Mortalità da Covid-19, durante il picco decessi triplicati in Lombardia
I dati sui decessi confermano «eccessi di mortalità» soprattutto al Nord e, a partire da metà marzo, anche al Sud. In Lombardia, all’apice della curva, ltre 400 morti al giorno tra gli uomini rispetto agli 85-90 registrati negli anni precedenti
di Michela Finizio
5' di lettura
Che l’epidemia in corso, nelle zone colpite dal contagio da Covid-19, abbia provocato un numero di decessi oltre le medie di lungo periodo è un dato statistico confermato da più parti. Il picco della mortalità “per” o “da” coronavirus si è registrato in modo differente sul territorio tra metà e fine marzo, per poi tornare a scendere quasi ovunque. Numeri, quelli sui decessi, fotografati solo in parte dal bollettino della Protezione civile.
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Prendendo, ad esempio, i soli dati del Comune di Milano il confronto tra i decessi dichiarati e quelli attesi rispetto alle medie degli anni precedenti parlano chiaro: nel mese di marzo 2020 nel capoluogo lombardo il numero di decessi rlevati dall’Anagrafe comunale (quindi di residenti in città) sono stati 2.130, contro i 1.224 del 2019 e i 1.206 del 2018. Anche i dati di aprile, al momento certificati solo per la prima decade, presentano lo stesso trend di crescita: 825 nel 2020, rispetto ai 352 registrati nei primi dieci giorni di aprile nel 2019 e nel 2018.
Lo studio sulla mortalità nelle grandi città
A certificare l’andamento della mortalità da Covid-19 sono i dati diffusi ogni settimana dal Sistema di sorveglianza rapida della mortalità giornaliera (Sismg) istituito presso il ministero della Salute. Il rapporto ufficiale, compilato per il ministero dagli statistici del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione della Regione Lazio e da Asl Roma 1, esamina le denunce di decesso inviate in 19 grandi città e le confronta con una serie storica di riferimento (valore atteso), producendo una stima del numero dei decessi in eccesso in percentuale. In particolare, la mortalità giornaliera attesa è definita come la media per giorno della settimana e numero della settimana calcolata nei 5 anni precedenti e pesata per la popolazione residente (dati Istat) per tenere conto del progressivo invecchiamento della popolazione.
Utilizzato in passato per monitorare l’impatto delle ondate di calore estive, il sistema esamina i dati più aggiornati sulla mortalità. L’ultimo rapporto, aggiornato all’11 aprile, conferma eccessi di mortalità soprattutto al Nord e, a partire da metà marzo, anche al Sud. Il particolare, si registra un eccesso di mortalità al Nord che varia dal +58% di Bolzano e + 51% di Trento, al +215% di Brescia o il +96% di Milano. Il trend coinvolge anche Aosta (+142%), Torino (+55%), Verona (+33%), Venezia (+16%), Genova (+81%) e Bologna (+40%). Mentre tra le città del centro-sud, dove Covid è arrivato dopo, si osserva un incremento più modesto, nonostante gli incrementi significativi osservati a Roma (+6%), Civitavecchia (+41%), Potenza (+35%), Bari (+43%) e Messina (+22%).
L’impatto del lockdown sulla mortalità
A partire dal secondo rapporto del Sismg, pubblicato il 2 aprile, si osserva un rallentamento della crescita dei decessi nelle città del Nord. «Questo fenomeno - afferma Paola Michelozzi - direttore dell’unità di epidemiologia ambientale dell’Asl 1 di Roma che cura il report - andrà confermato nei prossimi giorni, ma suggerisce una potenziale efficacia delle misure di contenimento nel ridurre la circolazione del virus, il suo numero di riproduzione e quindi di infezioni, e, con una latenza di qualche settimana, la mortalità». Un fenomeno che secondo gli studiosi può anche spiegare l’impatto contenuto in termini di mortalità nelle città del Sud, dove il virus è arrivato con circa due settimane di ritardo, quando le misure di contenimento erano già in atto.
