Monopattini, come interpretare la nuova segnaletica
Chi arriva nelle grandi città inizia a trovare “strani” segnali stradali. Sono quelli che avvisano della possibilità di incontrare monopattini e altri mezzi di micromobilità elettrica, la cui effettiva legalizzazione sta per avvenire anche nei grandi centri. Ecco come interpretare la segnaletica
di Maurizio Caprino
4' di lettura
Dopo mesi di annunci, anche nelle grandi città sta iniziando davvero la legalizzazione di monopattini e simili. Il primo segno sono i cartelli che i Comuni stanno piazzando: nel centro di Torino sono comparsi limiti di velocità di 30 km/h, mentre a Milano ci sono segnali all’ingresso del centro abitato non facili da leggere. E, anche se si ha tempo e spazio per fermarsi, non è facile interpretarli. Ecco come comportarsi.
Innanzitutto, la veste grafica al limite del cervellotico non deve far pensare che si tratti di segnali non a norma: nei casi che si sono visti finora, i Comuni si sono attenuti alla norma attuativa che regola la sperimentazione dei micromezzi (Dm Infrastrutture 229/2019).
Né si deve pensare che al ministero siano stati incapaci di disegnare una segnaletica chiara. Semplicemente, per cercare di garantire la sicurezza su strade caotiche come quelle italiane, si sono dovute adottare regole complesse. Che possono essere illustrate solo con segnali complicati.
La pista è ancora lontana
Il primo pensiero che viene a chi entra nel centro abitato e vede i segnali è che già da quel punto ci si possa trovare di fronte monopattini elettrici e segway. E che per questo proprio lì, all’ingresso in città, ci sia il limite di velocità di 30 km/h o stia per essere creata una pista ciclabile.
Infatti, questi segnali riproducono i simboli di «zona 30 km/h» e di «pista ciclabile», accompagnati da quelli - appena disegnati dal ministero delle Infrastrutture nel Dm 229/2019 - di monopattino elettrico e segway. Ma significano un’altra cosa.
Occorre leggerli alla luce del fatto che sono piazzati sotto il segnale di inizio centro abitato, quello che riporta il nome della città. Dunque, significano che in quella città è previsto che circolino i mezzi di micromobilità elettrica e che la circolazione di monopattini elettrici e segway è consentita nelle strade in cui vige il limite di 30 km/h e nelle piste ciclabili.
Dunque, sono un avviso di quello che si troverà addentrandosi nel centro abitato: si dovrà mettere in conto di trovare per strada i micromezzi dove c’è il limite di 30 km/h (come in tutto il centro di Torino) e negli spazi riservati alle bici (ed eventualmente anche ai pedoni, spiega il Dm anche se dal segnale all’ingresso della città non si evince).
La possibile variante
Non è detto che il Comune debba autorizzare sia i monopattini, sia i segway: può anche scegliere di far circolare solo gli uni o solo gli altri.
In questo caso, il segnale all’inizio del centro abitato riprodurrà solo il mezzo della categoria cui è consentito circolare.
Le zone escluse
Attenzione: tutto questo non implica che i micromezzi possano legittimamente circolare in ogni parte del centro abitato in cui ci sia il limite di 30 km/h o una pista ciclabile. Il Comune può sempre decidere che in alcuni tratti, pur essendoci queste caratteristiche, i micromezzi non possono circolare.
In questo caso, deve segnalare il divieto sul posto, caso per caso. Ciò va fatto mettendo sotto il segnale dei 30 km/h o della pista ciclabile un pannello integrativo che indichi l’esclusione dei monopattini elettrici o dei segway o di entrambi, secondo la decisione presa dal Comune stesso.
Dunque, come regola generale, nelle strade con i 30 km/h e sulle piste ciclabili e ciclopedonali dei centri abitati dove è in corso la sperimentazione della micromobilità elettrica possono sempre circolare monopattini elettrici e segway. Ma il Comune può scegliere di inibire alcuni tratti, che deve segnalare caso per caso. E può anche decidere di escludere su tutto il territorio o solo i monopattini o solo i segway.
Non solo monopattini e segway
Il segnale che si trova all’inizio del centro abitato non descrive tutte le situazioni possibili: il Dm non considera solo monopattini e segway, ma anche monowheel e hoverboard.
Questi due tipi di mezzi non sono segnalati all’inizio dei centri abitati perché non possono circolare dove ci sono i 30 km/h o le piste ciclabili: sono consentiti esclusivamente nelle aree pedonali, dove normalmente hanno accesso anche monopattini e segway.
Attenzione: questo non significa che per tutti i micromezzi la circolazione sia consentita in tutte le aree pedonali del centro abitato. Viceversa, si può circolare solo dove il segnale di «zona pedonale» è accompagnato dal pannello integrativo quadrato a fondo bianco che riproduce il simbolo dei micromezzi ammessi.
Quindi, possono essere ammesse anche una o più categorie di micromezzi o anche tutte e quattro. Bisogna guardare il pannello integrativo, caso per caso.
I percorsi riservati
Può anche accadere che il Comune decida di riservare spazi solo ai micromezzi o ad alcuni di essi. In questo caso, i segnali con i simboli delle categorie ammesse sono rotondi con fondo blu.
Ma la realtà è diversa
Fin qui la teoria elaborata dal ministero delle Infrastrutture. Ma chi guida un’auto, una moto o un altro veicolo “tradizionale” o è semplicemente un pedone deve ormai aspettarsi di trovare micromezzi elettrici ovunque.
Infatti, la loro legalizzazione controllata nei solo spazi individuati dai Comuni sta avvenendo in netto ritardo rispetto al mondo reale, cioè quando ormai i micromezzi - sia pure illegalmente - si sono diffusi. E circolano anche in spazi vietati, come i marciapiedi.
Né si può prevedere che i controlli potranno essere tanto capillari da scoraggiare gli scoraggiare gli indisciplinati.
Inoltre, molti continueranno a circolare anche solo ignorando le regole stabilite da ministero e Comuni.
Quindi, non resta che essere prudenti. Per evitare incidenti che possono anche essere gravi e con conseguenze appesantite dal fatto che - salvo rare eccezioni - i micromezzi di proprietà di provati cittadini non sono coperti da assicurazione (per quelli in sharing il discorso è diverso).
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