Moody’s gela la May: declassato il rating del Regno Unito
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Doccia fredda per Theresa May a seguito del suo intervento di Firenze sugli sviluppi della Brexit. L’agenzia di rating Moody’s Investors Service ha declassato l’affidabilità creditizia del Regno Unito ad Aa2, il terzo livello più alto nella scala di valutazione della società statunitense. Un colpo attenuato solo dal miglioramento dell’outlook, passato da «negativo» a «stabile».
Si tratta del primo downgrade dopo le elezioni di questa estate, quando il calo di consensi per May ha indebolito la sua maggioranza e costretto la premier a rivedere la sua linea su politiche economiche e Brexit. Il declassamento di Moody’s arriva dopo
l’intervento con cui May ha pronosticato un periodo di transizione di circa due anni, senza però fornire dettagli più specifici sul conto economico dell’operazione. Mo0dy’s, in linea con gli altri colossi del rating, non ha mai visto in maniera positiva l’esito del referendum e ora teme che il governo britannico non sia nelle condizioni di assicurarsi accordi a proprio favore, in particolare sul libero scambio. Downing Street si è limitata a rispondere che la decisione dell’agenzia è «fuori dal tempo», perché la premier avrebbe appena espresso una «visione ambiziosa» sul divorzio da Bruxelles.
I motivi: indebolimento delle finanze pubbliche e conseguenze della Brexit
Nel comunicato diffuso ieri, Moody’s ha indicato due «fattori chiave» alla base del downgrade. Il primo è l’indebolimento delle finanze britanniche, dopo che lo scivolone elettorale di May ha costretto la maggioranza ad ammorbidire il suo programma di tagli alla spesa pubblica. In particolare, secondo l’agenzia, May rischia di subire le «crescenti pressioni politiche e sociali» per aumentare la spesa dopo sette anni di sforbiciate. Il secondo è la «erosione della forza economica» del Regno Unito come conseguenza dell’addio al mercato unico della Ue e i suoi strascichi sul lungo termine. L’agenzia dice di non essere più «fiduciosa sul fatto che il governo britannico riesca ad assicurarsi un accordo sostitutivo per il libero scambio con l’Unioneeuropea, in grado di mitigare significativamente gli impatti economici negativi della Brexit».
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