Multinazionali in fuga dal Sud: va in scena il risiko della Gdo
Il fenomeno riguarda i big player internazionali e italiani. La fotografia dell’Industry Book 2019 di Unicredit: prevalgono i «formati di prossimità» e crescono i discount
di Nino Amadore e Vera Viola
4' di lettura
È un risiko che coinvolge tutto il Mezzogiorno e riguarda la Grande distribuzione organizzata. Un risiko con un unico comun denominatore: i gruppi internazionali stanno mollando o hanno già mollato le regioni del Sud. E anche i grandi gruppi nazionali sono in bilico. Troppo alti i costi: quelli del personale ma anche gli affitti delle aree dei centri commerciali. «Il modello delle multinazionali - dicono gli addetti ai lavori - fin qui non ha funzionato». Ma ci sono elementi ulteriori su cui ragionare: «I gruppi locali - spiega Monja Caiolo, segretaria regionale della Filcams Cgil - mettono in difficoltà in grandi gruppi internazionali. Il tema è quello dei contratti: il lavoro grigio è molto diffuso. E la concorrenza sleale ha inciso tantissimo in questi anni. Senza dimenticare che in questo settore bisogna sempre stare in guardia per il pericolo di infiltrazioni criminali». Sulla stessa linea anche Gennaro Di Micco, segretario regionale della Fisascat Cisl Campania che sottolinea come il vero problema sia rappresentato dai contratti a ribasso che numerose società della grande distribuzione siglano con sigle sindacali diverse dalle confederali.
Nel Mezzogiorno, secondo l’Industry Book 2019 di UniCredit, l’organizzazione dei punti vendita in Italia riflette le abitudini locali di spesa: nel Nord Ovest sono più diffusi i formati più grandi come iper e superstore, nel Nord Est e Centro il canale principale rimane il supermercato, nel Sud e Isole continuano a prevalere i formati di prossimità, ma negli ultimi anni sono più che raddoppiati i discount. Nel dettaglio, a fronte dei 26.051 punti vendita della GDA nel Paese, sono 2.542 quelli in Campania, 2.371 in Sicilia, 1.975 in Puglia, 1.121 in Calabria e 401 in Basilicata. Il formato dei punti vendita prevalente al Sud è per il 53,3% composto da minimarket, il 28,9% sono supermercati, il 17,3% sono discount e lo 0,5% sono ipermercati.
La fotografia di Unicredit non scende nel dettaglio di un risiko partito in Sicilia qualche anno fa con la cessione dei negozi e del marchio Carrefour alla catena dei supermercati che fa capo all’imprenditore nisseno Massimo Romano e culminata recentemente con la cessione dei punti vendita da parte di Auchan. In Sicilia la gran parte dei negozi della catena francese è stata acquistata dal Gruppo Arena. Arena e Conad sono i grandi protagonisti, in questo momento, del mercato: il Gruppo Arena, prende il nome dall’omonima famiglia di Valguarnera (Enna)ha recentemente incassato un finanziamento in pool da UniCredit e Bpm di 49 milioni, a luglio ha rilevato i 33 punti vendita siciliani della rete Simply (Auchan), riassorbendo gli 800 addetti e successivamente ha ceduto 14 negozi dei 33 acquisiti a Crai del Gruppo Radenza.
Nel mondo Conad invece è stato avviato il processo di fusione tra le due cooperative Conad PAC 2000A e Conad Sicilia che porterà alla creazione di un gruppo da 4,5 miliardi e una quota di mercato del 22.5 per cento, oltre 20 mila addetti, un patrimonio netto di circa 700 milioni e una rete di 1.468 punti vendita. «Sarà una grande cooperativa di 1.052 soci imprenditori legati al territorio, uniti per affrontare al meglio le sfide attraverso il rafforzamento competitivo, nuove sinergie logistiche e organizzative» dice Vittorio Troia, direttore generale Conad Sicilia. La Sicilia sta anche vivendo una crisi di sovradimensionamento, soprattutto a Catania. L’assessore alle Attività produttive Mimmo Turano ha presentato nei mesi scorsi un disegno di legge di riforma del settore che prevede, tra le altre cose, una programmazione economica regionale che consentirà una coerente gestione del territorio delle grandi strutture di vendita.
In Campania il comparto è costellato da grandi crisi e dismissioni, soprattutto delle superfici superiori a 7mila metri quadrati. Dopo la crisi Carrefour e la chiusura dell’ipermercato di Marcianise, ora è aperta la vertenza Auchan i cui punti vendita con un migliaio di dipendenti sono passati a Conad: dei quattro ipermercati campani si sa che tre (Pompei, Mugnano e Giugliano) passeranno dal 2020 sotto l’insegna Conad, mentre non è chiara la sorte del polo di Nola. Alla crisi dei grandi marchi si contrappone qualche nuovo investimento come quelli di Eurospin a Melito.
In Basilicata le insegne di Auchan vengono per lo più sostituite da quelle di Apulia Distribuzione, il cui gruppo imprenditoriale cresce e resiste alla crisi. In Puglia a oltre 20 anni dall’arrivo dei big player del settore – a partire da Coop Estense, nel 1996, per finire a Carrefour e Auchan - la geografia è profondamente cambiata. Negli anni l’iper Carrefour di Bari è stato ceduto a IperCoop e quello di Cavallino (Lecce) a Conad-Leclerc, e più recentemente è toccato ad Auchan, anche qui ceduta a Conad. Il pianeta Coop è ancora nella regione ma in quasi tutti gli insediamenti, sparsi in 5 provincie su 6, vi è stato un ridimensionamento del settore alimentare a beneficio del business immobiliare. Le criticità però rimangono.«Bisogna vedere per quanto tempo il pianeta Coop resisterà – avverte Giuseppe Chiarelli, segretario di Confcommercio Puglia -. I bilanci ed i fatturati sono in sofferenza soprattutto nel food». Negli uffici regionali non vi sono nuove richieste di aperture e in un caso, come a Monopoli, un insediamento già autorizzato non è stato ancora realizzato. Crescono invece gli spazi dei gruppi di DO come Megamark di Trani (Bat), Despar Sud e Maiora di Corato, nel barese. Tutti favoriti dalla presenza nei centri urbani con medie superfici di vendita e da consumatori che fanno la spesa, ogni giorno, soprattutto nel fresco e freschissimo.
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