Mosca sostiene i talebani sul ritiro di truppe straniere dall’Afghanistan
di Vittorio Da Rold
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La Russia è pronta a ripristinare il memorandum di sicurezza sulla Siria con gli Stati Uniti a patto che le azioni imprevedibili di Washington non verranno ripetute. Così il portavoce del Cremlino citato dalla Tass. Nelle stesse ore Lavrov accusa gli americani di voler minare il processo di pace e cambiare il regime in Siria, ma sottolinea che il tentativo «è fallito». Con il solito modo di procedere della diplomazia russa, accuse e aperture e posizioni destinate a fare scalpore.
Dopo la super bomba sganciata dagli Usa in Afghanistan, la Russia del presidente Vladimir Putin afferma che sosterrà la richiesta dei talebani affinché le truppe straniere lascino l'Afghanistan dopo aver criticato gli accordi che consentono alle forze degli Stati Uniti e della Nato, tra cui un contingente italiano, di rimanere per un lungo periodo di tempo nel paese devastato da una guerra apparentemente senza fine.
«Certo che è giustificata» la posizione dei talebani di opporsi alla presenza militare straniera, ha detto perentoriamente l’inviato speciale del presidente Vladimir Putin per l'Afghanistan, Zamir Kabulov, alzando i toni della polemica con Washington in un'intervista rilasciata a Mosca. «Chi sarebbe a favore? Fatemi un nome di uno stato confinante che lo sostiene». Frasi per niente accomodanti.
La Russia e gli Stati Uniti, dopo un breve periodo di luna di miele dopo l’elezione di Trump, sono sempre più in disaccordo su molti temi di politica estera a cui si aggiungerebbe, a sorpresa, anche l’Afghanistan. Alcuni funzionari russi a Mosca - ha reso noto la Bloomberg - alla fine dello scorso anno hanno detto di aver contatti con i talebani, il movimento fondamentalista islamico che ha governato il paese dal 1996 al 2001, quando fu rovesciato da un invasione guidata dagli Usa per distruggere i campi di addestramento terroristici gestiti da Osama Bin Laden, poi ucciso nel corso di un raid delle forze speciali americane.
Come se non bastasse alcuni generali statunitensi hanno fatto trapelare sulla stampa americana che la Russia potrebbe addirittura fornire armi ai talebani, fondamentalisti che stanno conducendo una rivolta contro il governo afghano filo-occidentale. Mosca ovviamente nega questa pesante accusa che restituirebbe il “favore” che gli Usa fecero durante l’occupazione sovietica del paese.
Circa 13.000 soldati degli Stati Uniti e della Nato sono attualmente dislocati in Afghanistan, e il comandante in capo degli Stati Uniti starebbe spingendo affinche la nuova amministrazione Trump invii, a differenza di quella precedente, diverse migliaia di nuovi soldati per contribuire a invertire il corso della guerra. Gli Stati Uniti stimano che solo il 57 per cento dell'Afghanistan è sotto il controllo del governo centrale, una diminuzione del 15 per cento dal novembre del 2015. Una vera e propria débacle per l’Occidente.
Le forze straniere sono in Afghanistan come parte di accordi di sicurezza e cooperazione firmati durante la presidenza di Ashraf Ghani, insediatosi nel mese di settembre 2014. Questi accordi di cooperazione consentono per Stati Uniti e le truppe Nato di rimanere fino alla fine del 2024 e oltre, modificando una politica di parziale disimpegno che aveva portato avanti il suo predecessore, Hamid Karzai.
Le tensioni sul destino dell’Afghanistan si aggiungono a nuove dispute tra Mosca e Washington. Le due superpotenze sono, tra l’altro, in competizione in Siria, dove la Russia cerca di ristabilire la propria influenza in Medio Oriente.
Kabul ha accusato gli Stati Uniti di sabotare gli sforzi della Russia per contribuire a porre fine alla guerra in Afghanistan boicottando un incontro a Mosca previsto per la metà di aprile tra l'Afghanistan e le potenze straniere. La Russia, dove sono ancora freschi i ricordi della terribile esperienza in Afghanistan da parte dell'Unione Sovietica, 28 anni dopo l’umiliante ritiro dell'Armata Rossa avvenuta nel 1989, dice che sta offrendo di ospitare i colloqui di pace tra i talebani e il governo afghano. L'Unione Sovietica perse 15.000 soldati nel corso di un disastrosa occupazione durata 10 anni dell'Afghanistan. Un evento che a detta di molti analisti contribui anche alla fine dell’Unione sovietica.
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