ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùdal 6 ottobre 1889

Moulin Rouge, i 130 anni (licenziosi) del tempio del can-can

Il 6 ottobre 1889 Zidler e Oller, due impresari di teatro parigini, fondarono il cabaret più famoso della Belle Époque. Merito di Toulouse-Lautrec e del bacio scandaloso di Colette. Poi verranno la divina Édith Piaf e il musical da 180 milioni d’incasso

di Francesco Prisco

Il Moulin Rouge nel 1959 (Marka)

3' di lettura

Quanto costa un pezzo d’immaginario? Beato chi conosce la risposta, perché i sogni non hanno prezzo e quando un patrimonio, da materiale, diventa immateriale potrebbe valere qualsiasi cifra. Per dire: per far riaprire i battenti al Moulin Rouge, storico hotel-casinò anni Cinquanta di Las Vegas, un gruppo americano ha messo sul piatto 1,6 miliardi di dollari. Quanto varrebbe allora il Moulin Rouge, quello vero? Sì, proprio il cabaret parigino simbolo della Belle Époque e tempio del can-can.

Il «Mulino» di Pigalle
Non si tratterebbe di comprare soltanto uno stabile da 850 posti di capienza che, con la sua caratteristica architettura a forma di mulino rosso, sorge al numero 82 di Boulevard de Clichy, cuore del licenziosissimo quartiere di Pigalle, ma la storia che lo ha attraversato e le opere che ha ispirato: dallo scandaloso bacio di Colette alle sgambettate di Mistinguett, dai quadri di Touluse-Lautrec al musical con Nicole Kidman, con relativi 179 milioni di dollari d’incasso, fino ad arrivare allo stesso hotel-casinò che, nel mezzo del nulla del deserto del Nevada, rivendeva in salsa kitsch la Parigi Fin de Siècle a ricchi e annoiati americani in vacanza.

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Nicole Kidman nel film «Moulin Rouge!»

Ballerine, petomani e contorsionisti
Una storia che inizia il 6 ottobre 1889, esattamente 130 anni fa, da un tentativo di «plagio». A Montmartre, quartiere collinare che sovrasta Pigalle, sorgeva infatti il Moulin de la Galette, un ristorante «danzante» ricavato nel corpo di un vecchio mulino risalente al Seicento che riscuoteva grande successo. Renoir lo immortala nel 1876, in uno dei suoi quadri più celebri. Perché allora non creare un cabaret con una struttura così suggestiva? L’idea venne a Charles Zidler, impresario teatrale già fondatore dell’Olympia che la condivise con il socio d’origine catalana Joseph Oller. Eccoti allora un (finto) mulino che a Pigalle ricalca la struttura di quello che fu il (vero) mulino di Montmatre, ma è di colore rosso e mostra uno spettacolo che sembra quasi pensato per provocare i benpensanti. La danza principe è il can-can, evoluzione della «quadriglia naturalistica», ballo di seduzione a cosce all’aria che ha nel Galop Infernal di Offenbach l’accompagnamento musicale perfetto. Le prime star sono il petomane Joseph Pujol e il contorsionista «Valentino il Disossato». Ed è subito successo.

Il Moulin Rouge compie 130 anni

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Toulouse-Lautrec e la «Golosa»
Cosa ne sarebbe stato, però, del Moulin Rouge senza Henri Toulouse-Lautrec? Il ruolo di quest’ultimo - come pittore «innamorato» del cabaret, suo assiduo frequentatore e talvolta persino autore di manifesti - è stato infatti fondamentale nell’affermazione del palcoscenico parigino nell’immaginario collettivo occidentale e non solo. Basta mettere in fila la locandina per il debutto sotto il mulino rosso della Goulue - al secolo Louise Weber, ballerina «Golosa» che proprio Touluse-Lautrec pare abbia convinto a lasciare il Moulin de la Gallette per il «nuovo» Moulin Rouge - e il suo leggendario Ballo al Moulin Rouge (1889-1890) per comprenderlo.

Il «Ballo al Moulin Rouge» di Toulouse-Lautrec

Primo consumatore mondiale di champagne
Sopravvissuto all’incendio del 1915 e all’occupazione nazista, testimone delle danze selvagge di Joséphine Baker come delle commoventi interpretazioni canore della divina Édith Piaf, il Moulin Rouge non sarà più un posto di frontiera. Al contrario: è una sorta di particolarissimo tempio del revival, una finestra dalla quale sbirciare scorci della Belle Epoque che fu. Eppure provate a fare un tour di Parigi e a non fermarvi, al meno per un quarto d’ora, in adorazione davanti alla sua facciata. È il peso dell’immaginario a esso legato, qualcosa di non quantificabile in termini meramente economici. Al contrario delle 360mila bottiglie di champagne stappate in un anno, recordo mondiale messo a segno nel 2015.

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