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Montezemolo: «Giù le tasse e sì al salario minimo»

Per il presidente di Italo il tema degli stipendi è una priorità, tema da affrontare per evitare problemi sociali. Detassazione e definizione di un salario minimo la strada per intervenire

di Luca Orlando

(ANSA)

3' di lettura

Fissazione di un salario minimo e in generale stipendi più alti, per evitare problemi sociali. E nuovi investimenti in Sanità, per consentire a tutti di accedere a servizi dignitosi. Sono le priorità principali indicate da Luca Cordero di Montezemolo, nel dialogo con Ferruccio de Bortoli al festival dell’Economia di Trento.

La premessa di fondo è lo stato di salute più che soddisfacente delle imprese, «soprattutto quelle che si confrontano con i mercati internazionali, che sono in grado di esprimere una crescita enorme». Un momento favorevole, oltre i livelli del 2019, caratterizzato da innovazione e crescita dell’export, che dovrebbe però indurre ad alzare l’asticella delle retribuzioni.

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«C'è un tema salari indubbio - spiega - che si porta dietro disuguaglianze sempre maggiori, tra chi ha più e chi meno, tra Nord e Sud. Da un lato occorre detassare, partendo dall’Irap, in modo da dare una quota maggiore di risorse al lavoratore. Il salario minimo è un discorso reale e una priorità, anche per evitare che nel paese si creino problemi sociali, tenendo conto delle tante persone che faticano ad arrivare a fine mese».

Azione che in parte è demandata al Governo («l’imprenditore paga 100 ma al lavoratore va 50: dove va il resto?», in parte spetta agli imprenditori, definiti come appassionati nel proprio mestiere, forse un poco distaccati nel guardare a ciò che accade a Roma, «tanti dicono: basta che non ci creino problemi, ma così rinunciano ad una parte della propria responsabilità civica verso il Paese».

Così come poco responsabile («la giudico una cosa grave»), è considerato il comportamento di chi trasferisce la propria sede legale oltreconfine, pur continuando magari ad usufruire di contributi pubblici in Italia.

Tra le priorità del Paese, «complicato da gestire per i tanti veti incrociati, con gli stessi nodi irrisolti di 15 anni fa quando presiedevo Confindustria», Montezemolo pone il tema della Sanità («non augurerei al mio peggior nemico di finire in pronto soccorso in qualche regione»), così come quello della formazione dei nuovi talenti, creando un grande polo tra imprenditori e Governo per analizzare i fabbisogni e colmare i gap, utile anche per trattenere i tanti immigrati che arrivano nel nostro Paese per poi spostarsi altrove.

E poi le infrastrutture, a partire da una svolta radicale per affrontare emergenza idrica e siccità, spazzando via le municipalizzate, «spesso poltronifici per politici trombati», per creare al loro posto un grande ente nazionale quotato, sulla falsariga di Terna, in grado di gestire il problema a livello centrale.

Dialogo a tutto campo, che spazia dalle auto green («bene per la città, ma una Ferrari elettrica mi fa venire l’orticaria» a Gianni Agnelli («se fosse qui oggi certo sarebbe deluso di Juve e Ferrari»), a Silvio Berlusconi («ha fatto anche cose buone, ma con la maggioranza che aveva, avrebbe potuto incidere molto di più per migliorare il Paese») e che tocca anche il tema dei trasporti, settore che nei suoi diversi incarichi (Fiat, Ferrari, Alitalia e poi Italo), Montezemolo ha attraversato in modo trasversale. L’arrivo di Italo - spiega - ha migliorato il mercato riducendo i prezzi del 40%, migliorando il servizio della concorrenza, cancellando l’immagine del treno come oggetto di serie B. Un’avventura vera, che però Bruxelles ha preso come esempio da imitare.

«Il sogno non realizzato? Più tempo in Ferrari - conclude - per poter vincere qualche mondiale in più»

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