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«Motherless Brooklyn», atmosfere noir in un film dal sapore classico

Nel weekend in sala spazio alla seconda prova dietro la macchina da presa di Edward Norton. Tra le novità anche il meraviglioso «Parasite», Palma d'oro all'ultimo Festival di Cannes.

di Andrea Chimento

2' di lettura

Edward Norton ci riprova dietro la macchina da presa: il noto attore americano, quasi vent'anni dopo il suo esordio con «Tentazioni d'amore», torna alla regia con «Motherless Brooklyn», film che arriva questo weekend nelle nostre sale dopo aver inaugurato l'ultima Festa del Cinema di Roma.

Il regista interpreta anche il protagonista in questo film ambientato nella New York degli anni Cinquanta: un detective, affetto dalla Sindrome di Tourette, pronto a tutto pur di trovare l'assassino del suo mentore e amico.
Prendendo spunto dal romanzo omonimo di Jonathan Lethem, Norton dà vita a un lungometraggio che omaggia i noir classici e gioca sull'efficace costruzione del personaggio principale.

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Se inizialmente il film riesce a coinvolgere e a interessare, purtroppo col passare dei minuti la sceneggiatura si fa ridondante, l'andamento prolisso e la pellicola ne risente non riuscendo più ad appassionare come dovrebbe.
Non mancano alcune sequenze degne di nota (tra cui una onirica, indubbiamente affascinante), ma sono momenti isolati all'interno di un disegno complessivo che convince solo in parte.

Da segnalare i diversi volti noti del cast, da Willem Dafoe a Alec Baldwin, passando per Bruce Willis.

Ma questo è anche il week-end dell'uscita di uno dei film più importanti e attesi dell'anno: «Parasite» del sudcoreano Bong Joon-ho che arriva finalmente nei nostri cinema dopo aver vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes.

Una trama ricca di sorprese e colpi di scena dà voce a una metafora della crisi economica e delle diseguaglianze sociali: una famiglia che lotta ogni giorno per sbarcare il lunario, intravvede una svolta di vita quando il figlio maggiore potrebbe essere assunto per aiutare a studiare una ragazza di una famiglia molto benestante.

«Parasite» colpisce per la capacità del regista di giocare con vari registri (dalla dark-comedy al thriller), con alcune dinamiche che in qualche modo ricordano «Noi» di Jordan Peele.
Il film, supportato da un'ottima prova del cast (su tutti Song Kang-ho, volto notissimo ai fan del cinema della Corea del Sud) è ambientato in Corea del Sud, ma ha una valenza universale nel proporre spunti di riflessione profondi, che uniti a scene fortemente comiche, a personaggi sfaccettati e a un finale davvero indimenticabile lo rendono coinvolgente e straordinario.

D'altra parte la firma di Bong Joon-ho è quella di un regista formidabile, già autore di pellicole altrettanto notevoli come «Memoris of Murder», «The Host» e «Madre».
Dopo le due prove in lingua inglese, valide ma meno incisive («Snowpiercer» e «Okja»), il regista ha ritrovato in patria lo smalto di un tempo, realizzando un'opera fondamentale, meritatamente premiata col riconoscimento più ambito sulla Croisette.

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