Lo studio sulla mortalità giornaliera conferma, inoltre, che l’epidemia è stata preceduta da un calo della mortalità nei mesi invernali, grazie a un clima più mite e a un basso impatto della tradizionale influenza stagionale: da ottobre a febbraio la mortalità è stata inferiore all’atteso (-840 decessi al 3 marzo) mentre, dal 4 marzo al 7 aprile, è stato stimato un eccesso di 3.464 decessi. Questo decremento di mortalità, secondo gli autori del report, «ha determinato un temporaneo incremento della popolazione più fragile che si è trovata successivamente esposta all’epidemia di Covid-19».
Infine, lo studio Sismg prende in considerazione i decessi per tutte le cause. «Non si può escludere - aggiungono gli autori - che la paura di recarsi in pronto soccorso da parte dei cittadini, soprattutto nelle prime fasi dell’epidemia, oltre ad avere un effetto positivo sulla riduzione degli accessi inappropriati, possa aver indotto un minor ricorso alle cure anche per condizioni come infarto acuto del miocardio o ictus». L’ipotesi è in corso di verifica con appropriati disegni di studio epidemiologico.
La «cronaca» della crescita della mortalità in Italia
Fatto sta che, a fine marzo, era evidente a molti che ai dati diffusi ogni giorno dalla Protezione civile ormai sfuggiva il fenomeno dei decessi da Covid-19 . Alcune ricostruzioni delle cronache locali (si veda l’inchiesta pubblicata il 1 aprile su l’Eco di Bergamo) hanno evidenziato un notevole scostamento tra i decessi ufficiali e quelli risultati “positivi” al coronavirus secondo il bollettino. Presto sono nate in fretta diverse mappe online per cercare di raccontare l’eccessiva mortalità, tramite la raccolta spontanea dei numeri diffusi dalle anagrafi dei Comuni. Tanto da spingere, i primi di aprile, l’Istat a pubblicare online alcuni dati sui decessi dei primi mesi 2020.
Questi dati sono stati elaborati da diversi istituti di ricerca, tra cui ad esempio l’Istituto Cattaneo, che concordano nell’analisi: dopo il 21 febbraio il numero dei morti in Italia è aumentato in maniera sensibile, molto di più del numero dei decessi attribuito al Coronavirus.
L’analisi dei dati Istat sulla mortalità
I dati Istat sulla mortalità generale 2020 riguardano però solo alcuni Comuni registrati sulla piattaforma informatica dell’Anagrafe nazionale. Al 28 marzo erano 1.450 Comuni dei 7.904 totali (il 18%) e coprivano una popolazione di 17 milioni di abitanti (equivalenti al 28% del totale nazionale). Le singole regioni, tuttavia, contribuiscono in modo molto eterogeneo a questa statistica. Per questo motivo il Centro Studi Nebo ha focalizzato l’attenzione su Lombardia (554 su 1.506 i Comuni mappati da Istat che ospitano i due terzi della popolazione regionale e che comprendono tutti i 12 Comuni capoluoghi di provincia) ed Emilia Romagna (157 Comuni su 328 dove risiede la metà degli abitanti della regione).
L’andamento dei decessi riferiti ai Comuni selezionati evidenzia per entrambe le Regioni come sia per i maschi che per le femmine i decessi dei primi due mesi 2020 risultino pari se non al di sotto degli analoghi valori delle annualità precedenti. Dai primi di marzo, invece, la mortalità 2020 aumenta significativamente fino a raggiungere un massimo nel corso della terza settimana del mese: in Lombardia all’apice della curva per le femmine si raggiungono i 350 decessi giornalieri a fronte dei circa 100 attesi, differenza amplificata nel caso dei maschi, con oltre 400 morti per giorno rispetto agli 85-90 registrati negli anni precedenti; in Emilia Romagna tra i maschi si registra un valore massimo di 120 decessi contro i 30 attesi e una distanza più contenuta tra le femmine, con 100 morti contro le 35-40 attese. Raggiunto in entrambe le regioni il picco dei decessi, nel caso della Lombardia la mortalità sembra tornare a scendere altrettanto repentinamente, mentre per l’Emilia Romagna l’andamento, comunque in calo, appare più rallentato.
Per approfondire:
● Decessi “con” o “per” il coronavirus? La statistica della mortalità
● I legami tra morti per Covid-19 e case di riposo in Lombardia, in numeri
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