Moody’s taglia il rating della Cina da Aa3 ad A1: è la prima volta da 28 anni
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Moody's ha tagliato il rating sovrano della Cina ad “A1” da “Aa3”, a causa dei timori sul rallentamento della crescita economica e sull'aumento del debito governativo, proiettato verso il 40% del Pil per il 2018. L'agenzia di valutazione, in una nota, ha comunicato di aver anche modificato l'outlook da “negativo” a “stabile”.
La mossa di Moody's è il primo taglio degli ultimi 28 anni fatto dall'agenzia di valutazione sull'economia cinese (l’ultimo taglio di Moody’s risale infatti al 1989), chiudendo un lungo periodo segnato da una crescita impetuosa e dall'uscita dalla soglia di povertà per oltre 600 milioni di persone. Il downgrade di oggi corrisponde al primo cambio di giudizio sul Paese del Dragone espresso negli ultimi sette anni da una delle tre grandi agenzie di rating internazionale (S&P's, Moody's e Fitch).
Ora sarà da vedere se S&P's deciderà di seguire Moody's, avendo già emesso l'outlook negativo su Pechino a febbraio 2016, ponendo le basi per il possibile downgrade. Moody's rimarca le sfide della leadership cinese tra la necessità di sostenere la crescita con l'intervento pubblico e di scongiurare «un rialzo materiale» del debito, a fronte di riforme il cui primo effetto sarà più di rallentare che di accelerare il passo dell'economia. L’agenzia di rating americana «si aspetta che l'ampio indebitamento nell'economia cresca ulteriormente nei prossimi anni. Il pianificato programma di riforme è probabile che rallenti ma non scongiuri la salita del debito», osserva Moody’s nella nota. «L'importanza data dalle autorità al mantenimento di una crescita robusta sarà rimarcata da sostenibili politiche di stimolo, di fronte all'aumento degli impedimenti strutturali al raggiungimento degli attuali target di crescita. Questi stimoli contribuiranno ad innalzare il debito nell'economia nel suo insieme».
Moody's ha anche osservato che il deficit del budget del governo s'è mantenuto nel 2016 al passo “moderato” del 3% del Pil, contro aspettative del debito governativo destinato a portarsi verso il 40% del Pil entro il 2018 e al 45% per la fine del decennio. Stesso trend, al rialzo, è atteso per forme di indebitamento come prestiti bancari e bond emessi dai governi locali e le imprese a controllo statale (Soe), senza tralasciare le famiglie e società non finanziarie.
La risposta cinese è stata affidata a un comunicato del ministero delle Finanze, che ritiene «non appropriato» l’approccio utilizzato da Moody’s nel suo giudizio. I punti esaminati, scrive Pechino, «sovrastimano le difficoltà dell’economia cinese e sottostimano le capacità della Cina di rafforzare le riforme strutturali sul lato dell'offerta e di espandere la domanda nel suo complesso».
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