aveva regalato poco prima a O'Ney, per consolarlo dopo avergli inflitto una delle più grandi amarezze nella sua carriera. Ecco se quel gioco sporco che il calcio riesce a far germogliare anche gesti come questi, allora varrà sempre la pena vedere un pallone continuare a rotolare, anche tra le dune di un deserto che sembra continuare all'infinito.
loading...