Il libro

Mosaico geopolitico in perenne mutazione post pandemia

di Paolo Bricco

(Adobe Stock)

4' di lettura

La pandemia è il fuoco o è la miccia? Non importa. A contare sono il profilo, la pervasività e la forza modellatrice dell’incendio. Con Anno Zero d. C.. I nostri soldi, i mercati, il lavoro, i nuovi equilibri internazionali dopo il coronavirus (Chiarelettere, pagg. 238, 16 euro), Mariangela Pira, giornalista di Sky Tg24 con uno speciale talento per la divulgazione e una passione personale per la geopolitica e l’economia internazionale, ha scritto un libro insieme semplice e complesso, fondato sul principio narrativo e interpretativo del mosaico. Una tessera. Una seconda tessera. Una terza. E così via. Accostate l’una all’altra, tutte insieme ricompongono un quadro che, nella sua articolata completezza, offre uno sguardo nitido che va prima di tutto al cuore di una delle questioni del nostro tempo: il Covid-19 è un formidabile acceleratore dei processi storici in corso. In questo si coglie la congruità del parallelismo fra il corpo umano e l’organismo internazionale. L’organismo umano muore per causa diretta del Covid-19. E muore anche per sua causa indiretta, perché il coronavirus ha la “capacità” di aggravare e rendere più rapidi i processi patologici di altre malattie, nascoste o conclamate. Il corpo economico e politico internazionale ha contratto il Covid-19. E, al suo interno, tendenze storiche di lungo periodo si sono fatte più marcate e rapide, al limite della esplosività. Mariangela Pira, che ha una solida formazione economica e antropologica, sa bene quanto sia prevalente la lunga durata. Non si iscrive alla folta schiera dei sostenitori della morte della globalizzazione. Però, con chiarezza inserisce gli effetti del Covid-19 sul commercio e sull’industria internazionale in un quadro geopolitico e geoeconomico in evoluzione: dall’ingresso della Cina nel Wto, dalla sua nuova politica di potenza e dalla reazione americana, che ha avuto una sua prima robusta coagulazione nelle scelte di Donald Trump: «Negli ultimi quindici anni l’economia Usa è stata supportata da una sinergia tra lo sviluppo della finanza privata e il supporto delle banche centrali e del settore pubblico per mantenere elevato il livello di liquidità nel sistema, una situazione che ha permesso di superare anche la grande crisi del 2008, contenendo i danni e assicurando sino a oggi una crescita soddisfacente del Prodotto interno lordo, nonché di controbattere la supremazia commerciale cinese», scrive Pira. La quale, poi, evidenzia gli aggrovigliamenti fra politica interna americana e contrasti sui dazi, nuovi equilibri sul quadrante asiatico e catalizzazioni attivate dagli effetti recessivi del Covid-19: «Tra sondaggi in discesa, fronda interna al partito Repubblicano, pandemia e proteste, il presidente Trump ha ripescato dal cappello la variabile cinese per spostare l’attenzione dell’elettorato. Dai dazi, a Hong Kong, alla promulgazione di una legge che chiede siano poste sanzioni contro i responsabili della repressione dei musulmani uiguri in Cina, nella regione dello Xinjiang, per gli esperti l’anno del Covid ha segnato il punto più basso della relazione tra Cina e Stati Uniti». Pira evidenzia come il Covid-19 abbia una triplice funzione: è sia la miccia che viene fatta brillare, sia il cerino che la accende, sia la benzina che alimenta il fuoco. In una situazione, già di suo, esplosiva: «Occorre riconoscere che, pur facendo parte da vent’anni dell’Organizzazione mondiale del commercio, la Cina non gioca seguendo le regole. Il suo mercato è chiuso, ci sono settori in cui si può investire e altri in cui è vietato. Le aziende statali sono avvantaggiate rispetto ai competitor del resto del mondo. La Cina inonda il globo di prodotti a basso costo che creano gravi problemi alle imprese del mercato di sbocco». Una strategia aggressiva sotto il profilo commerciale e industriale che ha anche un sottostante politico e culturale molto coeso, elaborato e consapevole: «Nel 2013 – ricorda Pira – il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato la Belt & Road Initiative, un sentiero tracciato dalla nomenclatura di Pechino per guadagnare un ruolo di maggior potere, culturale ed economico nello scacchiere globale. Si tratta di investimenti in infrastrutture e altri progetti di sviluppo in più di sessanta Paesi». L’autrice del libro, che non mostra alcuna forma di pregiudizio negativo nei confronti della Cina, ma che al contempo ne scrive con equilibrio, dati e un senso di libertà sbarazzina che non sempre gli osservatori occidentali hanno nei confronti del nuovo grande protagonista internazionale in ascesa, ricorda un passaggio fondamentale sulla propensione (energica ed espansiva) della Cina dell’ultimo decennio: «I prestiti elargiti da Pechino finora hanno fatto sollevare le sopracciglia a molti. Chiedete allo Sri Lanka: il suo governo non ha potuto ripagare il prestito ai cinesi e per questo nel 2018 è stato forzato a cedere un suo porto chiave a Pechino. Questo processo ha subìto un rallentamento con il Covid-19, ma la Cina sta comunque utilizzando l’arma diplomatica per effettuare donazioni, concedere aiuti e nel contempo evitare di parlare delle responsabilità relative alla crisi». L’amministrazione di Joe Biden sta rimodulando la posizione americana verso la Cina e, naturalmente, l’Europa. Mentre la campagna di vaccinazione procede con ritmi diversi (e una lentezza maggiore nell’Europa continentale e in Italia). Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha ricordato la scorsa settimana quanto la rapidità (o la lentezza) influiranno sulla ripresa dei sistemi economici nazionali. Ogni giorno, dunque, una tessera nuova si aggiunge. Perché, e questa è anche la lezione del saggio di Pira, il mosaico – al tempo del Covid-19 – non è mai fisso e determinato, ma il suo profilo è fluido e in perenne ricomposizione.

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